Abbiamo chiesto a chi sta per sostenere l’Esame di Maturità 2020 di raccontarsi liberamente, di esprimere i propri pensieri attraverso un form anonimo. Ci sono arrivate centinaia di risposte. Questo ci dice che i/le/* più giovan* hanno moltissima voglia di far conoscere quello che è stato il loro vissuto, e che forse dovremmo mettere a tacere le nostre idee e imparare a chiedere – e ad ascoltare le risposte.
Ho sempre trovato quantomeno opinabile l’aria di mistica reverenza che viene a crearsi nei confronti della Maturità. Non si chiama nemmeno più Esame di Maturità, è stato rinominato Esame di Stato nel 1997 da Luigi Berlinguer, eppure fatichiamo a staccarci da quest’idea per la quale dovrebbe essere un esame scolastico a valutare il nostro grado di maturità (dal concetto di maturitas latino: lo sviluppo completo, la saggezza, l’assennatezza; tutte cose che si faticano a trovare per la vita vengono ipoteticamente richieste a diciotto/diciannove/vent’anni).
Eppure. Eppure il periodo dell’Esame di Maturità coincide con uno di quei crocevia fondamentali nel percorso di chiunque abbia terminato il secondo ciclo d’istruzione. È un momento importante; e non perché, come si tende a far credere a chi è più giovane, le decisioni di quel momento siano immutabili e definitive (quanto di meno vero esista), quanto piuttosto perché vengono intraprese scelte che avranno un impatto nella propria crescita e formazione come individui e che a volte determineranno in maniera più o meno decisiva quello che verrà in seguito.
Posso usare scetticismo grazie alla mia consapevolezza di oggi, ma ricordo ogni singolo dettaglio della mia Maturità – non che siano passati mille anni, anche se a volte lo sembrano. Ricordo la tesina che avevo iniziato a scrivere in terza liceo (“Gli ultimi saranno gli ultimi, emarginazione e alienazione da sé”, un infuso di allegria e ottimismo sociologico), ricordo l’ultima “bossata” (in genovese si dice così, sinonimo di saltare scuola) per andare a fare il bagno al mare, ricordo quando abbiamo riprodotto dagli altoparlanti il motivetto triste di Scrubs uscendo dalla nostra classe per l’ultima volta, ricordo le sessioni di ripasso di gruppo al parco, ricordo il mio viaggio a Creta con due amiche, una macchina affittata che aveva chiaramente visto giorni migliori e un ostello di dubbia igiene (ma quanto ci siamo divertite). Ricordo la notte prima degli esami, con mia madre che ogni tanto si affacciava alla stanza per assicurarsi che respirassi ancora. Ricordo il giorno dell’orale, con tutti i miei amici che avevano prepotentemente invaso l’aula dell’esame. Ricordo anche quando ho risposto al commissario esterno di matematica che la funzione continua è quella che “va per la sua strada”.
Ricordo tutto e, per quanto vorrei non essere così melensa e leziosa (cielo, gli anni del liceo sono stati per molti aspetti un momento atroce condito da bullismo), la verità è che ricordo la Maturità con un infinito affetto. E che, a distanza di sette anni, so che quello è stato un momento fondamentale per me. Non che per tutt* sia così, assolutamente. Conosco chi ha ricordi decisamente sgradevoli dell’Esame di Maturità e chi non lo ricorda affatto perché è stato totalmente inconsistente nella propria vita. Ma tutte queste persone, me compresa, hanno potuto vivere quel periodo in modo assolutamente “normale”. Quest’anno non sarà così. Chi inizierà la maturità domani ha subito gli effetti del COVID-19 e delle misure eccezionali adottate per contrastare l’emergenza sanitaria. Non hanno avuto un ultimo anno come gli altri, un vero ultimo giorno di scuola, un ultimo ricordo o una Maturità come l’avevano sempre immaginata. Non ci sarà nessuna notte prima degli esami, non nel senso canonico.
