Molte persone si chiedono perché alcune femministe siano carenti di pudicizia; bruciano reggiseni, si battono per mostrare i propri capezzoli sui social, e non temono trasparenze, mini-abiti e scollature audaci. Uno dei più noti dibattiti a riguardo, ha visto protagonisti gli abiti indossati da Chiara Ferragni a Sanremo 2023. In questa occasione il corpo femminile è stato presentato nelle tv deə italianə, attraverso il look “nude” e da una vera e propria rappresentazione degli organi e apparati femminili. Moltə si sono chiestə se fosse veramente necessario e utile a veicolare i messaggi di parità, o se fosse solo un modo per far parlare di sé e fare spettacolo. Questo articolo è il tentativo di rispondere a tale questione.
Le veneri paleolitiche erano le prime dee mai comparse sulla faccia della terra. Erano statuine preistoriche che attraverso le curve dei loro corpi nudi rappresentavano la fertilità, potere e abbondanza di cibo. La visione del corpo nudo delle donne è cambiata però, nel corso dei secoli. In Europa la svolta più significativa si ebbe con l’avvento del Cristianesimo poiché le rappresentazioni di corpi nudi praticamente si azzerò, se non per rappresentare figure mitologiche. Il dipinto Amor sacro e amor profano di Tiziano rappresenta molto bene il set valoriale in cui viviamo ancora oggi. Ricordo che la mia professoressa di storia dell’arte ai tempi della quarta liceo ci chiese secondo noi studenti quale fossero rispettivamente le identità delle due donne, ma la risposta non era così facile. A primo impatto avevo creduto che Amor profano si riferisse all’amore che nasce dal peccato, e Amor sacro come quello che incarnava i valori cristiani del tempo. Così ho creduto che la donna spogliata fosse amor profano e amor sacro quella adornata e vestita di bianco. Ma quelle dipinte sono in realtà due Veneri, per cui Amor sacro è la donna nuda, la Venere che vive nell’Olimpo, libera dalle convenzioni umane, delle regole e dello sguardo terrestre, dallo sguardo dell’uomo. Amor profano è invece la donna vestita, la Venere umana soggiogata dalle norme etiche e morali, per cui deve coprire il proprio corpo. Questo dipinto esiste esclusivamente perché quella nuda era donna non materiale e non reale.
Mostrare parti del corpo assume diversi significati a seconda della cultura e della parte del mondo in cui si vive. I concetti di nudità e di sessualizzazione di parti del corpo non può essere più soggettiva. Tutto però ruota attorno ad un giudice assoluto; l’uomo. Ciò che è ritenuto sessuale viene deciso dallo sguardo maschile. L’unico potere lasciato alle donne è quello di proteggersi, di coprirsi. Ecco a voi; la modesty culture. La parola “modesty” si riferisce in questo caso a comportamenti o atteggiamenti che riflettono una sensibilità al pudore, alla decenza o alla riservatezza. Questa cultura deriva dai principi del patriarcato secondo cui l’attività sessuale femminile è scoraggiata, se non legata al letto dei propri mariti, e va protetta in tutti i costi dagli innumerevoli uomini bramosi (loro sì che possono essere agens). In altre parole la sessualità è qualcosa che va tolta alle donne, e messa sotto chiave della verginità. Guai se una donna si mostra sessuale intenzionalmente! Ma questo ragionamento si spinge oltre. La cultura della modestia identifica nel corpo femminile stesso, la sessualità e la sessualizzazione, senza distinzione di intenzionalità. In parole povere: il corpo femminile in quanto può provocare (sessuato) è sempre provocante. Per un uomo la donna è la materializzazione della propria soddisfazione sessuale. Così come un seno è per un neonato il simbolo del proprio nutrimento. La professoressa associata di psicologia Jennifer Harriger presso la Pepperdine University ha affermato: “Quando tratti una donna come un oggetto, invece di vederla come una persona piena, stai strappando il suo corpo in parti, o stai usando la sua sessualità per rappresentare l’intera persona”.
Siccome la donna è un corpo sempre provocante, deve coprirsi per nascondersi dallo sguardo maschile onnipresente e inevitabile, come una preda dalla pelliccia mimetica. L’uomo viene considerato come una vittima di questo sistema, poiché è ritenuto che sia nella sua natura essere cacciatore, e dunque la sola responsabilità di scudarlo dagli incantesimi del sesso è esclusiva delle donne.
Per comprendere a pieno questa dinamica intricata; la sessualizzazione di qualcuno senza il suo consenso (intenzione) è oggettificazione. Il femminismo non è contro la sessualizzazione, anzi incoraggia la sessualità sana, ma senza consenso ed educazione non esiste sessualità, solo violenza e prevaricazione.
Se volessimo dare il beneficio del dubbio ai metodi della modesty culture potremmo verificare se effettivamente coprire il corpo femminile libera dalle violenze e dall’oggettificazione, ma possiamo affermare che non è così. La modesty culture strumentalizza la vergogna per limitare e controllare i corpi femminili, non per proteggerli.
È qui che entra in gioco la nudità come strumento di liberazione femminista; normalizzare i nostri corpi e la loro nudità, magari sessuale ma non oggettificata, serve a riprenderci il nostro potere su di essi. Noi decidiamo quando vogliamo essere sessuali non qualcun altro, vestiti o non.
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William Adolphe Bouguereau – The Birth of Venus – (MeisterDrucke-654236).jpg
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Foto di Anna Shvets: https://www.pexels.com/it-it/foto/luce-leggero-donna-arte-3851333/