Prima di iniziare un piccolo consiglio musicale, tre album per accompagnare questa lettura ed esplorare il tema anche da un punto di vista sonoro:
Twilight destroys minds and reaps souls – Coven (1969)
Burning the witches – Warlock (1984)
Jess and the ancient ones – Jess and the ancient ones (2012)
Non è una scelta casuale quella di aprire questo articolo in musica, perché è grazie alla musica che è iniziato il mio contatto con “il mondo delle streghe”. Fin da piccola sono sempre stata attratta da tutto ciò che è oscuro, misterioso e ambiguo – ricordo come se fosse ieri di come la mia prima cotta fu il Brian Molko con il caschetto nero e l’eyeliner calcato sugli occhi grigi dei primi anni 2000 – ma sono stati gli anni dell’adolescenza e la teenage angst che li ha caratterizzati a farmi definitivamente innamorare di questo immaginario. Complici sono stati senza dubbio i miei gusti musicali che mi hanno sempre portata a esplorare tutto ciò che di più oscuro e pesante mi capiti sotto mano. Sta di fatto che da quando ho all’incirca 17 anni ogni qualvolta si parla di Sabbath, incantesimi e maledizioni, e si tratta di vestirsi di nero da testa ai piedi – meglio se combinando teschi, inserti di pizzo e rossetti di colori che vanno dal viola al nero passando per il blu petrolio – mi sento intrinsecamente nel mio elemento. Così ho passato anni a fantasticare di assomigliare anche solo in parte a Doro Pesch quando si esibiva in “Burning the witches”, a Jinx Dawson che urlava nel microfono “Wicked woman, you go to hell!” e a Jess quando coi suoi Ancient Ones canta della sua “Twilight Witchcraft”.
Qualche anno fa ho iniziato a interessarmi seriamente di femminismo, e sono rimasta piacevolmente sorpresa nell’incontrare la figura della strega anche in questo ambiente. È quindi venuta spontanea la voglia di esplorare più a fondo il legame tra questi due mondi, e quando sono venuta a conoscenza dell’uscita di un libro intitolato “Witches, sluts, feminists” (K. J. Sollee, 2017) non ho potuto trattenermi dal divorarlo.
Le origini
Questo breve libretto offre un ricco spunto di riflessione sul ruolo delle donne e della sessualità femminile nel corso della storia, narrando come le persecuzioni ai danni delle cosiddette “streghe” a partire dall’epoca medievale siano nient’altro che l’espressione del potere del patriarcato. Per questo il movimento femminista ha rievocato l’immagine di queste donne oscure e perseguitate sin dagli inizi. La figura della strega è sempre stata fortemente associata alla sfera della sessualità, e la “caccia alla strega” quasi sempre coincideva con il tentativo di reprimere e demonizzare qualcosa che veniva percepito come pericoloso, tentatore e deviante rispetto all’integrità patriarcale. Le donne che venivano accusate di questo crimine, e processate, erano denunciate per via di una loro (spesso presupposta) vita erotica molto vivace, magari al di fuori del vincolo del matrimonio e del controllo maritale. La paura nei confronti del potere della sensualità femminile libera dal dominio maschile era così forte che spingeva a castigare la fonte di questa tentazione con la condanna a morte. Per questo le donne che subivano maggiormente le persecuzioni erano quelle sole, che vivevano senza un’autorità patriarcale. La caccia alle streghe era legata anche all’immaginario saffico: tutto ciò che riguardava il piacere sessuale femminile senza la presenza di un uomo (quindi anche l’autoerotismo) era considerato abominevole e pericoloso in quanto era in essere senza il dominio maschile. La paura che le donne potessero riappropriarsi della loro sessualità privando l’uomo di questo privilegio è uno dei principali motori ideologici delle persecuzioni che avvennero. Più che la magia, ciò che spaventava davvero era la fine del controllo e l’acquisizione dell’emancipazione. Da questa istanza iniziale di repressione la caccia alle streghe si estese a tutte coloro che per diversi motivi rappresentavano un’anomalia, una stranezza (per una particolarità fisica o caratteriale) o che appartenevano ad alcune categorie professionali considerate sospette – per esempio coloro che conoscevano le proprietà delle piante curative e officinali ma anche le levatrici, che si pensava custodissero il segreto dell’origine vita e della morte.
