Now Reading
L’esigenza di spazi non misti nelle lotte femministe

L’esigenza di spazi non misti nelle lotte femministe

Sebbene sia una pratica di lunga data nei circoli attivisti, gli spazi non misti continuano a essere oggetto di dibattito. Eppure si tratta di una condizione necessaria alla liberazione della parola e per pensare nuovi modi di lottare.

Prefazione:
Il termine “non misto” o “diversità selezionata” si riferisce a incontri in cui i partecipanti scelgono di incontrarsi solo tra donne, persone transgender, persone razzializzate, ecc. per esprimersi su un’esperienza comune e in uno spazio amichevole, necessario per condividere e organizzare le lotte.

Uno strumento politico

Questo strumento è stato utilizzato dalle minoranze per diversi decenni per ragionare sulle lotte militanti e organizzarsi per affrontare le discriminazioni subite in assenza di potenziali aggressori. Pensiamo in particolare ai movimenti antirazzisti delle Black Panther o al Mouvement de Libération des Femmes, che ha sostenuto l’autonomia delle donne dopo le rivolte del maggio 1968 e ha svolto un ruolo centrale nella diffusione degli spazi non misti in Francia.

Oggi questi spazi vengono messi in discussione, suscitando persino indignazione, come se questa forma di lotta fosse nuova…. Il 1° aprile 2021, il Senato (francese, NdT) ha deliberato il divieto di raduni non misti di persone razzializzate. Come può un’assemblea composta da una maggioranza di uomini bianchi cisgender mettere in discussione i metodi di lotta di persone attiviste che si battono contro il razzismo e il sessismo?

La scelta di spazi in diversità selezionata sembra essere essenziale negli ambienti femministi e queer, dove molti incontri e manifestazioni si svolgono in spazi non misti, di solito senza la presenza di uomini cisgender. Questi spazi permettono di esprimersi collettivamente su questioni specifiche che riguardano persone che subiscono discriminazioni sessiste.

Per queste persone è una questione di sopravvivenza poter recuperare le energie e proteggersi in un ambiente accogliente, libero dai doveri della pedagogia e dove non vengono messe in discussione le loro esperienze.

Le cosiddette “Maisons des Femmes”, ad esempio, stanno sorgendo in tutta la Francia per accogliere le vittime di violenze sessiste e per sviluppare iniziative femministe in un contesto non misto.

È nell’intersezione con altre lotte che gli spazi non misti sembrano destare ancora più fastidio. I campi estivi anti-colonialismo, le associazioni, i collettivi, gli incontri e i festival organizzati con modalità non miste fanno continuamente discutere e negli ultimi anni hanno provocato ondate di odio e molestie nei confronti di chi li organizza. Un esempio è il festival Nyansapo organizzato dal collettivo MWASI a fine luglio 2019. Era strutturato in 4 spazi, 3 dei quali erano non misti. L’estrema destra ha colto l’occasione per denunciare questa iniziativa “vietata alle persone bianche”, riportando queste ultime sotto i riflettori.

In realtà, si trattava di un evento progettato da e per donne nere che subiscono discriminazioni razziali e sessiste. Non includeva, peraltro, altre persone che subiscono razzismo. Tuttavia, i detrattori lo hanno visto come un attacco alle persone bianche, facendo riferimento alla “segregazione inversa” o al razzismo “anti-bianco”.

Occorre evidenziare che gli argomenti discussi in questi spazi sembrano interessare le persone che si celano dietro le critiche solo quando queste ne sono escluse. Ciò è indicativo delle intenzioni di coloro che criticano questi spazi, a cui la vera domanda da porre è: perché persone che non subiscono oppressioni, che tra l’altro concorrono a perpetrare, vogliono interferire nell’organizzazione della lotta di coloro che le subiscono?

Alcuni rispondono che è necessario fare un lavoro educativo: escludere le persone non colpite dalle discriminazioni da questi incontri provocherebbe un’oppressione. Ma il razzismo non nasce da una mancanza di comunicazione tra oppressi e oppressori. Sebbene sia chiaro che l’educazione è un elemento necessario per la lotta, il dovere di educare non dovrebbe essere a carico esclusivamente delle persone oppresse, soprattutto in momenti e incontri in cui potrebbero emergere questioni delicate e dolorose.

La condivisione tra persone oppresse

In questi luoghi, dove non è più necessario giustificare la propria esperienza, né spiegare perché qualcosa è inappropriato o oppressivo, la parola adelphité (adelphe si riferisce a persone nate dagli stessi genitori, indipendentemente dal genere di appartenenza – è usato all’intersezione tra fratellanza e sorellanza) permea lo spazio e libera la parola. La presenza di persone non discriminate, o addirittura discriminanti, ostacola il processo di liberazione della parola e delle esperienze negative vissute. Come si possono esprimere i propri sentimenti senza costrizioni se una persona non discriminata, che potrebbe sentirsi presa di mira, interferisce e impone di articolare il discorso nelle sue modalità, che lo chieda esplicitamente o meno?

