Il 2023 è stato costellato di uscite di contenuti queer, da Heartstopper, passando per Good Omens e arrivando a Red,White & Royal Blue.
La sempre maggiore varietà e visibilità di contenuti apertamente queer è ovviamente un dato positivo, ma non sempre è stato così.
Storicamente, la comunità LGBTQAI+ è stata non solo discriminata, ma anche silenziata e invisibilizzata. Quando finalmente i primi contenuti queer sono apparsi, spesso erano pensati da e per un pubblico esterno alla comunità, con narrazioni non di rado infelici.
Negli ultimi decenni, sebbene ancora non si arrivi ad una visibilità e ad una rappresentazione giuste, eque e trasversali, il quadro sta migliorando, almeno numericamente. Si riscontra infatti un aumento di contenuti queer che non lo sono effettivamente, ma solo di facciata. In sintesi, usando e levando nuovamente potere alla comunità, appropriandosi della loro narrativa, delle loro parole e dei loro strumenti senza ridare nulla indietro.
È necessario introdurre due concetti importanti ed imparare a differenziarli, per comprendere a pieno l’importanza di una giusta rappresentazione..
Si parla di queerbaiting quando ci si trova di fronte ad un prodotto – televisivo, letterario, cinematografico o musicale – che sfrutta deliberatamente personaggi o elementi della cultura queer per profitto e visibilità.
Ben diverso è invece il queer subtex, alle volte chiamato anche homosexual subtex.
Una caratteristica del queer subtext, però, è che spesso le sue dinamiche sono più evidenti a coloro che già fanno parte della comunità, passando inosservate in un contesto eterocisnormato. Ci si può avvalere, alle volte, dell’uso di stereotipi ma non in senso negativo, generalmente per motivi di riconoscimento e praticità.
Alcuni famosissimi show quali Merlin, Supernatural e Sherlock della BBC sono esempi lampanti di queerbaiting.
Prendiamo alcune scene e scelte narrative di Sherlock: durante l’intera serie, Sherlock Holmes e John Watson non solo vengono costantemente scambiati per una coppia, ma condividono momenti e scambi stereotipicamente romantici e queer-coded (cioè inquadrati in un contesto queer senza esplicitarlo).
Già nella prima puntata troviamo i due a cena in un ristorante italiano, dove vengono appunto trattati da coppia. John domanda a Sherlock se abbia una fidanzata… o un fidanzato. Sherlock risponde di essere consapevole del fatto che non ci sia nulla di male, ma prende la curiosità dell’altro per un’avance che si sente, al momento, di rifiutare. In ogni puntata, ritornano scene con violini, luci o inquadrature spesso riservate a coppie romantiche. Non mancano scambi tra i due ricchi di doppi sensi e con carica erotica. Anche una volta che John si sposa, non mancano dinamiche del genere tra i due, rendendo sempre loro la vera coppia della storia. L’elemento queer attira troppe persone e troppo successo per lasciarlo andare. Peccato che il tutto si concluda in un nulla di fatto.
Serie che invece presentano dinamiche, coppie o elementi queer senza tradirle ma anzi, dando loro vita e visibilità, sono, ad esempio, Hannibal e Good Omens.
Nel primo caso, i due protagonisti, Hannibal e Will Graham, non risparmiano di esternare le proprie emozioni ed intenzioni. Non mancano scene romantiche. In una scena agli Uffizi, davanti a La Primavera di Botticelli, Hannibal dice a Will “if I saw you everyday, forever Will, I would remember this time” ( se ti vedessi ogni giorno, per sempre Will, mi ricorderei di questo momento). Poco dopo, Will, afferma che la propria vita si divida in prima e dopo di Hannibal. In altre occasioni, Will trova disegni erotici e romantici che lo rappresentano fatti da Hannibal; in una scena con la propria terapista, quest’ultimo ammette di amare Will e, nell’ultima puntata, sebbene non ci sia un bacio (ma si vocifera sia stato girato) la natura della loro relazione è chiara. Da notare come in Hannibal sia anche presente una coppia saffica, cosa degna di nota poiché ancora iporappresentate rispetto a coppie maschili.
Passando a Good Omens, non solo troviamo un’eccelsa rappresentazione queer nel senso più ampio (da donne lesbiche a persone non binarie – tutto mai in chiave esclusivamente bianca o abilista), ma è ricco di elementi queer-coded.
Sebbene l’interesse romantico tra i due protagonisti, l’angelo Aziraphale interpretato da Michael Sheen e il demone Crowley interpretato da David Tennant, sia palese tanto nel libro quanto nella prima stagione, nella seconda ne troviamo la conferma esplicita. Dall’avere una canzone personale, andare sempre a cena al Ritz, le carezze e accortezze che hanno l’uno per l’altro e, anche in questo caso, frasi erotiche e romantiche, tutto conduce verso quella conclusione.
