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Un giorno per ricordare: storia e risonanza del Transgender Day of Remembrance

Un giorno per ricordare: storia e risonanza del Transgender Day of Remembrance

Anche questo 20 novembre, per la diciannovesima volta nella storia del movimento LGBT+, si celebra il Transgender Day of Remembrance (Giornata della Memoria Transgender) o TDOR, la cui risonanza in tutto il mondo va aumentando (fortunatamente) anno dopo anno.

Fondato da Gwendolyn Smith nel 1999, il TDOR nasce in seguito a un omicidio e a una serie di processi socioculturali attuati che durante quegli anni – così come oggi – seguì il filo conduttore della transfobia.

La storia del TDOR, come la stessa fondatrice ricorda in vari articoli di giornale, ha infatti mosso i primissimi passi nel 1998, l’anno della morte di Rita Hester, donna transgender amica della Smith e vittima di omicidio.

Gwendolyn Smith

Transgender Day of Remembrance: la storia

Stando ai racconti di Gwendolyn Smith, il TDOR è figlio di una notte del 1998 ed è stato partorito da più menti, tutte accomunate dal dolore per la morte di Rita Hester.

Nata nel 1963, Rita Hester era una donna di colore transgender, membro attivo della sua comunità nonché fiera della sua transessualità. Il 28 Novembre 1998, però, Rita ha incontrato la morte per accoltellamento nel suo appartamento a Boston, nel Massachusetts. Colpevole semplicemente di essere se stessa (e se ancora nel 2017 il mix di “donna”, “di colore” e “transgender” porta a omicidi, figuratevi nel 1998), Rita Hester si è ritrovata suo malgrado a essere una delle ultime donne transgender vittime di omicidio durante quegli anni, in un’ondata di transfobia senza precedenti i cui risvolti non hanno però lasciato indifferente né la comunità afroamericana, né quella transgender dell’epoca.

Allo stesso tempo, riunitasi nel dolore con i propri amici, Gwendolyn Smith tesseva le fila di tutta quella rabbia e malcontento, ascoltando le paure sia di chi conosceva Rita, sia di chi una violenza simile, in casa propria o altrove, la stava vivendo sulla propria pelle. Presto il volto di Rita si è quindi inevitabilmente sovrapposto a quello di Chanelle Pickett, uccisa a coltellate pochi anni prima, così come a quello di Brandon Teena, Gwen Araujo e Marsha P. Johnson, mostrando a chiare lettere un’unica analogia: l’essere transgender.

Dal film “The Brandon Teena Story”

Questi volti, così come quelli di tutte le persone transgender e transessuali che hanno incontrato una simile morte negli anni successivi (qui ad esempio c’è una lista del 2015), erano stati chiaramente segnati da un movimento preciso, nato da un odio e una violenza specifici la cui linfa vitale è la transfobia.

“Crimine d’odio”, per Gwendolyn Smith, non era più quindi una dicitura valida per descrivere tutte quelle morti. Nemmeno “commemorazione delle vittime dell’odio” era la via legittima per ricordarle, perché Rita Hester, così come tutte le altre persone uccise prima di lei, era stata specificatamente accoltellata in quanto donna transgender. Ed essere transgender non è una colpa né uno sbaglio, mai.

Forte di una nuova consapevolezza, stanca di tutte quelle morti e decisa a proteggere i vivi, Gwendolyn Smith decise quindi di indire una fiaccolata in onore di Rita e di tutte quelle persone uccise barbaramente a causa della loro transessualità. Così facendo, ha posto la “T” dell’acronimo LGBT+ finalmente al centro dell’attenzione,  scalfendo nero su bianco la causa di tutti quei crimini: la transfobia.

Scott Olson/Getty Images News/Getty Images

Quasi vent’anni dopo, nonostante l’assassinio di Rita Hester rimanga ancora irrisolto, quella fiaccolata non ha mai smesso d’illuminare la via di chi necessita luce sul tema della transfobia, dando forza a un movimento vittima di una violenza di genere fortissima e, non poi così indirettamente, infondendo coraggio ai vivi.   

