La NetzDG (legge per il miglioramento dell’applicazione della regolamentazione sui social network, NdT) ha lo scopo di combattere l’hate speech sui social media. Il mondo femminista l’ha criticata fin dall’inizio. È tempo di fare il punto della situazione.
Il 19 febbraio 2020 il Governo federale tedesco ha approvato il disegno di legge volto a combattere estremismo di destra e crimini d’odio, la prima di due bozze che prevedono modifiche alla NetzDG. Il pacchetto di emendamenti pianificato è considerato una reazione all’attentato di Halle, all’omicidio di Walter Lübcke, all’aumento della violenza estremista di destra in Germania, ma anche all’abbrutimento del linguaggio sui social media. La Ministra federale tedesca della giustizia, Christine Lambrecht, spiega:
“Chi incita e minaccia sulla rete verrà perseguito più duramente e più efficacemente in futuro. I reati motivati dall’odio sono finalmente destinati a finire nel luogo che spetta loro: in tribunale. L’odio colpisce ebrei, musulmani, rifugiati e, con particolare frequenza, le donne, spingendosi fino a ripugnanti minacce di stupro. Razzismo e odio nei confronti delle donne convivono spesso negli agitatori.”
Ovviamente, in linea di principio, non vi è nulla di sbagliato nell’agire contro la violenza di destra e i crimini d’odio. Su questo punto convengono anche le voci critiche. Un altro aspetto positivo è che lo stretto legame tra estremismo di destra, misoginia e anti-femminismo sta ottenendo un crescente riconoscimento nel dibattito sui crimini d’odio.
Eppure la NetzDG ha suscitato controversie fin dall’inizio, anche da una prospettiva femminista. E controverso è anche il disegno di legge approvato. Espert* provenienti dal mondo della società civile e dell’economia reputano discutibile l’inasprimento delle regole pianificato. I punti critici sono soprattutto il rinnovato ampliamento dell’esternalizzazione della valutazione giuridica sui social media, il previsto trasferimento di dati alla Polizia Criminale Federale tedesca e, conseguentemente, una potenziale banca dati di sospetti da parte delle forze di polizia.
La violenza digitale contro le donne viene presa sul serio?
Se confrontiamo il disegno di legge approvato del Governo federale tedesco con il progetto di legge del dicembre 2019, emerge un’integrazione centrale dal punto di vista femminista. Le circostanze di minaccia ai sensi del § 241 del Codice Penale tedesco saranno estese in modo tale che, in futuro, minacce seguite da atti a carattere sessuale lesivi dell’autodeterminazione verranno esplicitamente contemplate.
Ciò è importante, da un lato, perché quella delle minacce è una delle circostanze in cui si applica la NetzDG ai sensi del § 241 del Codice Penale tedesco. D’altro canto, però, anche perché gran parte della violenza digitale contro le donne assume la forma di minacce e, per esempio, le minacce di stupro sono state finora difficili da individuare ai sensi del diritto penale.
Questo vuol dire che nella bozza del Governo è stato inserito un importante punto di critica proveniente dalle prese di posizione e dal dibattito in seno all’ambiente femminista.
Tuttavia, il riconoscimento della violenza digitale contro le donne appena encomiato non trova un riscontro coerente nel disegno di legge. Per quanto riguarda lo stalking (§ 238 del Codice Penale tedesco), un altro reato centrale in materia di violenza digitale contro le donne, esso non rientra ancora nell’ambito di applicazione della NetzDG.
Inoltre, accanto a moventi razzisti e xenofobi, saranno ora esplicitamente menzionati come fattori aggravanti anche i moventi di natura antisemita (§ 46, comma 2 del Codice Penale tedesco). Fin qui tutto bene. Tuttavia, un po’ meno bene per il fatto che la misoginia continuerà a essere considerata un “altro movente disumano”.
Che il genere rientri nella stessa categoria dell’orientamento o dell’identità sessuale, della disabilità, della religione o dell’etnia viene riconosciuto nella relazione introduttiva, ma è un fattore che continua a non essere preso in considerazione nel testo di legge. Di conseguenza la misoginia, la transfobia e l’omofobia, così come l’islamofobia, rimangono motivi di violenza invisibili nel processo di condanna. Ciò significa, a sua volta, che le dimensioni intersezionali della violenza digitale continuano a essere particolarmente difficili da cogliere.
La violenza digitale contro le donne viene quindi sì presa maggiormente sul serio, ma non ancora in modo coerente e soprattutto non nella sua forma frequentemente intersezionale.
