Articolo di Stefania Covella
Nota vocale di una bambina ai Sem&Stènn: «Mi dispiace che siete usciti perché quando c’eravate voi c’era la festa».
Sem&Stènn sono una festa: colorati, vitali, divertenti e audaci. Sono il party al quale non vorreste mai mancare, perché mettono su una musica unica e si è liberi di scatenarsi, perché in questo club non esistono pregiudizi. Salvatore Puglisi e Stefano Ramera sono stati ospitati da Federica Covella a The Stylist’s Wardrobe. Ho avuto così l’occasione di scrivere per Bossy quest’intervista e scoprire qualcosa in più sul fantastico duo uscito troppo presto da X-Factor (produzione Sky).
– Ci raccontate come vi siete conosciuti e come siete diventati i Sem&Stènn?
Ci siamo conosciuti a sedici anni in un blog di musica, e dopo cinque anni ci siamo finalmente incontrati a Milano. Dopo diversi incontri è nato tutto. Siamo rispettivamente la prima storia gay dell’altro. Abbiamo iniziato a fare musica abbastanza spontaneamente, nonostante nessuno dei due lo avesse mai fatto prima, per lo meno pubblicamente. Così siamo diventati i Sem&Stènn. Quindi la musica è stato il motivo per cui ci siamo conosciuti ed è tuttora il primo dei tanti motivi che ci tiene uniti.
– Come è stata la vostra esperienza a X-Factor e cosa vi mancherà?
È stata un’esperienza meravigliosa, abbiamo avuto la possibilità di lavorare con tanti professionisti molto validi. Per noi è stata soprattutto un’esperienza formativa, abbiamo avuto modo di apprendere tanto da quelle persone.
Dal punto di vista artistico è stato tutto molto stimolante, venivamo sempre coinvolti nelle decisioni e potevamo dire la nostra. Anche se siamo usciti al terzo live, non cambierà niente. Siamo stati soddisfatti dall’inizio alla fine, anche dei brani che Manuel ha scelto per noi.
Ci mancherà tantissimo stare su quel palco, esibirci in uno dei teatri più grandi d’Europa – con uno dei palchi più tecnologici in assoluto – ci ha permesso di fare davvero qualsiasi cosa. Inoltre, ci mancherà lavorare no-stop dalle sette del mattino alle due di notte. Tutti sono stati sempre propositivi e stimolanti, hanno tirato fuori da noi delle cose che non sapevamo nemmeno di avere e sicuramente porteremo avanti il percorso di crescita vocale iniziato nel talent.
– Manuel Agnelli ha speso sempre belle parole su di voi, cito qualcosa: «C’è un modo di rappresentare se stessi ed è essere se stessi, e loro l’hanno fatto fino alla fine», e sul vostro modo di cantare ha detto «Non deve essere accettabile per venire accettato o per emozionare, anzi». Manuel ha anche dichiarato pubblicamente che aprirete il concerto degli Afterhours ad Assago, nel 2018. Cosa ha significato per voi? Averlo come giudice vi ha permesso di essere voi stessi?
Quando ha annunciato la nostra apertura al Forum il 10 aprile, noi eravamo sconvolti. Ha sganciato questa bomba tre secondi prima dell’esibizione e questa notizia ci ha un po’ strozzato il fiato, ma ci ha anche dato dell’adrenalina assurda. Manuel non è stato solo il giudice che ha creduto in noi, ma anche la prima persona – da quando è nato il progetto – a crederci veramente, anche al di fuori di X-Factor. Prima non c’è mai stato nessuno così preso e disposto ad aiutarci. Il voler continuare al di fuori, a prescindere dalla scelta del Tilt, ci fa piacere e ci dimostra la voglia di collaborare ancora.
Manuel è riuscito ad andare oltre il nostro aspetto molto freak – di cui noi andiamo molto fieri. Manuel è la ragione per cui eravamo a X-Factor e senza di lui non ci saremmo mai arrivati e gli siamo grati. X-Factor a un certo punto finisce e poi bisogna vivere la musica nel mondo reale ed è questa la cosa importante.
Siamo molto carichi, l’uscita precoce dallo show ci ha motivati a iniziare un progetto lavorativo solido. Avere un punto di arrivo come quello di aprile, ci stimola a lavorare e a migliorarci, vorremmo arrivare degni di questo regalo. Meritarcelo.
– Esporsi sui media non è semplice, dividete il pubblico e avete già una notevole collezione di haters – qualcuno ha anche parlato di lobby gay – cosa li ha infastiditi?
