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Rappresentazione o contentino?
Dark Light

Rappresentazione o contentino?

Articolo di Benedetta Geddo
Attenzione: Ci potrebbero essere degli spoiler in questo articolo, soprattutto da Avengers: Endgame e l’ultima stagione di Game of Thrones. Procedete a vostro rischio!

Quanto è bello sedersi sulla poltrona del cinema, o sul divano davanti alla televisione, e immergersi in ore di narrazione con personaggi che ci somigliano, nei quali possiamo identificarci senza il minimo sforzo e di cui possiamo vivere le avventure immedesimandoci nei loro panni? Quanto è soddisfacente prendere in mano il joystick di una qualsiasi consolle e muovere un personaggio che è proprio uguale a noi, che magari appartiene al nostro stesso genere o condivide con noi il nostro orientamento sessuale, che ha il nostro stesso colore di pelle, che ha la nostra stessa forma corporea?

Black Panther di sicuro spicca moltissimo tra i film che fanno rappresentazione bella e importante

Ecco, questa è la rappresentazione. È senso di appartenenza, l’idea di essere visti e di avere le proprie storie raccontate su uno schermo, o tra le pagine di un libro, o nei pixel dei videogiochi. Può sembrare una cosa superficiale, ma in realtà richiama una delle parti più profonde del nostro essere umani, che è proprio il fatto di essere creature fatte di storie: la capacità di credere alle finzioni è quello che ha distinto i Sapiens dagli altri ominidi all’inizio dei tempi ed è quello che ha permesso alla nostra specie di progredire così tanto. Noi viviamo di storie, ce le raccontiamo a vicenda e le raccontiamo a noi stessi, ed è con le storie che diamo senso al mondo. Nelle storie esistiamo, e infatti tutto attorno a noi è narrazione, dai grandi classici della letteratura alle pubblicità. Talmente tanto che spesso non ci facciamo caso, e pensiamo che il bisogno di rappresentazione sia una cosa banale, una trivialità, quando invece è tutto il contrario.

Questo articolo, però, vuole andare un passo oltre. Vuole spingere la discussione un po’ più in là, o forse mettere i puntini sulle i, dipende da con che occhi lo si legge. Visto che ormai siamo ben consapevoli di quanto sia importante la rappresentazione, la domanda da farsi dopo è: ma tutta la rappresentazione è buona rappresentazione?

Spoiler alert: LeFou è la “rappresentazione” che NON volevamo

Proprio perché la rappresentazione è così importante, ed è diventata un argomento sempre ben presente nelle conversazioni riguardanti i prodotti di intrattenimento, ci sono compagnie e creativi che si sentono in dovere di farla, come è giusto che sia. Ma pur sentendo il dovere (o la pressione sociale) di creare prodotti diversi e appetibili per un pubblico eterogeneo, non hanno intenzione di sforzarsi di creare storie interessanti con un senso logico, e preferiscono buttare lì agli spettatori un contentino per lavarsi la coscienza e potersi poi scrollare di dosso le accuse di “non essere abbastanza inclusivi”.

Sebbene ci voglia davvero molto poco per essere inclusivi e aggiungere rappresentazione, un minimo di sforzo narrativo ci vuole comunque: altrimenti ci si ritrova, per esempio, con tutte le dichiarazioni che J.K. Rowling ha tirato fuori in questi anni. Ecco, questo è l’esempio perfetto di contentino: le dicono che la sua saga è davvero molto poco inclusiva e con un livello di rappresentazione a meno di zero; lei risponde dicendo, retroattivamente, che “no ma guardate che Silente è sempre stato gay e aveva tutta una storia con Grindelwald quand’erano giovani!”; esce la notizia che sarebbe cominciata la produzione dei film della serie Animali Fantastici, dove ci sono

Quella della Rowling è rappresentazione retroattiva: peccato che la rappresentazione non funzioni affatto così

appunto sia Silente che Grindelwald; le persone quindi ragionevolmente chiedono alla Rowling se espliciterà la loro relazione (il che non vuol dire necessariamente qualcosa di fisico, ma semplicemente far dire a uno dei personaggi in maniera assolutamente non fraintendibile che “sì, avevamo una storia romantica”); la Rowling dice “no, non credo”. Questa a voi sembra rappresentazione? A me no, proprio per niente: questo è un contentino inserito retroattivamente per ripararsi le spalle dalle persone che le dicevano che aveva immaginato una Hogwarts prevalentemente bianca e prevalentemente etero. E tutto questo senza nemmeno menzionare la questione di Hermione e del colore della sua pelle tra i libri e lo spettacolo teatrale.

L’esempio della Rowling è il primo che mi è venuto in mente, ma purtroppo non è l’unico: vi ricordate quando la Disney ha annunciato che il remake della ‘Bella e la Bestia‘ avrebbe avuto il primo personaggio gay del franchise (wow squilli di tromba e applausi ) che poi si è rivelato

Altra rappresentazione che fa più male che bene? Sierra Burgess

essere LeFou, un personaggio appena qualche tacca al di sopra della macchietta, e soprattutto uno stereotipo ambulante? Quella non è rappresentazione perché fa male, malissimo, alla comunità che vorrebbe rappresentare. Ancora, io ammetto di non aver visto il film Netflix ‘Sierra Burgess è una sfigata‘, ma ho visto alcune scene qua e là e, lasciatemelo dire, non è questa la rappresentazione che vorrei come ragazza sovrappeso: non voglio essere rappresentata da una catfisher che fa una serie di cose orribili una dietro l’altra per poi “usare come scusa” il fatto che è un’adolescente sovrappeso.

