Performer, producer e cantautrice, Sara Loreni, nel 2020, come molt* altr* musicist*, non è rimasta ferma: dopo aver pubblicato il brano “La neve a maggio“, infatti, è tornata con “Le buone notizie“, preannunciando l’uscita di un nuovo disco.
In un periodo disastroso, in cui il rischio di abbandonarsi alla negatività è altissimo, l’artista parmense, avvolta nelle eleganti atmosfere elettroniche che la caratterizzano, ci ricorda di non dimenticarci di continuare a sognare e trasformare i momenti più bui in opportunità, provando a superare difficoltà e paure.
Di questo, di futuro e della situazione della musica in Italia, abbiamo parlato proprio con lei, in occasione dell’anteprima video della live session di “Le buone notizie”, che presentiamo oggi su Bossy.
Nel comunicato che accompagna l’uscita del tuo ultimo singolo si legge che ti sembra “Paradossale parlare di buone notizie nel mezzo di una pandemia globale”. Però credo anche sia necessario sforzarsi, perlomeno chi può, proprio per dare forza a chi invece non può, cercare di essere positiv*, proattiv*. In che modo hai trasformato la situazione creata da Covid-19 in un’opportunità, cosa ci hai tirato fuori, umanamente, professionalmente, adattandoti al momento ma al contempo vivendolo ed estrapolandone qualcosa di buono?
In un momento complesso come quello che stiamo vivendo è necessario darsi e dare forza e motivazione, sono d’accordo con te, ed è proprio per questo che abbiamo deciso di fare uscire una canzone che parla di riscatto, nella quale una situazione di crisi viene trasformata in opportunità. È la stessa cosa che ho cercato di fare negli ultimi tempi in cui tutto è stato ridotto e mi sono trovata con molto più tempo libero a disposizione. Ho fatto una lista di tutte le cose che volevo fare e poi, visto che tendo a perdermi o distrarmi abbastanza facilmente, ho fatto una tabella di marcia con le attività e i relativi orari. Ad esempio, la mattina era dedicata alla scrittura e alla composizione, mentre nel pomeriggio leggevo e studiavo musica. Anche se la situazione era critica e soffrivo per le notizie che arrivavano, sono rimasta in stretto contatto con le persone che amo, ho vissuto un tempo di grande qualità e ho scritto canzoni molto intense.
Da quando hai iniziato con la tua carriera fino ad oggi, c’è un*artista che ti ha fulminata per l’ispirazione e la passione per questo mestiere e che ha saputo passarti?
Franco Battiato e David Bowie. Mi è capitato di assistere alle prove dei concerti che Battiato fece con Anohni e l’orchestra Toscanini: rimasi folgorata dalla meticolosità e dalla precisione di Battiato. A un certo punto saltò su in mezzo a più di 50 musicisti e disse: “Scusate chi sta suonando il mi bemolle? È un po’ calante, puoi risuonarlo?”.
David Bowie, invece, è un artista che amo follemente. Non si è mai fermato ed è sempre rimasto aggiornato (anzi, direi un passo avanti). Anche l’ultimo disco che ci ha lasciato e che ha registrato mentre era malato è, oltre ad essere splendido, un atto di amore e dedizione che mi ha completamente stesa, una grande lezione.
Fuori dalla musica, invece, quali sono i tuoi punti di riferimento in termini di persone e cose?
Amo le arti figurative, la cucina, il vino, Henry Miller, Amelia Earhart, Margherita Hach, Herzog, i sintetizzatori, David Foster Wallace, le persone gentili, i cavalli, Walt Whitman, le piante e i fiori, i vestiti belli, la Gina.
Come si impara a suonare una loop station e il synth? Che cosa ti affascina di questi due strumenti? Come ti ci sei avvicinata e in che modo, rispetto ad altri strumenti, ti permettono di esprimerti al meglio?
Mi ci sono avvicinata per caso, o forse sarebbe meglio dire per sincronicità. Me ne aveva parlato un amico chitarrista e, da curiosona quale sono, sono subito andata a vedere di cosa si trattava. Il giorno dopo ne ho comprata una piccola due canali. Ho imparato copiando quelli che la usavano bene e, quando ho capito cosa ci potevo fare, ho preso la mia strada stilistica. Per quanto riguarda i synth, ho ancora molto da imparare, c’è un mondo di onde, funzioni e parametri che per me stanno a metà tra il conosciuto e il mistero elettromagnetico. Una cosa estremamente affascinante, ma piuttosto complessa da gestire con padronanza. Comunque, ciò che amo di più di queste strumentazioni è il loro suono, quello che mi permettono di generare assieme con la voce. Si tratta di una stanza sonora che mi suona familiare e cosmica allo stesso tempo e dalla quale mi sento perfettamente rappresentata.
Ci sono artist* con cui hai instaurato un rapporto di sorellanza e fratellanza, di supporto, solidarietà e rispetto reciproci? Cosa significa aiutarsi, nel settore musicale, senza entrare in competizione?
Certo, ci sono artist* che stimo molto e con cui c’è un rapporto di amicizia e scambio anche in fase di composizione, con alcuni più assiduo e con altri più saltuario anche per ragioni geografiche. Aiutarsi nel settore musicale significa fare qualcosa per valorizzare gli altri, accogliere le differenze senza aver paura che dare spazio ad altri possa “toglierci” qualcosa. Personalmente vedo il tutto come un prezioso arricchimento, ma viviamo in un’epoca in cui individualismo e narcisismo sono spinti al massimo.
Ti avranno già fatto un trilione di domande su XFactor (nel 2015, superato anche l’ultimo step delle selezioni per partecipare al programma televisivo, Sara Loreni ha rinunciato al posto tra i concorrenti, NdR), ma ne vorrei parlare con te in riferimento all’ospitata di Alberto dei Verdena a dicembre, che è stata criticata dai soliti hater perché è come se avesse tradito la sua natura indipendente. Perché in Italia se vai in tv, se raggiungi la visibilità mainstream, sei considerat* un* vendut* e stai rinnegando le tue radici?
Credo che sia semplicemente frutto di una visione ristretta e poco consapevole. Se Alberto fosse andato a X Factor per fare il ballerino o qualcosa di completamente diverso da quello per cui lo conosciamo, potrei capire (ma non supporterei) le polemiche, ma in questo caso ha fatto ciò che ha sempre fatto: è cambiato solo il contesto. Credo che abbia fatto bene, ha portato qualcosa di autentico in un mondo che è talvolta molto costruito. La musica è condivisione, inclusione; laddove c’è esclusione o chiusura c’è qualcosa che non va.
Quali sono invece i palchi che tu vorresti raggiungere e le buone notizie che vorresti raccontarci sui tuoi progetti futuri, a breve ma anche a lungo termine?
Che bella domanda. Andiamo con ordine. Per quanto riguarda i palchi, non faccio distinzioni, perché tanto sono sempre le persone a fare la differenza. Ho voglia di tornare a suonare e incontrare gli sguardi, percepire le presenze, i respiri, questo manca tanto. Le buone notizie sul breve termine: sto ultimando il disco che sarà pronto nei primi mesi del 2021 e che mi piace moltissimo, mi sono messa a nudo come mai ho fatto prima e la cosa mi elettrizza e terrorizza allo stesso tempo. È un disco che ha due anime, una analogica e una elettronica, un po’ come me, non vedo l’ora che possiate ascoltarlo. Sul lungo termine ci sono tanti progetti, ho un quaderno dove appunto desideri e sono tantissimi ma uno di questi è quello di prendere il brevetto da pilota.