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Wynonna Earp, esempio di fandom non tossico
Dark Light

Wynonna Earp, esempio di fandom non tossico

Articolo di Attilio Palmieri

Quando si parla di fan e di comunità legata e uno stesso universo narrativo, sempre più spesso si fa riferimento ad ambienti in cui non è gradevole stare, spazi virtuali abitabili con tranquillità solo da alcunə, ma da tante altre persone temuti ogni giorno di più. Essere profondamente appassionati di una storia o di un mondo finzionale è qualcosa di molto intimo che può dar luogo ad amori viscerali, e farlo insieme ad altre persone è potenzialmente in grado di sprigionare energie di incalcolabile intensità, mettere in moto consapevolezze fino a quel momento inedite e allo stesso tempo creare comunità molto affezionate e legate.

Tuttavia, come abbiamo imparato a notare grazie al coraggio di tante persone che hanno denunciato comportamenti prevaricatori, le comunità di fan sono spesso il luogo di abusi, discriminazioni, aggressioni grandi e piccole, forme di gatekeeping – e in generale rappresentano spazi che in teoria dovrebbero essere democratici ma che in realtà lo sono molto poco.

A rompere la continuità che ha visto avvicendarsi fandom sempre più tossici ci sono ə Earpers, ovvero ə fan della serie televisiva Wynonna Earp, che negli Stati Uniti va in onda su Syfy mentre in Italia l’uscita su Netflix è stata più volte paventata ma mai concretizzata. Si tratta di una serie che unisce fantascienza, fumetto, western e soprannaturale, mettendo insieme dramma e commedia grazie alla sensibilità unica della sua autrice, Emily Andras.

Siamo in un paesino immaginario della provincia americana in cui vive Wynonna, l’erede del leggendario eroe del West Wyatt Earp, assediata da una serie di demoni alcuni dei quali legati al mondo del suo antenato. Con lei ci sono diversi personaggi che nel corso della serie assumono grande centralità, figure molto ben costruite come Doc Holliday (storico buddy di Wyatt, poi diventato un vampiro), la sorella Waverly e la sua partner Nicole.

La serie ha col tempo raccolto un affetto sempre più fedele e incondizionato, grazie soprattutto a una prospettiva narrativa femminista e intersezionale, a uno spirito spiccatamente queer e a uno stile che fa seguire citazioni su citazioni alla velocità della luce. A dirlo così sembrerebbe scontato, ma non lo è affatto, perché il fandom di Wynonna Earp, così accogliente ed estraneo alle forme più tipiche di tossicità delle community da divenire una vera e propria eccezione, un panda in un mondo che purtroppo non brilla per rispetto e accoglienza, uno spazio che si è costruito e sviluppato a partire proprio dall’amore reciproco di chi lo abita.

Non solo, ə Earpers conoscendosi e facendo rete tra loro sono diventatə una vera e propria armata, social justice warrior prontə ad andare in soccorso di chi è più debole e a mettersi a disposizione delle persone appartenenti a categorie marginalizzate, rendendosi protagonistə di tante azioni concrete non solo on line ma anche nella vita reale.

C’è infatti un filo diretto che collega la passione che porta tante persone a seguire la serie dappertutto e una serie di proposte e interventi che si pongono in diretta coerenza con alcune tematiche dello show, come il supporto alla comunità LGBTQIA+ e la lotta a favore della libera circolazione delle persone e contro chi vuole mettere con la forza rigidi confini.

È impossibile fare questo discorso senza citare alcuni casi celebri di fandom tossici, di persone realmente messe ai margini, aggredite e bullizzate, perseguitate sia on line che nella vita reale.

Uno degli esempi più ricorrenti è quello di Star Wars, probabilmente il franchise con il fandom più grande del mondo. Purtroppo, nonostante l’enorme affetto globale che circonda l’universo narrativo creato da George Lucas, non sono pochi i casi di aggressioni da parte di fan, non soltanto riguardo a loro pari, ma anche nei confronti delle star. Impossibile per esempio dimenticare le aggressioni razziste subite da Kelly Marie che l’hanno costretta a lasciare Instagram, così come è capitato anche qualche anno prima alla protagonista Daisy Ridley per il solo fatto di aver preso una posizione pubblica contro il possesso di armi, o ancora quello che ha dovuto subire Ahmed Best, l’attore che interpreta Jar Jar Binks, il quale ha rivelato che dopo il pesantissimo backlash di La minaccia fantasma le cattiverie ricevute sono state così tante che l’hanno quasi spinto al suicidio.

Un caso altrettanto celebre è quello di Anna Gunn, attrice che pur avendo vinto l’Emmy per il personaggio di Skyler White ha subito attacchi di rara violenza, che a un certo punto ha sentito di dover denunciare scrivendo un bellissimo editoriale sul New York Times. Il fandom di Breaking Bad ha iniziato ben presto a odiare Skyler perché, benché quest’ultima fosse un personaggio complesso e ricco di sfumature, sotto certi aspetti rappresentava anche la bussola morale dello show e quindi in qualche modo l’argine alla discesa agli Inferi del protagonista. La serie però ha costruito il percorso dell’antieroe interpretato da Bryan Cranston come una sorta di autodeterminazione tesa verso il Male, rendendo seducente la sua progressiva perdita di moralità e portando quindi ə fan a vedere come un ostacolo qualsiasi cosa o persona si mettesse su questa strada. Gunn ha raccontato di aver avuto minacce di morte, di essere terrorizzata per la sua incolumità e di non capire come mai a chi interpreta un personaggio del genere possano capitare cose di questo tipo, alludendo anche al fatto che forse qualcosa nella progettazione di Skyler non è andata per il verso giusto.