Perché il problema del dare un contentino è che si rischia spesso di fare più male che bene, di rinforzare stereotipi sulla comunità che si vorrebbe mettere in luce invece di “normalizzarla” e rappresentarla per quella che è. Creando questi personaggi (che spesso sono personaggi minori) si manda il messaggio che “sì, la rappresentazione va bene ma solo finché sta sulle fasce esterne, non al centro della scena“. È così che si creano le female sidekick brillanti ma che alla fine lasciano salvare il mondo all’eroe, ed è sempre così che si creano i personaggi queer che poi vengono facilmente ammazzati: perché non sono al centro della narrazione. Perché non sono una rappresentazione ben pensata e ben pianificata, ma solo un contentino.

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E lo stesso principio si applica anche a scelte che all’inizio potrebbero sembrare le più inclusive del mondo. Ma quello che fa una buona rappresentazione è una narrazione solida e sensata che dimostri come le minoranze siano parte integrante della storia, non un colpo di scena buttato a caso per sorprendere lo spettatore, così, senza alcuna base logica. Per chi se lo stesse chiedendo: sì, sto parlando soprattutto proprio di quella scena alla fine della 8×03 di Game of Thrones. Il femminismo non è buttare donne a caso nelle scene, è dare loro storie realistiche che si sviluppino organicamente (senza contare la pletora di stereotipi che questa puntata ha sollevato, le solite cose sentite e risentite sul fatto che “solo Arya è una vera donna badass e utile, guardate sua sorella che si nasconde come l’accollo che è sempre stata, le vere donne forti sono quelle che usano le spade e menano calci”).

Arya, io ti ho sempre voluto tanto bene, ma sei stata scritta proprio male

Prendiamo ora in considerazione Rey in Star Wars. La nuova trilogia è il perfetto esempio di rappresentazione ben fatta: può piacere o meno, ma ogni minoranza presente nel film (da Rey, a Finn, a Poe, a Rose) ha una storia avvincente ed è al centro della narrazione, in modo che non possa essere messa da parte per far spazio all’eroe uomo-etero-cis-e-bianco di turno. Questi personaggi sono parte integrante della storia, che è sempre la stessa storia della galassia lontana lontana, con gli stessi temi portanti: la lotta contro il lato oscuro, la speranza, l’amicizia, la ribellione.

Quella della nuova trilogia di Star Wars è invece ottima rappresentazione, perché organica con la storia

E quindi, vi chiederete adesso, che facciamo? Preferiamo rimanere senza rappresentazione? No, assolutamente. Stare seduti al tavolo è sempre meglio di essere relegati in strada a guardare dalla finestra: ma io credo anche che dobbiamo, noi minoranze e noi pubblico in generale, noi amanti di storie, pretendere prodotti che siano più curati. Che facciano vera rappresentazione, che si impegnino onestamente ad essere diversificati e inclusivi. E che non diano contentini al pubblico tanto per.

Il dibattito rimane ovviamente molto acceso e aperto a nuovi contributi e riflessioni, sia da una parte (qualsiasi rappresentazione va bene perché appunto è rappresentazione) che dall’altra (dobbiamo anche guardare alla qualità invece che solo alla quantità), e mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi della questione. Certo è che prima o poi avanti dovremo muoverci, e io sono davvero convinta che il futuro della rappresentazione debba essere rappresentazione di qualità, al posto di tanti ruoli minori buttati giù un po’ a caso e che lasciano il tempo che trovano.

View Comment (1)
  • QUESTO COMMENTO CONTERRÀ SPOILER DI GAME OF THRONES E ENDGAME.

    Buongiorno! Premettendo che sono molto d’accordo con le argomentazioni, con il fatto che non basti una semplice rappresentazione da contentino che fa solo danni alla minoranza perché crea la convinzione di essere stati inclusivi, quando invece serve la qualità oltre alla quantità. Tuttavia, non mi trovo sulla stessa lunghezza d’onda riguardo al commento sulla scena di Arya nella 8×03: non è un colpo di scena buttato a caso, lei infatti segue un percorso, una formazione sia caratteriale che a livello di abilità molto solida durante tutta la serie che la porta a quel momento, è anzi proprio un esempio di sviluppo realistico e in crescendo di un personaggio, al di là del suo genere. Assolutamente non un contentino.
    Piuttosto (e qui passo ad Endgame: a proposito, all’inizio articolo scrivevi che ci sarebbero stati spoiler a riguardo, come mai poi non se ne è parlato?) ho trovato più un contentino la scena durante la battaglia finale in cui tutte le donne si uniscono a difesa di spiderman e per tipo 30 secondi fanno vedere che sono tutte unite. Bello per carità, ma poi a parte Captain America non hanno fatto molto.
    Sarei interessata a sapere cosa ne pensi! Grazie 🙂

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