Questo pregiudicherà il resto delle loro vite? Ovviamente no. Si sono pers* un’esperienza significativa? Forse, per alcun* sì, di certo ne vivranno altre ben più importanti. Sono stat* segnat* da quanto è accaduto? Può darsi. Parliamo di giovani che si affacciano a quella che sarà l’esistenza post scuola secondaria, a un mondo nuovo per molti aspetti, a nuove difficoltà e nuove possibilità, a piccoli e grandi cambiamenti. E io credo davvero che questo sentire non vada sminuito o delegittimato. Sarebbe quindi opportuno cercare di capire come hanno vissuto questo periodo e cosa pensano di questo Esame di Maturità. Nessuno ha ascoltato abbastanza queste voci, queste urgenze, queste riflessioni. Indipendentemente da ciò che pensiamo dell’Esame di Stato, della sua validità e del suo significato, sono storie che hanno il pieno diritto di essere raccontate.
Lasciamo quindi la parola a loro, i maturand* 2020. Lasciamo spazio a voi.
Moltissimi messaggi riguardano il rimpianto di aver perso un rito di passaggio, la nostalgia per ricordi mancati ed esperienze che non si sono potute concretizzare, la sensazione amara di aver immaginato a lungo un momento che non andrà secondo i propri piani, il sentirsi privare di qualcosa:
“L’ultimo anno di liceo dovrebbe essere quello che chiude il cerchio, e per milioni di studenti quest’anno non è stato così. Non poter fare l’ultima gita di classe e non poter passare il mio ultimo giorno di scuola a scuola sono cose che, anche se banali rispetto a ciò che stiamo vivendo, ricorderò per sempre con tristezza e rammarico. Quest’anno doveva essere l’anno della spensieratezza, l’ultimo anno della adolescenza e invece è stato l’anno della consapevolezza e della crescita…”
“Da persona particolarmente attaccata ai ricordi e al gruppo-classe, devo dire che passare metà della quinta a casa mi è dispiaciuto tantissimo. Tutte le cose che potevamo fare insieme, la gita di quinta (per noi sarebbe stata la prima fuori dall’Italia, eravamo presi benissimo), le tipiche ricorrenze dei maturandi, tipo la festa dei cento giorni dalla maturità – che avevo organizzato personalmente per tutto l’Istituto ma ho dovuto annullare tutto all’ultimo secondo per il lockdown – o la foto di classe, le cene coi prof e quant’altro. Il peso della maturità, che normalmente un po’ era alleggerito dai compagni e dalle serate, ora è davvero pressante e il fatto che non possiamo festeggiare come si deve la fine di tutto è ancora più triste. Penso che questa cosa ci abbia segnati in qualche modo, come generazione e come singoli individui.”
“Ho dovuto rinunciare a tantissimi ricordi irrecuperabili, come la festa dei 100 giorni, la gita di quinto, l’ansia tra i banchi negli ultimi giorni di scuola, l’ultimo compito, l’ultimo giorno, le foto mancate, i ritardi ecc… Mi sono sentita un’egoista perché durante una pandemia, con migliaia di morti e malati, io piangevo per il mio ultimo anno di liceo finito troppo presto. Sono state settimane distruttive psicologicamente, perché pensavo tutto il giorno a questo, ai miei sensi di colpa per la mia incapacità di essere meno egoista, uniti al fatto che ormai avevo iniziato a trascorrere le mie giornate tra lezioni e studio in vista di un esame di cui non si è capito nulla fino all’ultimo.”
“Ci è stata tolta una parte fondamentale del nostro percorso, quella che costituisce il fulcro dei ricordi e delle consapevolezze finali, e così sembra che la chiusura non sia davvero ‘definitiva’, anche se formalmente lo è. Per quanto riguarda gli amici, la festa dei 100 giorni, il viaggio post maturità, rimpiango il fatto che con alcuni di loro sarebbero stati forse gli ultimi momenti insieme, d’altra parte questo momento mi ha dato modo di confermare positivamente e rafforzare il legame con alcuni, scoprendo l’importanza del supporto reciproco.”
