È il 10 marzo del 1986, il presentatore David Letterman introduce al pubblico del Late Night Show l’ospite della serata: Raffaella Carrà. Nel presentarla, la paragona a Johnny Carson e Ed Sullivan, due pezzi grossi della TV statunitense. Raffaella entra col suo sorriso raggiante, gli stringe la mano, saluta il pubblico, si accomoda e subito inizia a rimproverare David per averla paragonata a due uomini. “Loro sono due fantastici gentlemen, ma io sono una donna” gli dice; allora David le chiede a chi vorrebbe essere paragonata e lei, prima di fare i nomi di due grandi donne, Ann-Margret e Barbara Walters, risponde “mi piace essere me” e poco dopo aggiunge “io sono solo e soltanto Raffaella Carrà”.
In quel momento, Raffaella ha fatto qualcosa di estremamente rivoluzionario: ha affermato davanti a milioni di telespettatori e telespettatrici che guardavano quel programma di non aver bisogno di essere paragonata a uomini facoltosi per piacersi, rimarcando così i contorni della sua persona e della sua soggettività di donna. Quello è stato un potente atto di autodeterminazione, la cui importanza è riecheggiata negli anni fino a giungere a noi.
Tutta la carriera di Raffaella è caratterizzata da parole, gesti e pensieri rivoluzionari, a partire dal giorno in cui divenne la prima donna a mostrare la pancia in una TV nazionale. Nell’Italia bigotta degli anni Settanta, una donna che scopre il proprio corpo era qualcosa di scandaloso. Il corpo nudo delle donne aveva in quel contesto significati precisi, di cui ancora oggi fatica a liberarsi: era lascivia e lussuria, era il reiteramento del peccato originale, era istigazione alla trasgressione, era indecenza e scalpore, era l’incarnazione dei mali del mondo. Eppure, Raffaella è riuscita, con naturalezza e disinvoltura, a rendere accettabile l’inaccettabile, risemantizzando la nudità del corpo femminile, dando nuovi significati all’atto di scoprirsi. Mostrare lembi di pelle fino a quel momento nascosti con maniacale pudicizia divenne un grido di libertà, era la rivendicazione del controllo del proprio corpo.
I testi delle sue canzoni, accompagnati da una gestualità sensuale ed elegante, portavano con disarmante leggerezza tematiche femministe nelle case italiane, senza che le famiglie se ne rendessero davvero conto. Con i suoi brani, la showgirl più amata d’Italia promuoveva l’agency femminile, come in Tuca Tuca quando diceva: “Questo stranissimo ballo che faccio con te/ si chiama: Tuca Tuca, Tuca /L’ho inventato io /Per poterti dire: Mi piaci, mi piaci, mi piaci, mi piaci, mi pia!“, o ancor di più nella famosissima A far l’amore comincia tu, dove Raffaella usava la seconda persona per rivolgersi a una donna (che poi era tutte le donne) e invitarla a usufruire della sua capacità di agire. “Se lui ti porta su un letto vuoto /Il vuoto daglielo indietro a lui / Fagli vedere che non è un gioco /Fagli capire quello che vuoi”.
Qui l’uso dei verbi “fare” e “dare” è molto importante da un punto di vista semantico, perché questi verbi conferiscono al soggetto sottinteso, cioè la donna, il ruolo tematico di agente, cioè colei che dà volontariamente inizio all’azione. Spesso nelle canzoni d’amore la figura femminile aveva il ruolo tematico di paziente, era cioè colei che subiva l’azione, confermando in questo modo la sua posizione di sottomissione rispetto all’uomo nelle gerarchie sociali. In un periodo in cui le donne lottavano per ottenere presa sul mondo, le parole di A far l’amore comincia tu acquisivano una potenza inaudita, perché suggerivano alle donne che potevano essere soggetti sessuali attivi e non solo oggetti sessuali passivi del desiderio altrui, come era stato loro insegnato fin da bambine.
Iconica è anche la frase della canzone Rumore: “Ma ritornare, ritornare perché / Quando ho deciso facevo da me” che rimarca la possibilità delle donne di prendere decisioni per se stesse; la canzone tocca anche un altro tema affrontato dai movimenti femministi, e cioè la difficoltà delle donne di sentirsi sicure quando sono sole.
Nel pieno del femminismo di seconda ondata, in un momento in cui forze conservatrici si scontravano con moti rivoluzionari che attraversavano la società italiana e il mondo intero, con la canzone Sì, ci sto! Raffaella dava voce alla frustrazione che le donne provavano nel non poter esprimere liberamente e in modo esplicito il loro desiderio sessuale, perché “Se dicessi di sì, come io vorrei, sì lo so, ti perderei […] Ed intanto la gente ci guarda e noi / Forse siamo troppo in vista / Posso anche baciarti se tu lo vuoi / Ma lontano dalla vista”. La libido femminile doveva essere implicita, celata sotto strati di rigorosa indifferenza; il consenso, ove ci fosse, doveva comunque essere un “no” con valore di “convincimi”.
In una realtà dove l’eteronormatività non era ancora messa apertamente in discussione, Raffaella cantava la libertà di far l’amore con chi hai voglia tu, senza freni, senza giudizi. Raccontava la storia di un cuore vagabondo senza regole, in un’epoca in cui si tendeva a rinchiudere le donne nella staticità del nucleo familiare patriarcale. Cantava “tanti auguri a chi tanti amanti ha”, celebrando il poliamore quando ancora nessunə spiegava cosa fosse in post di divulgazione su Instagram. Parlava con ironia e semplicità dell’omosessualità intonando le note di Luca, svelandoci che un giorno se n’era andato con un ragazzo biondo. Tutto questo, insieme ai suoi look paillettati, attillati e luccicanti, oltre a rendere Raffaella Carrà un’icona femminista, l’ha resa un’icona gay, amata e idolatrata dalla comunità LGBTQIA+, al punto da essere nominata madrina del World Pride nel 2017 per il suo coraggio, energia e libertà. Le note delle sue canzoni, in particolare Tanti Auguri, Fiesta e Luca, sono state e continuano a essere la colonna sonora dei Pride.
In questi giorni in cui piangiamo la sua scomparsa, le bacheche dei nostri social sono riempite da foto e video che la ritraggono mentre a colpi di caschetto biondo scardina il patriarcato, rompe gli schemi, contrappone all’immagine della donna sottomessa, dipendente, insicura e pudica, angelo del focolare, quella di una donna forte, dinamica, intraprendente, spregiudicata, padrona del suo destino, che non ha bisogno dell’approvazione di nessunə, che non dipende economicamente da un uomo, che non cerca di compiacere lo sguardo maschile (male gaze), ma anzi propone uno sguardo femminile (female gaze) attraverso cui osservare il mondo.
Qualche mese fa un articolo del The Guardian l’ha definita “la pop star italiana che ha insegnato all’Europa la gioia del sesso”, ed è vero, ci è riuscita a ritmo di passi di danza e risate contagiose, ci è riuscita cantando la libertà sessuale in modo giocoso e spensierato. Tra tutti i suoi talenti, quello che maggiormente ci ha segnato è l’arte di trasmettere alle donne e alle persone inascoltate la forza di autodeterminarsi.
Non possiamo fare altro, cara Raffella, che esserti per sempre gratə.