Articolo di Alice Picco
In un periodo delicato come quello che stiamo vivendo, con le unioni civili approvate ma sempre messe in discussione, denigrate, ostacolate, un periodo in cui si discute su tutto, compreso il diritto all’amore di chiunque nei confronti di chiunque, penso sia giusto fornire un piccolo ma importante contributo presentando una punto di vista più filosofico sulla questione.
“Il matrimonio omosessuale è contro natura: FALSO!” è un saggio di un centinaio di pagine in cui l’autrice, Nicla Vassallo, ordinaria di Filosofia teoretica presso l’università di Genova, cerca di smantellare uno ad uno gli stereotipi più comuni su quello che lei stessa preferisce definire “matrimonio same-sex”. Il suo è un approccio, appunto, non psicologico né religioso né politico, ma filosofico, perché, come ha lei stessa dichiarato in un’intervista a La Repubblica “la buona filosofia ci impone di ragionare bene e quando si ragiona bene si trovano solo pregiudizi contro il matrimonio same-sex”.
Nella premessa al saggio la Vassallo dichiara molto apertamente la propria opinione: chi osteggia il matrimonio tra persone dello stesso sesso non si comporta solo in modo irrazionale, ma addirittura barbaro. Basandosi sull’articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti umani, il quale dice chiaramente che “uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione” e che quindi non esclude il matrimonio same-sex, la Vassallo afferma che impedire a persone dello stesso sesso di sposarsi è un’aperta violazione dei diritti umani.
Il titolo di ogni capitolo del saggio è rappresentato da una frase stereotipata che potrebbe utilizzare qualsiasi partecipante al Family Day per opporsi al matrimonio omosessuale. Lo sviluppo del capitolo è proprio teso a ribaltare con salde argomentazioni lo stereotipo iniziale, ribaltamento che avviene per gradi, con la citazione di testi e anche, perché no, la presentazione di alcune domande, retoriche o meno, a riguardo.
Il primo capitolo, per esempio, è intitolato “Il matrimonio same-sex minaccia il matrimonio sacro” e all’interno dello svolgimento la Vassallo cita sì il versetto della Genesi che recita che, dopo aver lasciato il padre e la madre, l’uomo dovrà unirsi ad una donna e diventare una sola carne con lei, ma prosegue anche dicendo che, benché per la Chiesa cattolica il matrimonio sia considerato un vincolo sacro, questo non significa che tutti i matrimoni debbano esserlo. L’autrice pone un forte accento sull’importanza della separazione tra ambito religioso e ambito civile, dal momento che la libertà di religione comporta anche il diritto all’agnosticismo e all’ateismo.
Nel capitolo successivo l’obiettivo è quello di sottolineare molto chiaramente la distinzione tra sesso e genere. Cito: “quando impieghiamo espressioni quali LA femmina e IL maschio ci riferiamo a categorie biologiche che, in quanto tali, è compito della biologia chiarire; viceversa quando impieghiamo espressioni quali LA donna e L’uomo ci riferiamo a categorie socioculturali, che, come tali dovrebbero connettersi al sesso biologico di appartenenza in senso contingente: di conseguenza potrebbe non esserci corrispondenza tra LA femmina e LA donna, e tra IL maschio e L’uomo”.
Evidentemente questa distinzione, che dovrebbe essere chiara a tutti e ormai data per assodata, assodata non lo è affatto, dal momento che sembra che si ricerchi sempre una complementarità soprattutto fisica all’interno di un matrimonio, come a dire che al pene è necessaria una vagina e alla vagina è necessario un pene, ovviamente perché “il matrimonio è finalizzato alla procreazione”.
È nel capitolo dedicato proprio a quest’affermazione che la Vassallo, con tutti noi, si chiede se davvero per una buona educazione dei figli sia necessaria la presenza di due figure opposte e complementari: la risposta è ovviamente NO.
