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Promising Young Woman: di “donne promettenti” e sacrificio
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Promising Young Woman: di “donne promettenti” e sacrificio

Trigger warning: stupro, violenza sessuale, suicidio

Promising Young Woman, in italiano Una donna promettente, non è un film che è passato in sordina. Esordio alla regia di Emerald Fennell, con una Carey Mulligan tanto brava quanto angosciante nel ruolo della protagonista Cassie, candidato a 4 Golden Globes e 5 Oscar (vincitore come migliore sceneggiatura originale), è un film che parla di violenza sessuale e di vendetta con lenti femministe e autentiche. A tratti doloroso e difficile da mandare giù, ma dannatamente importante.

L’uscita si è fatta attendere a causa della pandemia di COVID-19, ma ne è valsa la pena. Uscito negli Stati Uniti lo scorso inverno, arriva in Italia il 24 giugno 2021, dopo un ulteriore slittamento dovuto al doppiaggio del personaggio interpretato dalla superlativa Laverne Cox, attrice transgender, alla quale era stata originariamente assegnata una voce maschile.

Una donna promettente è definito un rape-revenge movie, ovvero un film in cui un personaggio è mosso dal desiderio di vendetta in seguito a uno stupro. Come notano diverse testate, si tratta in realtà di una rivisitazione del genere, in cui l’accento è posto sull’esperienza delle donne e non su quella dei padri o di altre figure maschili legate alla persona che ha subito lo stupro che si vendicano per motivazioni prettamente di onore. Il film si apre con Cassie che si finge ubriaca in un locale fungendo da esca per possibili malintenzionati che, puntualmente, le offrono un passaggio e cercano di approfittarsi di lei, ignari del fatto che la donzella non sia in pericolo ma sobria e intenzionata a dare loro una lezione. Le motivazioni dietro questo modus operandi sono presto intuibili, così come il suo desiderio di vendicare la violenza subita in passato dalla sua amica Nina.

La rappresentazione della violenza sessuale nei prodotti di intrattenimento non è affatto facile. Una donna promettente vuole raccontare moltissimo e vuole farlo senza sfociare nel voyeurismo o indugiare nelle scene di violenza sessuale, come spesso accade quando si racconta uno stupro. In una recensione che è anche un’esaustiva analisi del genere, il New Yorker scrive:

Ci sono generalmente due tipologie di rape-revenge movie, come Sarah Projansky osserva nel suo libro ‘Watching Rape’. Ci sono quelli in cui ‘le donne subiscono uno stupro, si rendono conto che la legge non le tutelerà e non le vendicherà e che quindi decidono di farsi giustizia da sole’. E poi ci sono quelli in cui un fidanzato o un marito o un genitore in lutto si vendica della violenza subita da una donna violata che è, di fatto, un non-personaggio. In quest’ultimi, scrive Projansky, il reato funge spesso da scusante per indugiare in una ‘versione particolarmente violenta di mascolinità’.

La persona che ha subito lo stupro e che Cassie vuole vendicare non ha alcuna voce e quasi nessuna rappresentazione: la narrazione avviene attraverso gli occhi di Cassie. Se da un lato, come tende a succedere nei rape-revenge movie, Cassie è quasi spersonalizzata dato che la sua funzione narrativa non è incentrata su di lei e sul suo percorso ma sull’atto della vendetta, dall’altro si tratta di uno strumento per riflettere su come il trauma sia estremamente contagioso e possa diffondersi a onde concentriche, travolgendo le vite delle persone che restano.

Per una rappresentazione ancora innovativa dello stupro, dove il punto di vista è esclusivamente quello della vittima/survivor, l’articolo richiama la serie TV Netflix Unbeliavable, di cui abbiamo parlato anche noi qui.

[Sono presenti spoiler]

In Una donna promettente trovano rappresentazione anche le vicende di contorno allo stupro, le emozioni che restano ancora anni dopo, il dolore e il trauma di chi assiste, le persone che non ti credono, l’aiuto che non c’è. Lə spettatorə mette assieme i pezzi della vicenda pian piano e capisce, abbastanza all’inizio del film, che la violenza che Cassie vuole vendicare non è la sua, ma quella di Nina, la sua migliore amica fino ai tempi degli studi di medicina, in cui entrambe, prima della violenza, eccellevano. Il trauma dilaga senza confini ben definiti tra i due personaggi: il trauma di Nina diventa il trauma di Cassie, che lei sente di dover vendicare per punire chi le ha fatto del male. Non si tarda però a osservare come Cassie voglia punire anche se stessa: è travolta da profondi sensi di colpa dovuti al fatto di non essere stata presente quando è avvenuta la violenza e di non averla impedita, di non aver protetto Nina. Mettersi ripetutamente in pericolo, per ritrovarsi in qualche modo nei panni dell’amica, sembra così anche un modo per espiare quella che lei vive come una colpa.

