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Ritratto della giovane in fiamme: lo sguardo, la donna e l’arte
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Ritratto della giovane in fiamme: lo sguardo, la donna e l’arte

Articolo di Rossella Ciciarelli

Se voi guardate me, chi guardo io?”

Orfeo guarda Euridice e nel farlo è costretto a dirle addio; Marianne, pittrice, guarda Heloise per ritrarla, ed Heloise guarda Marianne: entrambe nel farlo guardano anche a se stesse. Solitamente l’artista guarda la musa, e il regista nel cinema fa convergere gli sguardi sulla donna: è nella storia uno schema ripetuto.

Ma cosa succede se la donna da oggetto diventa soggetto capace di esercitare attivamente lo sguardo? Quando ciò accade, la traiettoria unidirezionale che dall’occhio maschile arriva a posarsi sul corpo femminile si frantuma in mille pezzi che iniziano a danzare insieme in una coreografia fatta di scambi e di intrecci.
Quando accade le muse si rivoltano e assumono un ruolo determinante. Dello sguardo nel cinema e nell’arte, della donna, dell’identità e della sua scoperta parliamo oggi e lo spunto per farlo ce lo fornisce l’ultimo film scritto e diretto da Céline Sciamma, “Ritratto della giovane in fiamme”.

Nei cinema dal 19 dicembre, candidato (anche se non vincitore) come miglior film straniero ai Golden Globes, la pellicola ha già fatto incetta di premi: a Cannes è stato premiato per la  Miglior Sceneggiatura e ha ricevuto la Queer Palm (premio cinematografico indipendente assegnato ai film a tematica LGBT+), agli European Film Award Sciamma ha trionfato come miglior sceneggiatrice e il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani SNCCI ha conferito alla pellicola il premio della critica. Guardiamo dunque più da vicino questo film che ci parla di sentimenti, di sguardi e di questioni senza tempo.

“Così mi vedete?”: Il tema dello sguardo

Sullo sguardo maschile oggettivante come costante nella storia dell’arte abbiamo già scritto in un vecchio articolo, in cui sottolineavamo come la direzione assunta da quest’ultimo possa essere indicativa di uno squilibrio nei rapporti di genere. Il dualismo fra artista-attivo e musa-passiva è inserito in una cornice più ampia di relazioni sociali fra i sessi. In altre parole, è anche il modo in cui è configurata la società a determinare la produzione delle immagini. Stesso discorso è stato applicato al mondo del cinema nell’ambito della Feminist Film Theory, che nello svelare il piacere voyeuristico presente nello sguardo si pone come obiettivo la creazione di un nuovo linguaggio cinematografico che non oggettifichi la donna.

La donna come oggetto

Lo sguardo della cinepresa, lo sguardo tra i personaggi e lo sguardo dello spettatore fusi insieme creano il mondo del cinema. Quando la telecamera assume un punto di vista maschile, il film viene costruito per il piacere di uno spettatore genericamente maschile. La donna è allora un oggetto da guardare: la disparità sociale produce una disparità nella rappresentazione, e di conseguenza una disparità fra spettatori e spettatrici. Ritratto della giovane in fiamme indaga la questione: usa il cinema, e dunque l’arte, per sviscerare le dinamiche dello sguardo proprie dell’arte.

Quanto detto finora lo riscontriamo nella prima parte del film: osserviamolo da vicino!

La storia inizia con una pittrice, Marianne (Noémie Merlant), che nella Francia pre-rivoluzionaria viene assunta per eseguire il ritratto di Heloise (Adèle Haenel), da inviare ad uno sconosciuto destinato a divenire marito della nobildonna. Lei, che di sposarsi in questo modo non avrebbe la minima intenzione, si rifiuta di posare: il compito di Marianne è dunque quello di fingersi la sua dama di compagnia, di passare del tempo con lei, di memorizzare i suoi tratti per poi dipingerla di nascosto. Il suo compito è osservarla.

Heloise è dunque oggetto passivo dello sguardo: le viene negato di avere un ruolo attivo nella realizzazione del dipinto, ignara per giunta della sua esistenza. Il risultato non può che essere un ritratto piatto, vuoto, privo di vita.
Marianne agisce fin qui in funzione dello sguardo di un uomo – il futuro marito cui l’opera è destinata – e replica il rapporto tradizionale pittore-musa. Al contempo però, con l’approfondirsi del rapporto con Heloise, mantenere tale segreto diventa insopportabile e la verità viene rivelata: la musa scopre il ritratto, e lo critica aspramente. Successivamente dà inizio alla rivolta, non accettando più la sottomissione implicita nel suo essere oggetto della rappresentazione.

H: «Sono io? Così mi vedete?»
M: «Non solo io. […] ci sono regole, convenzioni, idee.»
H: «Intendete dire che non c’è vita, non c’è presenza?»

