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“Gender Revolution” fase due: istruzioni per l’uso

“Gender Revolution” fase due: istruzioni per l’uso

In The Second Shift: Working Families and The Revolution at Home, pubblicato per la prima volta nel 1989, la sociologa e scrittrice Arlie Russell Hochschild introduce il concetto di “secondo turno”, con riferimento al lavoro domestico e di cura che si somma al lavoro retribuito svolto fuori casa. La responsabilità del “secondo turno”, con tutto il carico mentale che esso comporta, ricade ancora oggi principalmente sulle spalle della popolazione femminile, nonostante la tanto attesa evoluzione della gender revolution.

Quest’ultima, che ha avuto inizio intorno agli anni Sessanta, ha dato slancio ad un processo che avrebbe dovuto concretizzarsi nel riequilibrio del potere tra i sessi tra lo spazio pubblico e quello privato, in due fasi in qualche modo complementari. La prima prevedeva l’ingresso delle donne nei contesti pubblici, attraverso la loro partecipazione al mondo del lavoro e il raggiungimento di posizioni di potere. In questo periodo di abbattimento delle mura domestiche e di demolizione dei soffitti di cristallo, l’impulso è arrivato (autonomamente) ed è tuttora alimentato in primo luogo dalle donne. Nella seconda fase, invece, la rivoluzione che si auspica vedrebbe l’ingresso degli uomini negli spazi privati e il loro coinvolgimento paritario nel lavoro domestico e di cura. Per questo secondo passaggio, la spinta dovrebbe arrivare da parte della popolazione maschile. Tuttavia, i passi spontaneamente compiuti in questa direzione sono pochi, pesanti, trascinati, a volte persino scocciati, indubbiamente in gran parte (per loro) svantaggiosi.

Nonostante i progressi fatti finora, la sociologa Paula England evidenzia come ci troviamo di fronte a quella che potremmo definire una rivoluzione discontinua, irregolare e, di fatto, in stallo. Se le donne hanno sfondato da sole e a fatica le porte della scena pubblica, mettendo in discussione i confini dettati da ruoli di genere imposti e costruiti socialmente, viene da chiedersi quanto possa essere complicato per tutti gli uomini varcare quelle degli spazi privati. Inoltre, c’è da domandarsi se sia delle donne la responsabilità (se c’è) di rendere la fase due della gender revolution facilmente accessibile, un posto accogliente e piacevole da abitare. England sostiene che i cambiamenti socioculturali degli ultimi decenni hanno incentivato le donne a passare ad attività lavorative e formative e ad occupare posizioni di potere tradizionalmente associate alla controparte maschile.
Lo stesso non è accaduto per gli uomini, che si confrontano con una società che persiste nella svalutazione sociale ed economica dei ruoli a cui per secoli è stata relegata la popolazione femminile e nella diffusione di stereotipi che attribuiscono a donne e uomini interessi e capacità innate differenti. Se vogliamo fare passi avanti, anche nell’ottica di superare i limiti di questo persistente e limitante binarismo, non possiamo più ignorare gli effetti negativi dell’asimmetria di tali cambiamenti.

Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, in Italia le donne svolgono oltre cinque ore al giorno di lavoro non retribuito di assistenza e cura, mentre gli uomini meno di due: al momento, il 74% del totale del carico di lavoro è sulle spalle della popolazione femminile. Il contributo degli uomini è aumentato negli ultimi vent’anni di 1,2 minuti al giorno ogni anno, con una velocità tale per cui l’uguaglianza di genere in quest’ambito potrà raggiungersi probabilmente soltanto nel 2066. Nel 2020, Oxfam ha stimato il valore economico del lavoro di cura non retribuito svolto dalle donne dai quindici anni in su in tutto il mondo pari a minimo 10.800 miliardi di dollari all’anno, tre volte tanto quello del mercato globale dei beni e servizi tecnologici.

Pare evidente la necessità di un intervento a livello istituzionale in termini di politiche, così come sul piano di una valutazione effettiva e realistica dell’impatto del lavoro di cura non retribuito su cui si reggono i paesi a livello globale. Un bel bagno di realtà, insomma. La “fase due”, infatti, per gli uomini al momento si qualifica come il passo verso una posizione tendenzialmente meno privilegiata sotto vari punti di vista, non soltanto quello economico. Non c’è da stupirsi, perciò, di fronte alla loro reticenza a questa tanto sperata trasformazione. La questione non riguarda semplicemente il potenziale desiderio della popolazione maschile di prendere parte al lavoro domestico e di cura, ma la perdurante costruzione sociale svalutante e il mancato riconoscimento economico di quest’ultimo, che lo rendono nient’altro che un gioco a perdere. 