Non sappiamo se sono stati infastiditi dai pantaloncini glitter, che a noi piacciono tantissimo, dal gloss rosso o dalle tute. Noi abbiamo portato sul palco quello che eravamo prima. Non ci aspettavamo rose e applausi, è una cosa che avevamo preventivato, ma non ci aspettavamo neanche un attacco così feroce degli haters.
In realtà noi abbiamo dato un peso poco rilevante alla cosa, accogliamo molto bene le critiche se costruttive e abbiamo lavorato tanto per migliorarci. Purtroppo, la maggior parte delle critiche, non erano costruttive, c’è stato un attacco un po’ insensato alla nostra omosessualità e al nostro essere una coppia. Qualcuno ci ha scritto “siete malati, avete l’AIDS”. Questi commenti hanno fatto stare male i nostri cari. Per fortuna nel loft ti distacchi dai social network, ti immergi totalmente nel lavoro.
Sapevamo da subito di non essere i concorrenti canonici di X-Factor, sapevamo che saremmo stati criticati e l’essere gay è qualcosa che le persone considerano attaccabile. Anche mostrarlo con naturalezza, paradossalmente, viene visto come presuntuoso e qualcuno ci ha anche visto delle cospirazioni fantasiose. Sappiamo che le cose nuove disturbano e le persone tendono a difendersi buttando fuori l’odio. Noi comunque crediamo di aver dato qualcosa, una nuova rappresentazione di cosa significa essere gay oggi e cerchiamo di fare questo anche attraverso la nostra musica.
Siamo contenti comunque, al di là delle critiche. Per strada ci capita di ricevere sempre tanta stima e amore dalle persone che incontriamo.
La sorpresa più grande è stata quella di ricevere tanto affetto dai bambini: anche se a volte siamo un po’ creepy e la musica è disturbante, sono entusiasti di vederci. Al primo fan-meeting dopo X-Factor, c’erano dei bambini che cantavano Marilyn Manson e i genitori ci fotografavano con i loro figli. Tutto questo ci ha dato molta speranza nel futuro.
– Quanto è importante per voi mettervi in gioco come modello onesto e libero in un’epoca come la nostra, divisa tra il riconoscimento dei diritti della comunità LGBT+ e l’omofobia?
La figura stessa dell’artista è per definizione una persona che utilizza l’arte per veicolare messaggi, emozioni e sentimenti. Queste cose non possono essere inautentiche, si percepirebbe. La nostra autenticità sta anche nella nostra dichiarata appartenenza alla comunità LGBT+: non abbiamo mai detto la parola gay nel programma, ma credo che il messaggio sia passato comunque.
Nell’ultima performance avevamo scritto sul corpo “Love is free”, perché l’amore è libero e universale. Noi volevamo decostruire gli stereotipi di genere, volevamo sperimentare, provocare e fare cose oltraggiose. In Italia, parlare di omosessualità in TV, fa ancora un po’ provocazione. Sarebbe stupido non approfittare dell’occasione e della potenza mediatica di X-Factor per veicolare un messaggio così importante, quello che ci sta più a cuore.
– Se poteste mandare uno snap(chat) ai voi stessi del passato, a quel ragazzino che cantava Christina Aguilera sotto la doccia o a quello che partecipava al coro della chiesa, cosa gli direste?
Sem: non perdere tempo. Ho studiato chitarra da piccolissimo ma non avevo il coraggio di dedicarmi alla musica, è come se avessi avuto un freno. Ero abbastanza inquadrato per le mie capacità visive: disegnavo, scattavo e giravo. Ho pensato a lungo di frequentare una scuola di arti sceniche dopo il liceo, ma era la prima cosa che volevo fare? Con la musica avrei dovuto ricominciare da zero e questo caos mi ha fatto paura all’inizio. Si sa come va l’adolescenza: le carenze di autostima… ma non è mai troppo tardi, abbiamo venticinque anni!
Stènn: sii più coraggioso. Mi è sempre mancato un po’ e lui (sorride a Sem, ndr) in questo è stato determinante. È stata una scoperta iniziata con lui. Mi direi di avere più coraggio e di fare quello che so che è la mia strada, di andare dritto senza ascoltare nessuno. Anche perché l’arte è sempre vista come un hobby che non ti porta a niente. Nella mia famiglia c’era un po’ questa mentalità e doveva esserci sempre un piano A più credibile. X-Factor è stato una chiave di volta, in questo senso, ci ha dato la possibilità di mettere le nostre capacità in campo e far diventare la musica un progetto, un lavoro. Prima di X-Factor, facevamo lavori da ufficio, mentre ora abbiamo deciso di concentrarci sulla musica al cento per cento.