Rapporti di forza così tossici e aggressivi esistono anche perché il fandom di Breaking Bad è basato su una venerazione quasi acritica del personaggio principale. Al contrario, l’universo narrativo attorno al quale si raccolgono ə appassionatə di Wynonna Earp poggia sull’idea che gentilezza e accettazione vengono prima di ogni cosa e che un fandom è prima di tutto un safe space per chi nella vita di tutti i giorni fa esperienza di oppressioni e marginalizzazioni costanti.

L’inclusività è un elemento fondamentale, che distanzia la serie da quei fandom in cui imperversano bullismo e snobismo: per esempio questo accade nella community di Doctor Who, dove spesso capita che maschi bianchi etero di mezza età facciano da gatekeeper a chi ha solo l’interesse di condividere passione ed entusiasmo con altre persone e trattino dall’alto in basso soprattutto le donne, le quali vengono sottoposte a interrogatori sfiancanti mirati a delegittimare la loro passione mettendo in evidenza le “falle” nella loro conoscenza dell’universo narrativo di riferimento.

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Nel descrivere il fandom di Wynonna Earp, l’autrice dello show Emily Andras ha usato queste parole: “fanno un sacco di cose giuste, sono gentilissimə con ə nuovə arrivatə e celebrano le fan art, le opinioni, gli scherzi e le fan fiction l’unə dell’altrə. Fanno tanta di beneficenza in nome della serie e sono anche bellissimə.” Jacinta Yanders, dottoranda della Ohio State University, ha scritto un saggio accademico proprio sul fandom di Wynonna Earp, attribuendo molti meriti a Andras e definendola una “selfaware showrunner” grazie soprattutto alla sua capacità di comunicare con il pubblico attraverso i social ma prima di tutto tramite la scrittura della serie, bilanciando così le necessità narrative dello show con i desideri del fandom.

A questo proposito è importante ricordare che Wynonna Earp oltre un anno e mezzo fa era stata cancellata per la prima volta, o meglio, messa in pausa per questioni economiche senza avvertire né l’autrice Emily Andras né il resto della crew. Si temeva la chiusura definitiva dello show e forse era proprio questo uno degli obiettivi degli investitori, ma i vertici della produzione non avevano fatto i conti con il fandom della serie, una comunità battagliera, affezionatissima, capace di grandi mobilitazioni ed estremamente fedele. Quando la showrunner e creatrice della serie ha chiamato tuttə raccolta con un tweet che diceva proprio “Don’t fuck with my family” e si è scatenato un movimento sotto l’hashtag #FightForWynonna che ha dimostrato una concretezza e una forza grassroots quasi senza precedenti.

Tra l’altro in quel periodo era stata cancellata anche One Day at a Time e i due movimenti si sono alleati all’insegna dell’intersezionalità, animati dalle due autrici, Emily Andras e Gloria Calderon Kellett che hanno partecipato attivamente tutti i giorni. Come in tutte le favole il finale non poteva che essere lieto e infatti le due serie sono state riportate in vita sull’onda di un entusiasmo e una produzione di contenuti dal basso impressionanti. Purtroppo a febbraio è stata annunciata la cancellazione di Wynonna Earp, che terminerà con la quarta stagione, la cui seconda parte andrà in onda a brevissimo. Ma sapere che si è fatto tutto il possibile (e che si è già compiuto una volta un miracolo) è un traguardo che si pensava inimmaginabile – e non si smette di sperare.

Va detto che se da una parte abbiamo fandom particolarmente tossici animati prevalentemente da maschi bianchi etero, la comunità di Wynonna Earp è fortemente connotata in chiave queer e alimentata da un’autrice particolarmente attenta a non tradire la fiducia e l’affetto delle sue fan. Negli anni, infatti, la coppia formata da Waverly Earp e Nicole Haught, ribattezzata dal pubblico “WayHaught”, è diventata uno dei motori principali dello show e anche per questo si temeva l’ennesima caduta nel bury your gays trope, ovvero la tendenza a uccidere i personaggi LGBTQIA+. Su questo Andras ha sempre offerto tantissime garanzie sul piano narrativo, magari togliendo allo show un po’ di imprevedibilità ma tenendo così in considerazione l’amore viscerale del pubblico per quella che a tutti gli effetti è una delle rappresentazioni dell’amore lesbico meglio realizzate di sempre.

Costruire un fandom spiccatamente queer e dargli ciò che così spesso la tv gli nega ha significato avere una comunità affettuosa e partecipativa, che ha già una volta salvato la serie dalla cancellazione grazie a una mobilitazione senza precedenti fatta di campagne su Twitter, Facebook e Instagram, di cartelloni a Times Square, fan art di ogni genere e in generale una costanza che avrebbe sfiancato chiunque e che non poteva che essere premiata. E chissà non possa esserlo ancora.

 

View Comments (2)
  • breaking bad non è sessista, la sceneggiatura di breaking bad non ha colpe per il comportamento sbagliato di alcuni fan. se c’è da far morire un personaggio etero o gay che sia lo si fa morire, non vedo perchè uno sceneggiatore dovrebbe coccolare i fan. i fan non sanno come si scrive una sceneggiatura

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