A settembre del 2024 Bossy ha compiuto 10 anni.
Era il 2016 quando come associazione siamo scesə per la prima volta in manifestazione al Pride di Milano.
Quella giornata calda e colorata ci restituì un’immagine indimenticabile: dietro la comunità digitale che avevamo costruito c’era una comunità fisica, fatta di persone che credevano in un mondo più giusto, più libero.
Una comunità capace di trasformare pixel e post in passi e voce.
Avevamo portato il nostro primo striscione, pesantissimo. Lo abbiamo tenuto dandoci il cambio, facendo dei turni. Abbiamo riso tutto il tempo. Sentivamo che stava succedendo qualcosa, qualcosa di nuovo. Che non eravamo ə solə a pensare che fosse importante avere certe conversazioni, parlare di certi temi.
Da allora, il dibattito pubblico sui diritti LGBTQIA+, la parità di genere e gli stereotipi è cambiato in modi che, nel 2014, avremmo appena osato immaginare. Parole come “intersezionalità” sono entrate nel vocabolario comune; la lotta per il linguaggio inclusivo ha fatto irruzione nelle scuole (e noi anche!), nei media, nelle istituzioni. Eppure, sappiamo bene che la resistenza che il linguaggio incontra non è altro che il riflesso di resistenze più profonde, strutturali, che richiedono un lavoro costante e collettivo per essere smantellate.
In questi dieci anni, anche il nostro lavoro è cambiato. Bossy è cresciutə con il crescere del dibattito pubblico, affrontando sfide sempre nuove. Abbiamo visto come gli algoritmi delle piattaforme private, che sembravano offrirci uno spazio di libertà, abbiano invece finito per restringere la visibilità dei nostri contenuti, dettando le regole del confronto pubblico. Abbiamo dovuto ripensare strategie, linguaggi, priorità, sempre con l’obiettivo di portare avanti il nostro progetto di cambiamento culturale. E, dopo averci tanto pensato, abbiamo preso una decisione. È arrivato il momento di salutarsi.
Oggi, chiudiamo questa esperienza con il cuore pieno di gratitudine e anche con un po’ di malinconia.
Il percorso di Bossy è arrivato al suo naturale compimento: tenere viva un’associazione basata sul volontariato per così tanto tempo è stata un’impresa straordinaria, ma anche complessa. Sentiamo che è il momento di passare il testimone, con la speranza che altre persone e altre realtà raccolgano quanto seminato, continuando a costruire e amplificare quel cambiamento che non appartiene a nessunə, ma che è frutto della molteplicità delle voci.
Il cambiamento, d’altronde, ha bisogno di fattori diversi: della radicalità che scuote le fondamenta e dell’empatia che porta il messaggio ovunque. Mancando uno dei due, il movimento si ferma: senza radicalità, non c’è rottura con lo status quo; senza empatia, il cambiamento non si diffonde. È un equilibrio difficile, che spesso ci ha portatə a confrontarci con i nostri limiti e con quelli della nostra comunità. Ma è proprio questa tensione che ci ha fatto crescere, spingendoci a guardare oltre la nostra bolla, oltre i confini del digitale.
Ora più che mai, in un momento di crisi per l’attivismo digitale, è fondamentale non chiudersi, non autocannibalizzarsi.
È tempo di portare avanti il lavoro nei luoghi del quotidiano, nei contesti più inaspettati, nelle piccole e grandi interazioni che costruiscono la società. Allo stesso tempo, dobbiamo tenere duro: la minaccia della “Restaurazione” è reale, con movimenti come #MeToo e le istanze DEI (Diversità, Equità, Inclusione) che affrontano nuovi attacchi e nuove sfide.
Bossy è natə per cambiare prospettive, ma nel farlo ha cambiato anche noi.
Questo viaggio ci ha insegnato che il cambiamento non è mai solo un’idea: è un processo vivo, che si intreccia con le vite di chi lo porta avanti. E mentre chiudiamo questa porta, sappiamo che le migliaia di altre porte che abbiamo contribuito ad aprire continueranno a spalancarsi.
Grazie per averci accompagnato in questo viaggio.
Questo non è un addio: è un arrivederci, ovunque ci siano passi da fare per costruire il futuro che abbiamo immaginato insieme.
Ci saranno nuovi striscioni da tenere, nuove persone da abbracciare.
“Ci sono altre città, altri pezzi da suonare”.
Con amore,
Bossy