– Vi siete esibiti al Pride di Parigi, come è stata quell’esperienza?
Due sere prima dell’audition, già, in quel viaggio ci è successo di tutto. Notti in giro sotto la pioggia, autobus che non passavano, macchine che si rompevano (ridono, ndr). Noi ogni traguardo lo paghiamo in tragicommedie e percorsi tortuosi. Non ci è mai andato tutto liscio, ma ce la siamo sempre cavata.
Il Pride è stato molto bello. Vengono coinvolte migliaia di persone, non abbiamo mai visto cosi tanta gente. Ci siamo esibiti in un club storico di Parigi, in corrispondenza della piazza d’arrivo del corteo. Un locale underground, con l’aria da scantinato e l’atmosfera dei vecchi live. È stato bello per la storia del posto, per l’energia in giro per Parigi e per le persone coinvolte, che erano davvero di tutti i tipi e non solo della comunità LGBT+. Ogni categoria aveva il suo carro e un’identità musicale definita, c’erano i carri della polizia, dei vigili del fuoco e degli steward di Air France…
Il Pride parigino è stato davvero una festa pazzesca molto emozionante e ci ha caricato tantissimo per l’audizione a Torino.
– Avete dichiarato di volervi sposare in futuro (un «matrimonio cafone e sontuoso in Sicilia, con Manuel Agnelli come testimone e i Maneskin a suonare»). L’Italia resta uno dei pochi Paesi europei a non avere una legge che permetta alle coppie omosessuali di unirsi in matrimonio. Perché è così difficile compiere questo passo?
Stènn: io sono nato e cresciuto in un ambiente molto cattolico e credo sia stato un po’ limitante, almeno per me e per la mia personalità, ma credo lo sia anche in generale per l’Italia. Avere questa presenza molto vicina dalla quale dipendiamo parecchio a livello culturale e ideologico ci influenza. I Paesi che hanno compiuto questo passo, si sono emancipati da questa istituzione o non ne erano influenzati. Noi lo siamo ancora e credo che questo sia un po’ il limite principale. Si fa poco anche a livello educativo: non c’è un’educazione al rispetto e neanche una legge contro l’omofobia. Siamo tenuti ai margini anche nell’istruzione. Si porta avanti un’idea limitatissima di famiglia quando la famiglia è tante cose, tra le quali un ambiente protetto che ti crei e che scegli tu. Non ci dovrebbe essere nessuno a dirti come deve essere. Bisognerebbe lavorare in questo senso, secondo me.
Sem: questa cosa deve cambiare il prima possibile. C’è la voglia di costruirsi una famiglia. Non è la priorità di tutti… la mia un po’ sì. Adesso siamo focalizzati sulla carriera, ma voglio avere il diritto a una famiglia e un giorno vorrei anche dei bambini.
– Crop-top, trucco, glitter e smalto. Siete i paladini della moda genderless. Questa scelta di immagine vi permette di esprimervi liberamente andando oltre gli stereotipi? Possiamo dire che il trucco è per tutti?
Il trucco è assolutamente per tutti. Vi sveliamo un segreto, anche Nigiotti veniva truccato per gli shooting, un trucco nude ma pur sempre trucco con il fondotinta e tutto il resto. Noi, anche in quello, non stiamo troppo a pensarci, ci piace lo smalto verde? Lo mettiamo. Vogliamo la faccia luminosa? Ci mettiamo il gloss e i glitter. Quando possiamo, collaboriamo con creativi e giovani stylist indipendenti.
Qualcuno ci ha chiesto perché lo facciamo, ma perché no? Da dove nasce questa domanda? È assurdo parlare di trucco e uomini e associarlo solo all’omosessualità. Magari molti di questi giovani etero che ci fanno queste domande ascoltano Bowie. Perché Bowie sì e noi no? (Ridono, ndr). Pare che ci sia stata quasi una regressione. Comunque le nuove generazioni promettono bene, con la diffusione di concetti molto contemporanei come genderless e genderfluid. A X-Factor, poi, non hanno mai tentato di ridimensionarci, anzi, c’era molta fiducia e libertà, un grande rispetto per l’artista. Piuttosto sarebbero andati contro il loro stesso gusto per lasciare a noi l’ultima parola.