«If I’m a witch, I get power from being weird and from being hated by others. If I’m a witch, no one can tell me I’m wrong for being different. I’m telling them I’m different and I’m telling them that makes me strong»
Chi sono “le streghe” oggi
La repressione della sessualità femminile è un fenomeno che continua fino ai giorni d’oggi. La tesi centrale del libro è che gli stessi meccanismi di potere che portarono alla feroce caccia alle streghe nei secoli passati continuino ad agire al giorno d’oggi attraverso altre forme di “persecuzione” verbale o mediatica come lo slut shaming. In altre parole, per citare testualmente la Sollee, “La puttana è la strega del XXI secolo”. Entrambi questi vocaboli sono (ed erano) usati per denigrare e svilire una donna a causa della sua sessualità. È bene però sottolineare, come ripete più volte l’autrice, che la radice di questa oppressione non sono “gli uomini” bensì gli stereotipi di genere e una narrativa sessista che sono portati avanti da persone di qualunque genere (spesso sono proprio le donne le prime complici di una mentalità maschilista). Il fil rouge che collega secoli di storia apparentemente distanti è il doppio standard che porta a lodare gli uomini per le loro attività sessuali, e allo stesso tempo a punire le donne per lo stesso motivo. Oggi come un tempo il vestiario è usato come metro di giudizio per la moralità di una donna: se nei secoli passati una scollatura di troppo poteva costare l’essere sospettate di stregoneria, oggi la lunghezza della gonna viene usata come argomento per de-legittimare la gravità di uno stupro perché “vestita così te la sei cercata”. Allo stesso modo il giudizio morale a cui sono sottoposte le donne che oggi chiedono un accesso più facile agli anticoncezionali e si battono per una maggior libertà nella gestione dei diritti riproduttivi è il risultato di secoli di dis-informazione e demonizzazione di tutto ciò che riguarda il corpo e la sessualità femminile. Non a caso una delle iniziative di punta della seconda ondata del femminismo (tra gli anni ’60 e ’70) fu creare informazione sul funzionamento del corpo femminile, per promuovere in primis la cura della salute oltre che la valorizzazione della dimensione erotica. Ne è un esempio il libro “Our bodies, ourselves” nato quasi per caso da una pubblicazione DIY di un gruppo di attiviste di Boston e diventato un successo mondiale tradotto in 29 lingue.
Le streghe come simbolo di potere sovversivo
Per tutte le ragioni fin qui citate, quella della strega è una figura spesso evocata all’interno del moderno movimento femminista. “Strega” è infatti l’appellativo che da sempre viene usato per definire (spesso in tono anche dispregiativo) le donne coraggiose, aggressive, intelligenti, non conformiste, curiose, ribelli, libere sessualmente e rivoluzionarie. In breve le donne “pericolose” perché intenzionate a scardinare la tradizione patriarcale. Negli anni è divenuta celebre una dichiarazione di Pat Robertson, politico statunitense ultra-conservatore e fondatore della Christian Coalition, che negli anni ’80 si scagliò pubblicamente contro il movimento femminista accusandolo – testuali parole – di “Incoraggiare le donne a lasciare i loro mariti, uccidere i loro figli, praticare la stregoneria, distruggere il capitalismo e diventare lesbiche”.
Le streghe in quegli anni erano le femministe che si riunivano nei cosiddetti consciousness-raising groups. Ma perché davano così fastidio? Perché sfidavano la supremazia del potere patriarcale, incarnando una delle sue più grandi paure: un gruppo di donne riunite al di fuori della compagnia di un uomo con lo scopo di condividere paure, sogni e speranze, rinnegando quindi la narrativa che le vuole sempre nemiche in competizione. Se è vero che l’unione fa la forza, era questo senso di comunità e di sorellanza ad intimorire e creare scompiglio. Secondo Melissa Madara, una delle intervistate nel libro “È impossibile separare la mia pratica magica dal femminismo, in quanto sono meccanismi simili che derivano dal mio sistema di credenze. Per me la stregoneria e il femminismo hanno lo stesso scopo: la sovranità di sé. Penso sia per questo che storicamente la stregoneria è sempre stata una prerogativa delle donne e delle persone queer piuttosto che degli uomini: è un mezzo di ribellione contro le oppressioni, uno strumento per riavvalersi del potere perduto”
«Witch is used as a metaphor to encourage cultural blasphemy and subversion»
Nel 2018 “strega” viene ancora usato come termine denigratorio per denominare le donne percepite come una minaccia allo status quo. Hillary Clinton per esempio è stata ripetutamente chiamata “witch” e “nasty woman” durante l’ultima campagna elettorale statunitense. Tuttavia negli ultimi anni si è vista una forte azione di riappropriazione del termine all’interno dello stesso movimento femminista volta a riprendersi con orgoglio il simbolo della strega in quanto donna sovversiva e ribelle che lotta contro il patriarcato, rinnegando l’accezione negativa della parola. Nei Pride e nelle marce in favore dell’uguaglianza di tutto il mondo non è difficile scovare cartelloni e magliette che recitano slogan come “We are the granddaughters of the witches you failed to burn” o “Brujas against racism, sexismableism, transphobia, homophobia and billionaires with shitty grammar”. Perché si sa, combattere le discriminazioni e il patriarcato è un duro lavoro, e avere qualche incantesimo dalla propria parte può far sempre comodo.
FONTI
Our Bodies, Ourselves
“Witches, sluts, feminists. Conjuring the sex positive” di Kristen J. Sollée (2017)
www.witchesslutsfeminists.com