Tuttavia, pur essendo impegnata nella lotta per il riconoscimento del matrimonio same-sex, la Vassallo ammette di non poter evitare di prendere in considerazione le opposizioni di natura religiosa, a tal punto queste sono radicate non solo nella società e nella politica, ma anche nel diritto. Citando San Paolo, Giovani Crisostomo e Caterina da Siena, i quali a suo tempo predicevano le fiamme dell’inferno per chiunque si abbandonasse a passioni considerate contro natura, l’autrice ribadisce quanto in realtà queste concezioni, che ormai nella sfaccettata società odierna dovrebbero essere superate, sono ancora invece drammaticamente presenti in chi ancora oggi ritiene “naturale” il matrimonio eterosessuale e “innaturale” quello omosessuale.
Lo scopo dell’autrice non è quello di scardinare la legittimità del matrimonio religioso, e quindi eterosessuale, bensì quello di sottolineare “l’irragionevolezza di riservare il matrimonio civile ai soli eterosessuali nella convinzione che le persone omosessuali covino in sé e pratichino il contro natura”.
Proprio da qui, dal “contro natura”, si passa ad un argomento decisamente spinoso (non che gli altri non lo siano, sia chiaro), ovvero al capitolo intitolato “Nessun matrimonio per malati e promiscui”.
L’omosessualità non risulta più ufficialmente classificata tra i disturbi mentali dal 1973, anno in cui viene rimossa dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, edito dall’American Psychiatric Association, tuttavia, se l’omosessualità di per sé non implica un abbassamento del livello delle capacità di giudizio, della stabilità e delle competenze professionali e sociali, ci sono alcuni disturbi mentali che invece la implicano, basti pensare, sottolinea la Vassallo, ad alcuni disturbi depressivi che comportano la compromissione della sfera affettiva e cognitiva. Alle persone eterosessuali che soffrono di questi disturbi, si chiede l’autrice, è impedito di sposarsi? Chiaramente no. Allora perché questo stesso impedimento esiste per persone omosessuali, le quali a loro volta possono soffrire di depressione molto spesso a causa del fatto di essere discriminate? Questo impedimento esiste perché gli omosessuali sono tacciati di promiscuità. Ma, di nuovo, un comportamento promiscuo non può forse manifestarsi sia in individui eterosessuali che omosessuali?
La realtà è che ormai, nella maggior parte dei casi, l’omosessualità non viene più repressa dagli omosessuali stessi, ma anzi viene, e giustamente, assunta come “normalità”, quindi se prima il problema del matrimonio same-sex non veniva nemmeno posto ora invece viene analizzato e il matrimonio viene richiesto a gran voce, proprio perché l’omosessualità è entrata a far parte della quotidianità.
Proseguendo su questa linea: ci sono persone (molte, troppe) che si chiedono come mai i gay e le lesbiche vogliano assolutamente sposarsi, perché non possano “stare insieme e basta” (senza rompere le scatole a tutti con i loro carrozzoni, aggiungerebbe qualcuno). La Vassallo dà una risposta molto semplice a questo quesito: “A differenza di una coppia eterosessuale, che gode in gran parte dei casi (sebbene non sempre e non ovunque) di ampia visibilità, riconoscimento, approvazione sociale e simbolica, una coppia omosessuale viene spesso messa a dura prova, sicché la possibilità di suggellare il legame tramite l’unione matrimoniale costituirebbe un modo serio di custodire, tutelare, sviluppare l’amore, sempre che un’unione matrimoniale sia considerata come la migliore dichiarazione pubblica che procede di pari passo col riconoscimento collettivo, e rispetto al quale il carico dei doveri insiti in esso appare minore”.
La Vassallo conclude sostenendo a gran voce che solo evitando di incorrere nel “contro natura” i diritti umani verranno rispettati in Italia; solo scardinando i pregiudizi sul matrimonio same-sex si può essere davvero degli esseri umani.