“Avrei voluto vivere l’ultimo anno in modo diverso dal punto di vista ‘umano’. In una classe credo ci sia sempre un’amicizia rafforzata al quinto, qualsiasi siano i rapporti tra i singoli… Noi abbiamo avuto la sfortuna di provare nostalgia troppo anticipatamente, quella nostalgia dell’allontanamento che in una situazione normale avremmo provato alla fine, quando effettivamente ognuno sceglie la propria strada, chi più lontano, chi più vicino inizia a spiccare il volo. Noi siamo stati fermi, come chiusi ciascuno nella propria crisalide: sono emozioni che non si possono racchiudere in un messaggio, o in una videochiamata dove i volti sono sfocati e non percepisci granché, dove le voci sono meccaniche e i microfoni difettosi.”
“È difficile. Sono consapevole delle situazione e di quanto io sia in realtà fortunata, però non riesco a smettere di pensare che il mio ultimo giorno di scuola in assoluto è stato un lunedì qualunque, in cui tra l’altro me ne sono andata via prima perché stavo male. A me la scuola piace, ci sono cresciuta, non voglio salutarla così.”
“La cosa che mi ha sorpreso di più è stata la vaporizzazione improvvisa e non programmata di un gruppo classe, i cui elementi sono cresciuti e maturati insieme, abituati alla reciproca presenza. Ci siamo salutati per le mini-vacanze di Carnevale e ora non siamo praticamente più nessuno l’uno per l’altro (a parte nei casi di amicizia profonda), il che è disorientante. Non abbiamo avuto il tempo di renderci conto che il nostro ‘viaggio’ si è concluso prima del dovuto.”
“È come se mancasse un pezzo. I 100 giorni, la seconda prova, l’ultimo giorno di liceo, la notte prima degli esami tra lacrime e abbracci (mi sa che ci saranno solo le lacrime quest’anno). Siamo stati cresciuti per questo momento e ora ci ritroviamo un po’ come se avessimo girato un film per il quale non abbiamo più il finale. Non sapevo che non sarei più tornata in classe quel sabato di febbraio e non sapete quanto vorrei tornarci un’ultima volta.”
“Non ho vissuto particolarmente male il lockdown, ciò che mi rende triste è non aver davvero concluso questo anno scolastico. Amo la mia scuola, nonostante ci siano dei professori pessimi, e non poter più prendere parte alle iniziative, come il giornalino, chiacchierare e ridere con i compagni in classe è brutto… A settembre mi trasferirò e non so quanti di questi rapporti resteranno. È come passare a un nuovo capitolo di un romanzo senza aver letto la fine di quello precedente. Avrei voluto costruire ancora degli ultimi ricordi prima di spiccare il volo.”
“Non ho potuto vivere gli ultimi momenti con i miei compagni, non siamo riusciti ad affrontare le ultime difficoltà, non ci siamo abbracciati in questi ultimi giorni e non abbiamo fatto il nostro viaggio di quinta. So che quest’ultimo punto sembra banale, un po’ lo è, però ammetto che avrei voluto vivere quell’ultimo momento significativo con i miei compagni da 5 anni. Non ci resta che la maturità, tutto il resto lo abbiamo perso e non tornerà più.”
“Dopo 5 anni di fatiche, di ore e ore passate a studiare sui libri, mi meritavo di vivere una maturità degna di nota, con ansie e preoccupazioni: la notte prima degli esami, le notti insonni prima delle varie prove, non sapere che tracce e autori sarebbero usciti alla prima prova, non sapere quanto sarebbe stata impossibile la seconda prova di matematica e fisica. Ma quello che mi rattrista ancora di più sarà non poter vedere il sorriso dei prof durante il colloquio per colpa delle mascherine, non poter stringere loro la mano e ringraziarli per tutto quello che hanno fatto per me in questi lunghi e faticosi anni…”
Sono state davvero innumerevoli le segnalazioni di condizioni psicologiche di sofferenza, unitamente alla sensazione di essere stat* abbandonat* a livello scolastico e istituzionale; si è rimarcata una grande mancanza di attenzione nei confronti de* più giovan*:
“Indubbiamente l’interruzione della canonica scuola dal vivo ha avuto le sue ripercussioni psichiche. Non solo il carico emotivo a causa della pandemia è stato impegnativo da gestire ma l’indifferenza di molti adulti sulla nostra condizione, la confusione creata da chi ci dovrebbe dare l’esempio e dovrebbe guidarci verso una piena maturità e consapevolezza ma soprattutto il ridurre tutto a ‘Ma di cosa ti lamenti? Tanto quest’anno non bocciano nessuno!’…è stancante.”