Dalla quotidianità femminista della NetzDG
E come procede la quotidianità a partire dall’introduzione della NetzDG? Come già temuto in precedenza, non sono preda della legge solo l’hate speech e la violenza digitale. Le “shitstorm” si trasformano rapidamente in tempeste di cancellazioni quando gli eserciti dei troll di estrema destra mobilitano la NetzDG come tattica contro contenuti femministi e di sinistra. Nella speranza di bandire dalla discussione i relativi account, si è invitat* in massa a segnalare i contenuti indesiderati.
La critica femminista intersezionale e la satira sull’immigrazione figurano qui tra i casi di studio. @apolitAsh e @zugezogenovic, utenti di Twitter, raccontavano nel giugno 2018 le modalità di organizzazione attiva contro i loro contenuti da parte della bolla di destra. Con più di 20 notifiche a sfondo NetzDG al giorno, il blocco degli account era purtroppo solo una questione di tempo. Questo perché, sebbene i tweet segnalati non siano rilevanti ai sensi del diritto penale, le piattaforme preferiscono cancellarli a titolo precauzionale (overblocking) sulla base delle loro norme della community.
Anche gli account summenzionati sono stati bloccati nel frattempo. Ciò che hanno constatato a sei mesi dall’introduzione della NetzDG è probabilmente ancora valido:
“Vi sono utenti che si vantano di essersi finalmente liberat* di noi, perché dal canto loro avremmo diffuso idee di odio contro gli uomini e di razzismo contro il popolo tedesco. Il fatto che la “denigrazione” dei “crucchi” venga giudicata come odio dimostra che la NetzDG non prende in considerazione le strutture di potere.”
Il progetto di legge non ancora approvato per la modifica della NetzDG prevede l’istituzione di una procedura di “put back” (ufficialmente una procedura di rettifica) per aiutare le persone interessate a difendersi da cancellazioni e blocchi ingiustificati. Resta da vedere se ciò porrà effettivamente un rimedio a tali casi.
Obbligo di denuncia contro consenso?
E in conclusione, ma non per questo di minore importanza, un paio di parole sul già citato obbligo di denuncia. Secondo il disegno di legge, i social media saranno obbligati a riportare direttamente alla Polizia Criminale Federale tedesca. Tale obbligo di denuncia riguarda la maggior parte dei reati pertinenti alla NetzDG, a condizione che siano disponibili “indizi concreti”.
In questa sede non discuteremo di quanto ciò sia fondamentalmente controverso. Viene già spiegato, per esempio, qui, qui o qui. Tuttavia, la violenza sessualizzata online, in special modo, apporta una dimensione che non è stata praticamente mai discussa in termini di obbligo di denuncia: che cosa significa questo per le persone interessate?
Indipendentemente dal fatto che siano state loro stesse o terzi a segnalare un contenuto, chi gestisce una piattaforma può essere obbligato a fare una segnalazione alla Polizia Criminale Federale tedesca. Che si tratti di qualcosa di auspicabile o meno, non desidero esprimere una valutazione generale. Ma le segnalazioni automatiche alla polizia hanno poco a che fare con l’autodeterminazione e il consenso. E proprio questi valori sono particolarmente importanti sia dal punto di vista delle persone interessate, sia nella tutela delle vittime di violenza sessuale. La decisione di recarsi o meno alla polizia è spesso complessa e del tutto personale. Il processo decisionale comporta molte considerazioni che vanno al di là del desiderio della società di assicurare alla giustizia un numero di colpevoli maggiore.
Per esempio, le persone interessate riferiscono ripetutamente di non essere prese sul serio dalla polizia e dai tribunali, che la loro credibilità è messa in discussione, che gli accadimenti vengono sminuiti. Anche i gruppi emarginati vengono colpiti in maniera sproporzionata dalle molestie sessuali online, ma spesso si trovano ad avere sentimenti molto contrastanti nel rivolgersi alle autorità. Rivestono un ruolo importante anche i fattori individuali, quali la capacità emotiva e psicologica delle persone interessate di affrontare la giustizia o il desiderio effettivo di un’azione penale nel singolo caso.
Una maggiore persecuzione penale delle molestie online e della violenza digitale contro le donne è sì auspicabile, ma non a spese dell’autodeterminazione e del consenso delle persone interessate.
Fonte
Magazine: Gunda-Werner-Institut
Articolo: Digitale Gewalt an Frauen: was kann das NetzDG?
Autrice: Nicole Shephard
Data: 3 marzo 2020
Traduzione a cura di: Grazia Polizzi
Immagine di copertina: dole777