Nonostante alcune recensioni definiscano il film una satira, per certi versi è invece un affidabile resoconto di ciò che succede ancora oggi quando si parla di violenza sessuale. Il victim-blaming è dilagante e assume diverse forme, dall’amica non ha voluto credere che la violenza fosse realmente avvenuta fino ai continui accenni all’aggravante rappresentato dal mettersi volutamente in pericolo ubriacandosi. Nel film, e purtroppo non solo non solo nei film, è sempre colpa della vittima. Questo è accentuato dal comportamento delle figure di potere che sminuiscono la violenza e difendono invece coi denti chi l’ha compiuta, ma ciò che forse colpisce di più è la reazione delle persone vicine alla vittima e all’aggressore. Gli amici confortano l’aggressore, ribandendo più volte come non sia colpa sua, lasciando un rumorosissimo vuoto quando lo stesso non è mai detto delle donne che subiscono violenza. Riversare ogni colpa sulle vittime sembra essere catartico per i personaggi maschili, prima “oppressi” dalle responsabilità delle proprie azioni ma poi sollevati dall’avere l’intero sistema dalla propria parte.

Una donna promettente affronta in modo brillante, seppure non immune da critiche, la questione #NotAllMen. Non tutti gli uomini agiscono violenza. Non tutti gli uomini sono stupratori. Senza entrare nel merito della questione, di cui invece potete leggere qui, in questo film sì, proprio tutti gli uomini. Potremmo addentrarci nelle motivazioni di questa scelta, vedere perché e per come non si tratti di una rappresentazione fedele della realtà, ma non lo faremo, né è importante rassicurare continuamente gli uomini quando si parla di violenza maschile contro le donne. Uno dei personaggi maschili del film, in particolare, vecchio compagno di studi di Cassie e Nina, sembra rappresentare il contrasto tra il gruppo di ragazzi complici della violenza e un comportamento invece rispettoso, gentile, buono. Una dicotomia di uomini che stuprano e uomini che non stuprano. Un barlume di speranza. Oppure no?

Il fatto che non ci si possa fidare neanche dei bravi ragazzi dona al film un clima di disperazione, disillusione e sfiducia che, tristemente, non è di certo inedito nella vita reale. Che non tutti gli uomini siano stupratori in quel momento non importa: ci si sente così, circondate da violenza e da persone che o l’hanno perpetrata o non credono sia avvenuta, che negano il proprio supporto e l’esperienza in sé. Il lavoro di Carey Mulligan ed Emerland Fennell ricostruisce perfettamente questa sensazione, con un messaggio studiato, riprese esperte, messaggi e simboli nascosti dall’inizio alla fine e una colonna sonora azzeccatissima.

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Questo film è, a tratti, un colpo allo stomaco. Oltre alla rappresentazione grafica delle violenze sullo schermo, sono i meccanismi adottati da Cassie per gestire la sua sofferenza e la difficile elaborazione del trauma che possono essere difficili da guardare e metabolizzare. Allo stesso tempo, quello che rende il film tanto doloroso sono l’autenticità e la veridicità delle storie che racconta. Se fa male è perché è vero, è successo. Troppe volte. E nella nostra società il trauma resta un tabù, soprattutto quando è indiretto. La reazione di Cassie tende a risultare quasi “esagerata”, “troppo sentita”, per non essere neanche una violenza subita in prima persona. Ma perché il dolore di chi non l’ha vissuta in prima persona dovrebbe essere meno valido?

Il movente alla base del film sarà pure la vendetta, ma quello che viene trasmesso è l’impatto di un trauma e di una società maschilista sulla salute fisica e mentale di una giovane donna con una promettente carriera davanti a lei.

Perché non hai continuato gli studi? Saresti stata una dottoressa in gamba.

Lo sguardo di Cassie si spegne ogni volta che non trova parole che tanto non verrebbero né accolte né comprese. Uno sguardo che trasmette impotenza e incomprensione.

E il sacrificio di Cassie va ben oltre l’aver abbandonato gli studi di medicina. Per quanto la vendetta sia uno dei moventi che più la spinge ad agire in un determinato modo, vendicandosi anche di chi non l’ha creduta in passato, alla fine non si tratta più neanche di vendetta, ma di sopravvivenza. Di come sopravvivere portando sulle proprie spalle un peso altrui che ci devasta, e di come a volte l’unico modo per dare un significato alla propria sofferenza sia il sacrificio di sé.

Artwork di Chiara Reggiani
Con immagini di:  @promisingyoungwoman.

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