“Mi sento come se non avessi più un punto di riferimento. Sinceramente, il mio ultimo anno di liceo l’avevo immaginato con troppe aspettative e quest’anno me l’ha portate via tutte quante. Ho un magnifico ragazzo ed amici che mi aspettano trepidanti al di fuori delle quattro mura di casa mia, ma sento come se io non possa muovermi da un senso di inadeguatezza.”
“In questi mesi mi sono accorta di quanta poca importanza venga data alla salute mentale. Noi ragazzi, come tutti, abbiamo sofferto molto il periodo di quarantena e da parte dei professori o le istituzioni ho percepito poca, per non dire nulla, empatia.”
“È stato un anno particolare. Mi sono sentita dimenticata. Noi ragazzi non dovremmo essere dimenticati o dovremmo venire per ultimi, perché noi siamo il futuro. Si dovrebbe investire di più su di noi. È ridicolo che il calcio sia più importante dell’istruzione.”
“Probabilmente tutto questo finirà, tra qualche mese, un anno, troveranno un vaccino e si ritornerà alla normalità. Ma siamo sicuri di volerlo fare? Se la normalità ci ha condotto a questo, è davvero la strada giusta da percorrere? C’è bisogno di un cambiamento radicale del sistema, per evitare che studenti, minoranze, ecc. vengano schiacciate sotto il peso delle responsabilità altrui. Voglio combattere, ma mi hanno tarpato le ali per poter imparare al meglio come far sentire la mia voce.”
“Ho perso totalmente fiducia nelle mie capacità, mi sono sentita incompresa e sola, nessuno mi ha chiesto come stessi vivendo questo periodo.”
“Durante questo periodo ho pianto molto e mi sono chiusa molto in me stessa. Ho perso amicizie e non ho dedicato tempo a me stessa come ci era stato proposto dalle tante pubblicità che andavano in onda. Ho dedicato tempo allo studio per essere sempre alla pari con i compiti online, i test e le interrogazioni. Ho perso me stessa e ho rischiato di allontanare anche le persone che amo per via del forte stress. Per me è stato insostenibile proprio come l’esame di maturità che dovrò affrontare.”
Non sono mancate le osservazioni sulle criticità della DaD (Didattica a Distanza, le lezioni online) e in generale sul modo in cui l’istituzione scolastica ha gestito il tema della Maturità:
“Questa didattica online non può essere la nuova didattica, e chiunque lo abbia provato ve lo dirà. Non ha nulla a che vedere con il confronto con altre persone a cui siamo abituati giornalmente, qui si rischia di isolarsi completamente e chi necessita di aiuto, se già faceva fatica a chiederlo prima, in questa situazione lo ha fatto ancora meno. In tutto ciò, sono stata fortunata di non aver avuto problemi di salute personali o familiari, sono stata fortunata di aver avuto un computer e la connessione internet per fare lezione, sono stata molto fortunata e questo vorrei sottolinearlo.”
“Sono stata molto delusa dal modo in cui l’esame è stato riformato. Siamo rimasti a lungo nell’incertezza riguardo al tipo di prova che avremmo dovuto sostenere: le informazioni a riguardo erano molteplici e incerte, e cambiavano nel corso del tempo. Ho sentito la mia figura di studentessa trascurata, la mia situazione sottovalutata. Purtroppo, vedo la mia fiducia nella gestione della scuola indebolirsi ancora.”
“Tutta questa situazione ha cancellato ogni mia certezza da neo diciottenne lasciandomi solo una sensazione di una tremenda ansia e incapacità nel comunicarla. Non mi sono per niente sentito compreso dai miei familiari o dai professori stessi, mi aspettavo più raziocinio anche da parte del MIUR che ha solo reso più contorto un esame già poco chiaro di suo.”