– Siete una coppia nella musica e nella vita. È stato difficile fare coming out con le vostre famiglie? Vi supportano?
Sem: non è stato difficilissimo, in questo siamo stati molto fortunati, i nostri l’hanno presa abbastanza bene. I miei ci sono arrivati un po’ da soli, con la presenza di Stefano. Ogni famiglia ha il suo modo di arrivare a certe cose, a noi è andata bene, i nostri genitori sono i primi fan dei Sem&Stènn. Noi siamo molto legati ai nostri genitori e per noi è importante essere circondati da un’energia positiva, credono in noi e ci supportano. Durante la prima puntata i nostri cari erano seduti in primissima fila accanto a Tommassini. Mia mamma è addirittura salita sul palco a ballare prima che iniziasse la diretta! È bello vederli coinvolti.
Stènn: il coming out è avvenuto facendoli abituare alla presenza di Salvatore, permettendo loro di conoscerlo come amico e poi è stato un passaggio naturale raccontar loro la nostra relazione. X-Factor ha aiutato anche in questo: i miei avevano accettato la cosa, ma magari facevano un po’ di fatica ad esternarlo al mondo. Poi, nel momento con cui vai in televisione e vedi che dagli altri è preso con molta naturalezza, ti aiuta ad essere più tranquillo nel comunicarlo.
– Alle audition avete cantato un vostro pezzo, The fair, terzo singolo dell’album Wearing Jewels&Socks. Il video della canzone è stato scritto e diretto da Sem e Giulio Volpe, il tema cardine sembra essere l’abbattimento degli stereotipi di genere. Anche il vostro prossimo album conterrà temi simili?
Il nostro nuovo album sarà in parte anche una riedizione di alcuni pezzi contenuti in Wearing Jewels&Socks, che è stato il nostro biglietto da visita per il piccolo pubblico che siamo riusciti a raggiungere con un’auto-produzione. Per noi è importante ripresentarlo arricchendolo di tutto quello che ci è successo dopo, compreso X-Factor. Abbiamo in programma dei nuovi singoli e dei featuring.
Ogni brano ha una storia, The Fair nello specifico è stato scritto come un tributo al mondo dei club, da dove proveniamo, una dimensione fatta di eccessi e dove ognuno si sente libero di essere se stesso o di interpretare un personaggio. Nel video mettevamo in scena una decostruzione degli stereotipi di genere, rendevamo universali azioni e gesti categorizzati. In una scena sembravamo dei duri con queste tute rosse da meccanico, mentre in quella dopo spazzolavamo delle bambole. Del nuovo album, possiamo già dire che ci sarà un pezzo nuovo sul coming-out, accompagnato da un video. Mentre gli altri brani parlano un po’ della relazione tra noi e di quella con il mondo esterno, questo scontro tra la nostra intimità e la durezza di quello che c’è fuori.
– Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Far decollare una carriera stimolante: abbiamo davvero tanta voglia di lavorare, continuare a segnare cose sull’agenda. Ci piace metterci in gioco su nuove cose; oltre la musica ci interessa il mondo dell’audiovisivo, ci piacerebbe fare cinema. Vogliamo conquistare l’universo. Quindi: singolo, album, tour e tutte le mille altre cose che metterà sulla nostra strada il destino. L’aspirazione massima sarebbe girare il mondo e portare la nostra musica ovunque.
– Domanda finale di rito: definite i Sem&Stènn in tre parole.
Coraggiosi, visionari e pop… assolutamente pop.
Anche qui, perfettamente alternati, completano le parole l’uno dell’altro.
L’intervista è durata un’ora e mezza e hanno parlato di tutto, da Spotify al ritorno del vinile, perché l’evoluzione non è sempre una linea retta e forse non lo è neanche il successo.
Citando Fedez, «Tutti noi siamo dei grandi fan di Sem&Stènn» e gli auguriamo di girare il mondo, vivere di musica e scuotere il pubblico.
Su Rolling Stones hanno scritto che saranno ricordati per sempre perché sono stati i primi i a cantare Marilyn Manson sul palco di X-Factor. Noi li ricorderemo anche per la rappresentazione bella e genuina dell’amore e del coraggio di essere se stessi, senza sovrastrutture, attraverso la musica.
Ascoltate il nuovo singolo!
LET’S GO TO BED è da oggi disponibile nella compilation di X-Factor.
Scarica su iTunes: http://apple.co/2AmNOkO
Ascolta su Spotify: http://spoti.fi/2BrdZG6