Noi non possiamo che associarci a queste parole e essere d’accordo con Tennessee Williams, che l’autrice cita all’inizio del saggio:
“What is straight? A line can be straight, or a street,
but the human heart, oh, no,
it’s curved like a road through mountains.”
donna e uomo non è solo “socio-cultura”, io sarei un uomo in qualsiasi cultura ma lo sarei in modo diverso, ma l’identità di genere, che giustamente va distinta dal sesso biologico, non è un’imposizione culturale (non lo è quando coincide col sesso biologico come è il più delle volte sia quando è diversa dal sesso biologico). Il ruolo di genere è cultura ma una donna con un ruolo di genere tradizionalmente “maschile” sempre donna è quanto ogni altra, idem per un uomo.
Sul matrimonio la penso come Vassallo
Per come la vedo io, il matrimonio in se per se è contro natura.
Avete mai visto o sentito dire di due pinguini (che stanno assieme tutta le vita) andare di fronte al sindaco della loro colonia e sposarsi formalmente?
Io non credo.
Il matrimonio è un’istituto artificiale come ogni prodotto dell’intelligenza e creatività umana, e come tale può essere modificato e deve essere modificato nel momento in cui la società ne richiede l’adattamento per accordarsi alle mutate situazioni sociali.
Per quanto riguarda la possibilità di due persone dello stesso sesso biologico di sposarsi, di principio, non ci trovo nulla di male. Come scrisse Giulio Rapetti, “le anime non hanno sesso” e il fatto che due persone si amino e vogliano condividere più del semplice divertimento, probabilmente è una delle cose più belle che questo mondo possa mostrarci, però credo anche che attualmente a livello legale (almeno in Italia) ci siano degli “inciampi” formali che debbano essere corretti/modificati, se non prima, almeno assieme al matrimonio stesso.
Parto con il dire che la natura dell’uomo è un pelino diversa da quella degli animali in genere, pur facendone parte l’uomo stesso. Lascio a voi l’ardore di documentarvi per trovare riscontro e nella scienza e nelll’osservazione della realtà che ci circonda, accessibile a tutti. Poi secondo me la dott.ssa dovrebbe trattare il tema non solo con l’aspetto della filosofia, che considero la madre delle discipline in generale, ma anche dal punto di vista biologico e psicopedagogo. Prima di affrontare argomenti simili sul termine “contro natura” bisognerebbe vedere più aspetti di questa realtà altrimenti possiamo dire tutto e niente.
Riguardo al matrimonio sono d’accordo sulla questione della libertà di scegliere il proprio partner dal punto di vista dei diritti umani e giurisdizionale. Ma da lì in poi la questione si fa seria quando si inizia a parlare di adozione. Non facciamo gli ipocriti. Se parliamo di libertà dobbiamo parlare anche di responsabilità verso la libertà altrui. Non è sano per un bambino crescere in una dinamica familiare simile, come non lo è nemmeno in una famiglia etero immatura e inadempiente. Quindi la questione calda non è il pregiudizio su una famiglia same-sex ma sulla presunta prole che il matrimonio (ancestrale unione che nasce come sicurezza davanti alla morte, istinto di sopravvivenza e di “continuare nel tempo” con la prole che nella sua unicità é portatrice di una parte dei genitori) poi ha insito nel suo esistere. La pericolosità è questa strada egoistica che possiamo intraprendere a scapito di un figlio/a che non sceglie di nascere e che quindi almeno da parte nostra dovremmo assicurargli quella “libertà” che la natura da sempre ci ha assicurato e attraverso cui l’umanità è arrivata fino ad oggi.
Quindi se noi vogliamo prenderci questa bella responsabilità di “cambiare” ciò che il corso naturale della vita ci ha consegnato possiamo farlo. Ma pensiamo alle conseguenze. Non mi riferisco alle conseguenze su di noi ma a quelle sulle future generazioni. Usciamo da noi stessi.
*psicopedagico