“Non basterebbero miliardi di parole per descrivere la solitudine provata in quarantena. La sensazione era quella di essere abbandonata, dai professori e dalla scuola soprattutto. Ecco perché sarebbe stato molto importante chiedere anche solo un semplice : ‘Come state?’ Seguito da un ‘Ce la faremo’. E farcela davvero INSIEME.”
“Ho affrontato mesi davvero duri. Non c’è più stato quel giusto distacco che separava scuola e vita. Ho praticamente passato ogni singolo giorno della quarantena a studiare, senza potermi mai dedicare realmente a me stessa. Altro che periodo di erudizione di Leopardi.”
“La didattica a distanza non ha un solo lato positivo, anzi. Ci obbliga a stare per più di dodici ore al giorno al PC, per sei giorni a settimana, con i prof allo sbando che fanno ciò che vogliono. Programmi fatti allo sbaraglio tanto per finire, voti messi a caso perché bisogna metterli, orari di lezioni improbabili…”
“Reputo la scelta di fare la maturità quest’anno, nonostante tutto quello che c’è stato in questi mesi, una cosa del tutto inconcepibile, perché non tutti sono preparati come dovremmo essere per affrontare un esame così importante. Forse la cosa che più fa male è sentirsi come abbandonati e cercare di capire come andranno a finire le cose. Giocare a ‘indovina cosa succederà’. Mi sento tanto presa per il culo onestamente.”
“Trovo che la mole di lavoro e fatica che ci è richiesta in questa particolare situazione sia allucinante, specialmente in un’emergenza come questa, in cui siamo tutt* provati psicologicamente, non disponiamo tutt* delle stesse possibilità in termini di connessione e dispositivi e ognuno di noi ha una situazione differente. Quindi, nella mia esperienza, una maturità che trascura e schiaccia i bisogni dei veri protagonisti della stessa. Una maturità che ricorderò sempre con un senso di ansia, incertezza, amarezza, abbandono e inquietudine, che, nella mia opinione, a questo punto sarebbe stato molto meglio non fare. Grazie per avermi dato voce.”
“Penso che gli studenti (e in particolar modo noi maturandi) siano stati abbandonati. Io ho provato esattamente questo. Non si è tenuto conto delle ripercussioni psicologiche che questa situazione ha causato, non c’è stata empatia né comprensione nei nostri confronti. Per non parlare del fatto che molti studenti, per questioni economiche, non hanno potuto svolgere la DaD, per quanto poi essa si sia rivelata fallimentare. La scuola non dev’essere un privilegio per pochi, dev’essere un diritto, per tutt*.”
I timori nei confronti del futuro ricorrono nella stragrande maggioranza di queste testimonianze. Sono paure e preoccupazioni condivisibili anche da chi non è in procinto di svolgere l’Esame di Stato:
“Non voglio crearmi troppe aspettative per il futuro, ho paura di rimanere delusa. Però, confidando una piccola speranza, vorrei almeno poter iniziare l’università in presenza, perché essere catapultati in un nuovo mondo senza nemmeno poterlo guardare in faccia è alquanto deprimente.”
“La cosa che è cambiata di più per me è la mia visione del futuro. Volevo iscrivermi in un’università fuori regione e vivere da fuori sede, ma con tutte queste incertezze (il Ministero dell’Istruzione non ha dato direttive alle università) non è possibile pianificare nulla. Come si può decidere di affittare un appartamento se poi non posso più muovermi da casa o non posso mantenermi con un lavoro? Fortunatamente le università stanno prendendo la decisione di proseguire con la modalità telematica almeno per il primo semestre, se non per tutto l’anno.”
“Se penso al futuro sento una sensazione di angoscia, mi fa paura, di non riuscire a trovare lavoro, di non poter comprare casa o mettere su una famiglia perché non avrò le possibilità economiche per sostenerla…il futuro lo vedo incerto, penso che gli effetti del lockdown (economicamente) si riverseranno ancora una volta su di noi, influenzeranno la nostra vita da ora fino alla fine.”