Tra le persone oppresse, la fiducia instaurata si rinnova continuamente durante le discussioni portate avanti in spazi non misti.

In questo senso, la sociologa femminista Christine Delphy ha affermato che gli spazi non misti sono necessari per le minoranze “per permettere che la loro esperienza di discriminazione e umiliazione possa essere espressa, senza paura di ferire i sentimenti delle persone bianche”. (fonte: https://lmsi.net/La-non-mixite-une-necessite)

Voler costruire spazi misti e condividere elementi di diverse culture sono elementi che, se portati avanti come baluardo contro il razzismo, portano a negare la realtà di una parte della società. Questo universalismo è tipico del gruppo dominante ed estenderlo a tutte le persone non è un rimedio alla discriminazione. In un periodo in cui le leggi liberticide sono in aumento, è necessario che le persone militanti si reinventino e creino spazi sicuri. Questi spazi non sono stati creati “contro” una categoria di persone, ma “per” le persone che subiscono discriminazioni razziste e sessiste che si avvalgono di questi spazi per comprendere in modo organizzato e approfondito le loro esperienze comuni. Le persone bianche, cis ed eterosessuali possono quindi posizionarsi come alleate e informarsi ed educarsi autonomamente, per poi educare ə altrə riproponendo i discorsi già formulati dalle persone discriminate, il tutto senza monopolizzare lo spazio o la parola all’interno di questi spazi sicuri.

Perciò, il desiderio di partecipare a un incontro non misto senza essere invitati è la dimostrazione di una negazione dell’autonomia delle minoranze, sfruttando un luogo che non è il proprio e negando l’esistenza di queste persone. È come se queste ultime non bastassero, come se non fossero in grado di produrre contenuti all’interno della loro comunità.

Distinguere tra spazi non misti imposti e spazi non misti scelti

È inoltre importante distinguere tra spazi non misti scelti e quelli imposti. La prima è una soluzione temporanea offerta alle persone che ne sentono il bisogno, mentre la seconda è voluta da un gruppo privilegiato rispetto ad altri gruppi.

Questi incontri non impediscono l’accesso ai servizi o ai beni, a differenza delle discriminazioni subite dalle persone razzializzate, che si verificano quotidianamente. Il paragone tra gli spazi non misti e le leggi Jim Crow o la segregazione subita durante l’apartheid in Sudafrica è più che sproporzionato, poiché queste leggi sono state varate da Stati razzisti per creare una società segregata.

Gli spazi (praticamente) non misti dell’Assemblea Nazionale o del Senato (francesi, NdT) non vengono certo messi in discussione… Questa sproporzione e queste differenze di trattamento tra persone razzializzate e persone bianche rivelano ancora di più il criterio razzista di questi testi legislativi. Certo, non sono ancora state tutte adottate, ma l’esistenza stessa di queste proposte e di questi emendamenti è un fattore che rivela le intenzioni dei nostri rappresentanti riguardo all’autonomia delle sfere militanti in Francia. Inoltre, non è possibile mettere semplicemente a confronto le diverse tipologie di spazi non misti tra loro. L’organizzazione di eventi, cortei o associazioni corrisponde a una realtà di esperienze comuni. Le discriminazioni si sovrappongono senza escludersi a vicenda. Organizzare riunioni e incontri senza uomini è necessario e politico, ma è diverso dall’organizzare incontri tra persone queer e razzializzate.

Infine, i motivi che spingono a organizzare spazi privi di persone discriminanti possono essere molteplici:

per questioni di sicurezza,
per poter parlare liberamente,
per comprendere meglio la discriminazione
e a volte tutti questi motivi in contemporanea

Noi di Les Ourses, facciamo la scelta politica di creare uno spazio non misto senza uomini cis. Riteniamo che questi abbiano già molti spazi altrove per esprimersi. Gli spazi non misti, siano essi media, associazioni o collettivi, si stanno sviluppando e sono la prova che le sfere attiviste non si arrendono e non cederanno alle ingiunzioni patriarcali, razziste e LGBTQIA+fobiche.

Fonte
Magazine: Les Ourses à plumes
Articolo: LA NÉCESSITÉ DE LA NON-MIXITÉ DANS LES LUTTES FÉMINISTES
Scritto da: Yasmina
Data: 08/01/2022
Traduzione a cura di: Charlotte Puget
Immagine di copertina: Nappy – Pexels
Immagine in anteprima: freepik

View Comments (0)

Leave a Reply

Your email address will not be published.