Articolo di Carlo Marconi
Dopo aver visto Tom of Finland si ha una gran voglia di andare a comprare un paio di pantaloni di pelle attillati e un giubbotto da motociclista. La vera fortuna è possedere ancora quel minimo di amor proprio che ci impedisca di farlo.
Diretta dal regista Dome Karukoski ed inserita fra le proiezioni in occasione del centenario dell’indipendenza finlandese, la pellicola racconta la storia del disegnatore Touko Laaksonen, conosciuto dal grande pubblico con lo pseudonimo “Tom of Finland”, autore di vignette erotiche destinate ad influenzare in maniera irreversibile l’immaginario collettivo del mondo omosessuale.
I fotogrammi iniziali si aprono con la più tipica delle scene scandinave: un gruppo di giovani soldati intenti a fare il bagno nelle gelide acque di un qualche lago nordico mentre il nostro Touko, interpretato nel film dall’attore Pekka Strang, getta sguardi di interesse ai corpi prestanti dei compagni. Una scena banale, a primo avviso, che d’istinto ci porterebbe a pensare che la progressista Finlandia debba aver accolto l’omosessualità con favore fin dalla notte dei tempi.
Nulla di più sbagliato. Ci troviamo infatti agli albori della Seconda Guerra Mondiale, in un clima che unisce al freddo pungente della taiga la tensione dei conflitti imminenti.
Touko, un giovane come tanti del suo tempo, si ritrova catapultato dalla realtà di un tranquillo paesino di provincia a quella degli scontri con l’Unione Sovietica, vivendo in prima persona l’orrore di dover uccidere un nemico che altri hanno indicato come tale.
Quando torna dal fronte è un uomo scosso, silenziosamente turbato dalla guerra e dalla perdita del compagno, confinato in una quotidianità da spartire con una sorella che lo adora pur non approvandone l’orientamento sessuale.
È qui che le immagini evocate sulla carta da disegno emergono in tutto il loro potere salvifico. Touko disegna vignette che demoliscono a colpi di matita, destrutturando la realtà, deformandola laddove questa sia troppo dolorosa da accettare. Ed ecco allora che i poliziotti armati di manganello per pestare gli omosessuali nei parchi pubblici diventano protagonisti di quella promiscuità così duramente condannata, caricature di sé stessi nelle loro uniformi troppo aderenti.
L’ironia sembra essere l’unica arma da opporre ad un mondo di violenza in cui non è possibile venire allo scoperto.
È ancora lontana l’idea dell’impegno sociale, di un modo di farsi giustizia che passi attraverso la satira, e i personaggi che popolano l’universo di Laaksonen non sono che modelli per un’estetica fine a se stessa o esercizi di stile per giornaletti pornografici.
Sarà il compagno Veli – nel film, Lauri Tilkanen – a convincerlo del compito a cui è chiamato:
«Fai in modo che tutti sappiano che esistiamo.»
Una richiesta che è insieme una preghiera e un imperativo morale e che travolge Touko in tutta la sua urgenza. Da qui la scelta di firmarsi come Tom of Finland, producendo vignette che ben presto si diffonderanno nei club di Berlino fino ad approdare nei liberalissimi Stati Uniti, mentre sullo schermo la penombra dei ritrovi clandestini cede il posto allo splendore accecante del sole californiano e la stoffa rigida delle uniformi militari si trasforma in costumi da bagno multicolori troppo stretti per coprire davvero.
La terra natale, con i suoi silenzi e le sue violente repressioni, è al di là dell’Oceano; davanti a sé Tom ha un paese di omosessuali che fanno il tifo per lui.
Perché se da un lato la rivoluzione di Tom of Finland consiste nell’aver fatto dell’ironia un antidoto da opporre all’omofobia dilagante nell’Europa della seconda metà del Novecento, dall’altro c’è l’aver creato uno scenario completamente nuovo nella cultura omosessuale del XX secolo.
Non più ingabbiati dietro lo stereotipo di isterici dalle movenze effeminate, i gay diventano finalmente uomini dai muscoli scolpiti, virili nelle loro uniformi di pelle attillata che tanto hanno ispirato gli artisti degli anni a venire – uno su tutti Robert Mapplethorpe – e che ancora oggi, nell’immaginario collettivo, restano indissolubilmente accostati al mondo omosessuale.
Appassionato ma senza scadere nel patetico, ironico senza risultare superficiale, Tom of Finland racconta la storia di questa rivoluzione, in un viaggio che ci accompagna dagli anni della repressione fino a quelli della liberazione sessuale, senza nascondere il terribile esordio dell’epidemia di Aids negli USA, posandosi sulle cose con uno sguardo sempre delicato e mai impersonale.
«Abbiamo creato un club di motociclisti senza le moto»
In una frase, Tom of Finland è tutto qui.