“Sicuramente questo momento è particolarmente difficile per tutti coloro che si prefiguravano già da anni di lasciare il Paese alla ricerca di un futuro diverso e delle opportunità che una ragazza lesbica ancora si vede negate in Italia. Bisogna reinventarsi un piano e accantonare per un momento i sogni, con la premessa che quando la situazione si sarà ristabilita non ci sarà più nulla a separarci da quel tanto agognato volo. Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutte le persone che hanno reso e rendono possibile quello che oggi è Bossy, per essermi state “accanto” durante quel lungo e mistico sentiero dell’adolescenza.”
“Ho un po’ di paura per il futuro perché, se già la mia scelta mi metteva in uno stato di incertezza (vorrei studiare nel campo artistico), ora ancora di più. Ho rimandato tante cose: la patente… adesso non so neanche se riuscirò a trovare un lavoretto per pagarmi almeno un po’ gli studi, come era nei miei piani. Sono contenta almeno che la maturità finirà presto così avrò poi un po’ più tempo per dedicarmi ai miei progetti futuri.”
“In questa situazione i dubbi sul mio futuro e quello del mondo si sono amplificati. Sento come se qualsiasi scelta di percorso, di università, possa portarmi ad un vicolo cieco.”
“Sinceramente, la cosa che mi spaventa maggiormente è il mio futuro, soprattutto lavorativo. Frasi come ‘Far l’esame così siamo bravi tutti’, o comunque datori di lavoro che non credono nel tuo potenziale: è la prima cosa che mi è venuta in mente, a metà marzo; perché giovane, perché donna, perché ‘ha fatto l’esame semplificato, durante il covid-19’. Vorrei solo che il nostro futuro, il futuro di noi giovani, esistesse sul serio.”
C’è spazio anche per la speranza, nel mezzo di una situazione difficile e complessa che ha ribaltato le certezze di molt* e stravolto molte vite, questi alcuni degli inviti a confidare in un domani migliore:
“I miei piani per il futuro non sono cambiati, questa situazione che ha portato tanta sofferenza a moltissime persone non si prenderà il mio futuro. Forse il viaggio di maturità ritarderà di un anno e inizierò le lezioni online anche l’anno prossimo, ma le passioni che alcuni insegnanti mi hanno fatto scoprire rimarranno inalterate e i rapporti veri costruiti con i miei compagni e le mie compagne, ma anche con alcuni insegnanti, non finiranno di certo quando tra qualche giorno chiuderò Google meet per l’ultima volta o quando a metà giugno saluterò la commissione dopo un’ora di elaborati, spunti, cittadinanza e collegamenti.”
“Alla fine quello che conta veramente non è tanto con che voto si uscirà o se si farà un viaggio di maturità, la cosa davvero importante è che ne usciremo cambiati e che potremmo finalmente imboccare la strada del nostro futuro. Cerco di aggrapparmi a questo per non mollare. Grazie di cuore dello spazio che ci state regalando.”
“Se dovessimo essere positivi, come è giusto fare, potrei dire di essere riuscita a riscoprire molte cose. Ho riscoperto soprattutto i miei chiassosi compagni. Ho imparato che il silenzio, che tanto avevo desiderato, non mi piace affatto. Questo solo appena ho smesso di sentire il brusio della mia classe. In fin dei conti la scuola è una palestra di vita, piena di sfide e ostacoli da superare, spesso insieme. Abbiamo ‘superato’ questo esame di vita insieme, possiamo farcela anche alla maturità. Del resto la distanza effettiva tra di noi non ha preso il sopravvento perché non ci siamo mai sentiti più vicini di così.”
P.s. Leggere i vostri messaggi è stato un onore, mi sono commossa spesso e ho sentito una vicinanza immensa che avete reso possibile grazie alla fiducia donata nell’esprimervi tanto liberamente. Io non so cosa augurarvi, voglio solo che sappiate che ogni vostro sentimento e pensiero è valido e merita rispetto e attenzione. Le vostre voci hanno un potere enorme. Questa notte sarà la vostra notte prima degli esami; e non è ciò che vi aspettavate. Ma avrete tante altre notti, notti splendide e importanti. Vi auguro di correre incontro a quelle. Un grande abbraccio da un’ex maturanda che allo stato attuale non si sente assolutamente ancora matura.
Da tutta la redazione di Bossy, un grande in bocca al lupo a voi.