È a questo punto che il film, esplorando il significato del “vedere” e dell’”esser visti”, inizia a suggerire che forse non si tratta affatto di un atto unidirezionale. Ed è sempre qui che vi consiglio di smettere di leggere se non avete ancora visto il film; se invece come me stranamente amate gli spoiler, continuate pure.

SPOILER DEL FILM DA QUESTO MOMENTO

La donna come soggetto

Heloise accetta di posare per rimediare alle deformazioni viste nel primo ritratto – distrutto da Marianne – e assume un ruolo decisamente attivo nella realizzazione del nuovo dipinto.

M: «Odierei essere al vostro posto.»
H: «Noi siamo nello stesso posto; se voi guardate me, chi guardo io?»

Seduta sulla sua sedia, Heloise mantiene lo sguardo su Marianne che dipinge, e dimostra di guardare a sua volta, di conoscere movimenti della pittrice di cui lei stessa è inconsapevole. Marianne non si sente più al sicuro ora che ha realizzato di star rappresentando un soggetto desideroso di vederla.

Una consapevole danza di sguardi prosegue per tutta la durata del film, e i momenti di creatività congiunta sono caratterizzati da un intenso ed elegante erotismo. Sciamma sottolinea la connessione che si va creando fra le due donne, della quale il dipinto finale è il risultato: un dipinto che è sì di Marianne, ma anche di Heloise. Un acuto ritratto a olio, intriso dell’amore tra due donne destinato alla brevità.

“Voltati!”; Marianne ed Heloise, Orfeo ed Euridice

La storia romantica fra Marianne ed Heloise è esplicitamente paragonata a quella fra Orfeo e Euridice. Ancora centrale è lo sguardo, che nel caso del mito antico segna la morte di lei e la disperazione di lui. Orfeo si gira a guardare l’amata, per desiderio di vederla e per paura di perderla. Il racconto di Ovidio viene letto dalle protagoniste del film:

M: «Lui sceglie il ricordo di lei, per questo si gira. Non fa la scelta dell’amante, ma quella del poeta.»

E anche Marianne si girerà, una volta arrivato il momento di dire addio all’amata; le due si saluteranno con una promessa: niente rimpianti, solo ricordi.

Anni dopo ritroveremo Marianne in una galleria, con alcuni dei suoi dipinti esposti. Tra essi un’interpretazione personale e atipica del mito ovidiano, in cui Orfeo ed Euridice si guardano, e sembra si stiano salutando.

L’estatico film di Céline Sciamma racconta con delicatezza e sensualità il mondo e il desiderio femminile, la scoperta di sé, e lo fa assumendo una nuova prospettiva, un female gaze. Immediato il collegamento con Mademoiselle (The Handmaiden) di Park Chan-wook; un altro film che, nel raccontare di un amore fra due donne, indaga piacere voyeuristico e oggettivizzazione, eppure proprio dal confronto fra i due emerge lo sguardo femminile dietro la cinepresa.

Laddove i registi indugiano sui corpi delle attrici, rendendo l’incontro fisico fonte di piacere più per gli osservatori che non per i soggetti che dovrebbero vivere tale intimità, Sciamma offre una rappresentazione del desiderio femminile diversa, forse meno esplicita, ma ugualmente intensa.

Cèline Sciamma mostra la scintilla negli occhi delle protagoniste nei momenti che passano insieme, la disinvoltura e l’intensità con cui si sfiorano e si toccano. Mostra la bellezza di uno sguardo che allo stesso tempo prova il piacere di vedere e quello di esser visto.

Negli ultimi giorni trascorsi insieme, Heloise esprime il desiderio di avere anch’essa un’immagine che possa ricordarle Marianne, la quale dal canto suo poteva contare su numerosi disegni e dipinti dell’amata.

Così Marianne, annullando la distanza fra musa ed artista, si ritrae in una dimensione privata, nuda, in una pagina (la 28) scelta a caso nel libro di Ovidio. Lo abbiamo già detto, la loro storia  sarebbe durata ben oltre il momento della separazione, e proprio attraverso la memoria: nella stessa dimensione in cui Euridice avrebbe continuato a vivere per Orfeo. Anni dopo Marianne si sarebbe imbattuta in un ritratto rappresentante Heloise insieme a quello che doveva essere suo figlio, ma con in mano un libro aperto – a pagina 28.

Un microcosmo al femminile

Dentro la pellicola

Nella Francia del Settecento, una casa affacciata sul mare diventa la scena in cui si muovono donne che stringono fra loro legami di solidarietà, creando quasi un microcosmo al femminile in opposizione alla cultura patriarcale dominante nel macrocosmo. Mariane ed Heloise, ma anche la sua ancella Sophie che viene aiutata ad abortire dalle due; e ancora le donne della comunità riunite per una festa notturna, il cui canto, quasi ancestrale, si irradia con un’enorme forza evocativa in una pellicola piuttosto silenziosa che dà ai pochi intermezzi musicali presenti una grande importanza.