Pertanto, affinché la rivoluzione possa evolvere verso la seconda fase sono necessari interventi anche e soprattutto sul piano culturale. Un recente sondaggio condotto da We World sul tema degli stereotipi di genere tra le nuove generazioni ha evidenziato che, ancora oggi, bambine e ragazze associano alle donne principalmente caratteristiche come forza, coraggio, responsabilità, intelligenza, ma anche la maternità, la famiglia e la cura della casa, così come l’aspetto fisico e l’abbigliamento. Nel caso di bambini e ragazzi, allo stesso modo, ricorrono parole come “madre”, “cucina”, “casalinga” e associazioni con l’aspetto fisico. Di contro, pensando agli uomini, bambine e ragazze hanno sottolineato l’associazione con la sfera del lavoro, meno di frequente con la figura del padre, in generale con la prestanza fisica, la forza, lo sport, ma anche con l’aggressività e la guerra. Accostamenti simili sono stati fatti da bambini e ragazzi, che hanno richiamato i temi di forza, aggressività, potere, lavoro, sport e denaro, e in alcuni casi anche le figure maschili della famiglia e le responsabilità degli uomini nei confronti di quest’ultima.

Sebbene negli ultimi decenni ci siano stati diversi progressi in quest’ambito, nonostante siano stati scardinati molti tra i più diffusi stereotipi di genere e gli uomini stiano iniziando a prendere parte in misura maggiore al lavoro e alle responsabilità domestiche e di cura, non è ancora possibile dire di aver raggiunto una divisione equa e paritaria. Inoltre, possiamo affermare con certezza che l’impulso per questo progresso è arrivato in maniera spontanea davvero raramente, lasciando sottintendere la necessità di una sorta di accompagnamento in questa evoluzione. 

No, non tutti gli uomini hanno bisogno che una donna spieghi loro come si fanno le pulizie o come funziona una lavatrice, quali assorbenti comprare alla figlia o come preparare la cena la sera, ma molti di loro sì. E se domani tutte le donne del mondo sparissero? Se non fosse l’8 marzo? Chi salva chi? È davvero della parte femminile della popolazione la responsabilità di far sì che la controparte maschile non si trovi concretamente ed emotivamente impreparata alla “fase due”? Perché il peso del lavoro di cura non retribuito prima o poi ce lo scrolleremo dalle spalle con così tanta rabbia che il vostro privilegio non basterà a tenervi al riparo. 

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Nel frattempo, però, nel suo Insegnare comunità, bell hooks afferma che 

“per intervenire sulla cultura dominante e vivere nella consapevolezza, dobbiamo essere disposti a condividere con chiunque le strategie utili a passare da un modello di dominio a un modello comunitario. Se vogliamo che il cambiamento accada, dobbiamo essere disposti a insegnare”. 

E allora, nuove generazioni tenetevi pronte, mettetevi in ascolto, demolite le gabbie degli stereotipi di genere. La fase due sta per iniziare. 

Fonti:
England, P. (2010). The Gender Revolution: Uneven and Stalled. Gender and Society, 24(2), pp. 149-166.
England, P. (2020). Has the Gender Revolution Stalled? The Economic and Social Review, 51(4), Winter 2020, pp. 463-488.
Hochschild, A. (1989). The Second Shift: Working Families and The Revolution at Home. Penguin Books.
hooks, b. (2022). Insegnare comunità. Una pedagogia della speranza. Meltemi.
Oxfam (2020). Avere cura di noi: Lavoro di cura non retribuito o sottopagato e crisi globale della disuguaglianza. DOI: 10.21201/2020.5419.
We World (2023). Parole di parità. Come contrastare il sessismo nel linguaggio per abbattere gli stereotipi di genere. Brief report n. 20/2023.
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Foto bell hooks:
https://plutopress.wordpress.com/2017/03/08/feminism-is-for-everybody-bell-hooks-for-international-womans-day/ 
Mad man:
https://www.mediavillage.com/article/mad-men-a-fond-farewell-to-betty-draper-francis/print/