Ciò che è importante notare è come tanto per Hannibal quanto per Good Omens scrittori e attori siano persone che non hanno mai fatto mancare il proprio supporto diretto e chiaro alla comunità.
Nel caso, ad esempio, di Sherlock, invece, ogni teoria e speculazione dei fan viene alla fine bellamente smontata.
Questa è esattamente la vera differenza tra un prodotto del queerbaiting ed uno effettivamente queer. Il rispetto e l’onestà intellettuale che c’è dietro.
Le dinamiche interne – o più comuni – alla comunità queer non vengono prese e spremute fino all’ultima goccia per una grande presa in giro tattica, conoscendone l’appeal ma rigettandone le conseguenze. Si dà vita e visibilità a realtà e meccanismi esistenti, permettendo finalmente alle persone direttamente interessate di vedersi rappresentate e capite.
Proprio per questa ragione, spesso, si tratta di svolgimenti più evidenti per le persone queer che per qualcuno che non lo è, perché sono familiari.
Imparare a distinguere cosa è e cosa non è queerbaiting è importante se non si vogliono supportare prodotti che si arricchiscono grazie alla comunità queer senza darle nulla in cambio e, al contrario, se si vuole dare visibilità a quelli che invece sono onesti e fanno la differenza.
Avere una rappresentazione queer reale e non fittizia è fondamentale per due ragioni. Una è la ragione pratica: si normalizzano determinate realtà, molte persone non si sentono più né sole né sbagliate e ciò aiuta moltissimo a combattere lo stigma e l’ignoranza che ancora purtroppo avvolgono troppe fasce della comunità.
L’altra è una ragione etica: al giorno d’oggi non è giusto accettare prodotti, di qualsivoglia natura, che sfruttino ciò che la comunità queer crea a sue spese, quasi prendendosene gioco. Non è etico e non è onesto, ci si può e ci si deve aspettare di meglio.
Inoltre, parlando anche da un punto di vista più frivolo, è stato già detto come determinate sottigliezze sfuggano facilmente a coloro non facenti parte della comunità queer. Questo implica che probabilmente alle volte non colgano moltissime sfumature o significati del film, serie o canzone in questione ed è un peccato. Ovviamente ciò è connesso ad anni di discriminazioni e ghettizzazione di chiunque si allontanasse da un quadro eterocisnormato, quindi le dinamiche “interne” sono ancora un po’ sconosciute, seppur sempre meno.
Conoscerle sarebbe un arricchimento culturale generale. Basti pensare all’ambito letterario e traduttologico. Moltissimi autori e moltissime autrici sono state soggette all’inflazionatissimo “erano amiche strette” o “erano amici stretti” in riferimento alla persona che amavano. Basti pensare a Giacomo Leopardi, Emily Dickinson o Virginia Woolf. Rivedendo le loro corrispondenze, opere e pensieri alla luce di una più corretta interpretazione, quanti nuovi scenari si potrebbero aprire?
In ambito traduttologico, esistendo moltissimi slang e lingue queer ( come il “Polari”) quanti termini e riferimenti saranno sfuggiti perché non se ne era a conoscenza? Basti pensare alla parola “bear”, che letteralmente significa orso ma nella comunità gay maschile indica un determinato tipo di uomo. Quante traduttrici e quanti traduttori, anni addietro e senza saperlo, avrebbero potuto indovinare la seconda accezione?
Daniel De Lucia, primo studioso italiano della Linguistica Lavanda (lavender lingusitics), la branca che studia come la lingua moduli il genere includendo varianti quali orientamento amoroso ed identità di genere, ha contribuito al miglioramento di una traduzione con una consulenza, come lui stesso afferma:
“Lo studio del gergo gay italiano favorisce il miglioramento della qualità traduttiva di testi tematici sia letterari che filmici. Un esempio è “Pasto Nudo” di William S. Burroughs edito da Adelphi, dove la traduttrice ringrazia per la consulenza in tal senso e ringrazia per aver colmato una sua dichiarata ignoranza in ambito di cultura omosessuale”.
In sintesi, tutti questi elementi vanno a riprova di come una corretta narrazione ed una giusta visibilità siano utili e fondamentali per chiunque. Per arrivare a ciò bisogna iniziare a scremare più duramente tra i prodotti che sfruttano gratuitamente la comunità e coloro che la rispettano.
Se si intende attingere alla cultura di una comunità ancora discriminata e minorizzata senza intenzione alcuna di onorarla è il caso di accettare che a livello sociale e mediatico, soprattutto con l’aumentare della sensibilità sul tema, si dovranno affrontare le conseguenze che ne derivano, come boicottaggi o condanne, se non addirittura flop totali.
Sitografia:
https://tvtropes.org/pmwiki/pmwiki.php/Main/HomoeroticSubtext
https://atranslog.medium.com/hannibal-homoeroticism-and-when-its-not-queerbaiting-d3021e334970
https://www.gay.it/gergo-gay-daniel-de-lucia