Non possunt fugere/
Parvum vident nobis/
Nos resurgemus 

 

Non possiamo fuggire/
Ci vedono piccole/
Risorgeremo                                                                                         

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Dietro la pellicola

Quello di Ritratto della giovane in fiamme è un cast quasi totalmente al femminile, dalle attrici alla raffinata regista Cèline Sciamma, che nei suoi lavori affronta ripetutamente il tema della fluidità di genere e dell’identità sessuale. Dalla direttrice della fotografia, Claire Mathon, che lascia dipingere alla luce ogni fotogramma, alla costumista Dorothée Guiraud che ha utilizzato gli abiti per costruire i personaggi, il loro carattere e i loro movimenti (le tasche delle vesti di Marianne, per esempio, servono per conferire modernità e anticonformismo al personaggio). Non meno importante è poi il lavoro dell’artista Hélène Delmaire, che ha realizzato i dipinti ed i disegni che si vedono nel film.

Artista francese formatasi in Italia, la ricerca artistica di Delmaire, volta alla scoperta del femminile, della forza attraverso la fragilità, di un’identità reale difficile da rappresentare (gli occhi, i volti dei suoi soggetti sono spesso cancellati) si sposa perfettamente con quella di Cèline Sciamma!

La donna-artista dell’epoca

In conclusione, da studentessa di storia dell’arte appassionata di gender studies, non ho potuto fare a meno di apprezzare la riflessione esplicita nel film sulla condizione della donna-artista.

 

“Sapevo pochissimo delle donne artiste di quell’epoca. Conoscevo le più famose come Artemisia Gentileschi o Angelica Kauffman. Invece ho scoperto con sorpresa una presenza davvero consistente di pittrici. Erano numerose e avevano successo, soprattutto grazie alla moda dei ritratti. Ma molte loro opere, pur presenti nelle collezioni dei più importanti musei, sono rimaste escluse dalle cronache e dai resoconti storici.”

 

Cèline Sciamma per Vogue

In apertura del film vediamo Marianne intenta a dare lezioni ad alcune studentesse. Marianne è una pittrice affermata, che, come molte artiste del tempo, è a sua volta figlia di un pittore: ciò dava loro modo di entrare in contatto con il mondo della bottega. E, come molte pittrici del suo tempo, è specializzata nel genere del ritratto: alla disuguaglianza di genere era infatti legata la gerarchia fra i generi pittorici. In cima stava la pittura di storia (cioè quella pittura che ha come fonte testi scritti), che necessitava di un’ottima conoscenza dell’anatomia e che restava di appannaggio maschile. Lo spiega bene proprio Marianne ad Heloise:

H:«Dipingete anche nudi?»
M:«Donne, sì.»
H:«Perché non uomini? »
M:«Non è permesso […] perché sono una donna; è per evitare che diventiamo ottime artiste. Senza alcuna conoscenza dell’anatomia maschile i soggetti migliori ci sfuggono,»
H:«E come fate?»
M:«Lo faccio di nascosto.»

La donna, lo sguardo, l’arte

In genere l’artista guarda la musa, e regista e spettatori la donna, su piccolo e grande schermo. Quando essa riesce a diventare soggetto attivo dello sguardo, nascono film come Ritratto della giovane in fiamme. Marianne pittrice guarda Heloise, ed Heloise guarda Marianne: noi guardiamo entrambe e in entrambe ci ritroviamo.

Per approfondire:
– Micol Ferrara, Lo sguardo femminile: soggetto, oggetto e opposizione a partire da Laura Mulvey, tesi di laurea in scienze filosofiche, discussa presso l’Università degli studi di Milano, a.a. 2015/16.
Messa a disposizione su academia.edu, è uno studio utilissimo per ripercorrere l’evoluzione della feminist film theory a partire da Laura Mulvey, che ha abbondantemente trattato il tema dello sguardo nel cinema.
– Hannah Giorgis, How Portrait of a Lady on Fire Subverts the Artist-Muse Relationship, articolo per The Atlantic, 11 Dicembre 2019.

 

View Comment (1)
  • la feminist film theory della mulvey è discutibile. anche quado il regista è uomo non c’è male gaze. il cinema racconta l’umano quindi anche il desiderio erotico, a seconda delle necessità della trama si mostrano donne sexy o uomini sexy e non c’è nulla di oggettivante, il sex appeal è cosa umana maschile come femminile e il cinema ha il diritto di raccontarlo. non c’è nulla di oggettivante nè nell’immagine di un corpo sessualmente attraente (o che esprime desiderio erotico) e nè nell’immagine dell’uomo o della donna che prova desiderio sessuale verso quel corpo

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