TDOR, memoria e consapevolezza

Ritornando un attimo a Rita Hester, è bene sottolineare nuovamente il motivo per cui questa donna sia stata uccisa: la transessualità. La transessualità di Rita era, come abbiamo detto prima, aperta e fiera, di aiuto a chiunque fosse in procinto di compiere un cammino verso la transizione. Come spesso accade, questo tipo di fierezza è maggiormente colpito da chi non tollera la felicità altrui, soprattutto se questa abbatte (in)direttamente i canoni eteronormati e patriarcali.

Ricordare la ragione dietro alla morte di Rita Hester, così come quella di altre persone transgender e transessuali, è la chiave giusta per celebrare ogni TDOR.

Lo scopo del TDOR è quello di rendere consapevole chiunque, transgender o meno, del motivo per cui uno specifico gruppo di persone venga ucciso e, quando non portato alla morte, incontri difficoltà a trovare lavoro, una casa o gli sia persino difficile vivere serenamente la propria adolescenza in casa propria, vicino a familiari che siano di aiuto e supporto (e a tal proposito lascerei che a parlare sia, ancora una volta, Leelah).

Il motivo è infatti uno ed è la transfobia.

L’unico modo per debellarla è parlare, istruire quante più persone possibili sul tema della transessualità e commemorare chiunque sia stato ucciso nel suo nome.

Consapevolezza è memoria, e la memoria è la via verso la parità. Il TDOR, quindi, è un giorno di silenzio che parla per un anno intero.

Un giorno per commemorare, altri 364 per combattere

Come tutte le giornate commemorative, anche il TDOR ha un fine ben più duraturo delle canoniche ventiquattr’ore celebrative e, soprattutto, è molto combattivo. Sebbene si tratti di una sola giornata, chiunque dedichi il 20 novembre a ricordare le vittime di transfobia si impegna, implicitamente, a dedicare tutto il resto dell’anno alla lotta per la consapevolezza transessuale, con l’intento di arrivare finalmente, un giorno, a non dover più commemorare nessuna persona transessuale uccisa a causa di quest’odio insensato e deleterio. Il ricordo è e sarà sempre anche per i vivi, affinché rimangano tali e possano vivere serenamente nella piena consapevolezza di sé e nella piena autodeterminazione del proprio essere.

«This day we mourn our losses and we honor our precious dead — tomorrow and every other day, we shall continue to fight for the living.»

– Gwendolyn Ann Smith, Huffington Post, 2012.

(«Oggi è una giornata di lutto e onoriamo le morti di persone di grande valore. Domani, così come ogni altro giorno, continueremo a lottare in nome dei vivi.»)


Alcune letture consigliate (fateci sapere le vostre!):

– Susan Stryker, Transgender History, Seal Press (purtroppo non ancora tradotto in italiano);

– Bornstein Kate, Bergman S. Bear, Gender Outlaws: The Next Generation, Seal Press (anche questo non tradotto).

– Leslie Feinberg, Trans Liberation: Beyond Pink or Blue, Beacon Press, (l’unica opera di Feinberg tradotta in italiano è Stone Butch Blues, classico della letteratura LGBT+).

See Also

– Diana Nardacchione, Transessualità e transgender. Superando il pregiudizio, Il Dito e la Luna.

– Gabriella Romano, Il mio nome è Lucy, Donzelli editore.

– Laura Erickson-Schroth, Trans Bodies, Trans Selves: A Resource for the Transgender Community, Oxford University Press.

– Laura Jane Grace, Tranny: Confessions of Punk Rock’s Most Infamous Anarchist Sellout, Hachette Book Group.

Noi di Bossy abbiamo parlato di transgender, trans* e transessualità anche qui:

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