La terza domenica di settembre, in Cecenia, si celebra la Giornata nazionale della Donna. La ricorrenza, voluta dal Presidente Kadyrov, fu istituita nel 2009 “in onore delle donne cecene, che nei secoli passati e in particolare nel corso delle due Guerre cecene, hanno patito immani sofferenze e privazioni”. In questa giornata, i media ufficiali rendono omaggio alle eroine nazionali.
Alcune donne, fuggite dal Paese, si sono raccontate ai volontari del programma “Assistenza emergenziale” (Ekstrennaja Pomoš) del Russian LGBT Network, descrivendo il loro rapporto con la festività e raccontando cosa significhi davvero essere una donna nella Repubblica di Cecenia.
Come vengono tutelate le donne in Cecenia? Fondamentalmente, esaltando i costumi nazionali e il ruolo di genere maschile. È da sempre dato per scontato che qualunque uomo sappia cosa sia meglio per la propria donna (sia essa la moglie, la figlia o la sorella), il cui destino dipende dagli uomini sin dalla nascita.
In età prescolare, è relativamente libera, senza tuttavia sfuggire all’occhio vigile della madre e dei fratelli maggiori. Una volta a scuola, le viene imposto di indossare un foulard che nasconda i suoi capelli e una gonna che la copra fino ai piedi. Non ha importanza che lo voglia o meno: chiedere a una donna che cosa desideri non è assolutamente contemplato. Così, le bambine e le ragazze non tardano a comprendere che i sogni, in fondo, non sono nient’altro che sogni.
“Una volta, mentre tornavo da scuola, un mio compagno di classe, che camminava dall’altro lato della strada, ha provato a farmi una domanda. Abbiamo fatto un pezzo di strada insieme, urlandoci da un marciapiede all’altro. Ad un tratto, ecco che vedo mio fratello: ‘Vai a casa, che dopo ti sistemo’. Ha fermato il mio compagno e ha cominciato a picchiarlo, per poco non l’ha massacrato. Ero terrorizzata, sono corsa a casa. Mi sono sentita sporca, come se fossi andata a letto con lui. Non potevo dirlo alla mamma, se la sarebbe presa con me. Mio fratello non si fece attendere. Prima mi obbligò a pulire tutta la casa e poi mi picchiò, urlando imprecazioni oscene. Quando fu tutto finito, mi sentii sollevata, contenta direi. Andai in cucina a bere una tazza di tè”.
La violenza domestica è all’ordine del giorno, ma è perfettamente celata. Le famiglie cecene sono realtà estremamente chiuse. Non è abitudine raccontare le liti familiari, né tantomeno gli episodi di violenza.
Se una ragazza inizia a disobbedire, si presume che sia posseduta dal demonio. Prima provano ad aiutarla portandola dallo psicologo o dallo psichiatra, i quali non faranno che ripeterle quanto sia cattiva e intimarle di comportarsi nell’unico modo che si addice a una donna: obbedendo. Se la “terapia” non sortisce alcun effetto, sarà costretta ad assumere farmaci in un ospedale psichiatrico, oppure a sottoporsi ad esorcismo dall’Imam. Durante l’esorcismo, la ragazza verrà frustata mentre la famiglia assiste e prega.
“Nelle grandi città come Mosca, chi ascolta storie come questa si domanda, meravigliato: ‘Perché questa donna non chiede aiuto? Perché non si ribella a suo padre e a suo fratello, perché non reclama i propri diritti?’. Non riescono a comprendere, non vedono il nocciolo della questione. La donna è totalmente sottomessa. Non può in alcun modo ribellarsi: le conseguenze sono violenze fisiche e psicologiche inimmaginabili”.
Ma le ragazze cecene hanno anche dei sogni.
“Le ragazze crescono sognando uno splendido matrimonio. Viene fatto loro credere che, una volta sposate, saranno libere di vivere la propria vita come desiderano. ‘Ti sposerai, avrai un marito, vi metterete d’accordo e vivrete come volete voi’. A tutte propinano questa storiella. La verità è che quando ti sposi è ancora peggio. Quando vivi con tua madre, almeno, nessuno ti sveglia ogni mattina per lavare i pavimenti. Lì invece ci sono la suocera, la cognata, i fratelli di tuo marito…”
La vita di una donna, in Cecenia, non è fatta che di obblighi e doveri. Quando si sposa, deve guadagnarsi ogni giorno l’approvazione della nuova famiglia. Per essere degna di un posto all’interno della società, deve sposarsi e generare figli. Almeno un figlio, l’erede, deve essere maschio. Se non può avere figli, le alternative sono due. La prima è andare a vivere da uno dei fratelli, crescerne i figli, prendersi cura della sua casa e dei suoi animali da sostentamento. Per tutta la vita, non potrà guardare nessun uomo, né tantomeno rivolgergli la parola. La seconda è sposare un uomo anziano che ha bisogno di cure.
“Spesso i figli cercano una badante gratis per il padre anziano e lo sposano a una “zitella”. Conosco donne che non hanno figli, e che si sono sposate un paio di volte. Si sposano, fanno da badanti, il nonno muore. Non le spetta nulla in eredità. Semplicemente, suo fratello la se la prende e la porta a casa”.
Una donna non ha il diritto di vivere da sola, neppure a sessant’anni. Se il marito viene a mancare, resta a vivere con la famiglia di quest’ultimo. La vecchiaia, tuttavia, ha i suoi piccoli vantaggi: le dà voce in capitolo per ciò che riguarda i figli, nonché il diritto di controllare le figlie e le nuore e di sgridarle e punirle se non rispettano le regole.
“Molti russi si domandano: ‘Come può una madre trattare la propria figlia in questo modo? Cosa può esserci di più prezioso di una figlia?’ L’opinione altrui, ecco cosa. In altre parole, lo status, che dipende dall’opinione dei vicini e dei parenti. Una madre cecena non si fa alcun problema a picchiare la propria figlia, se ciò può mettere a tacere le malelingue. E le malelingue non risparmiano niente e nessuno. Basta che tu torni a casa dal lavoro dopo le sette di sera per considerarti una poco di buono. E tuo fratello non sarà certo dalla tua parte. Ciò che farà sarà picchiarti, per tenere alta la sua reputazione”.
Aver vissuto una vita dura, caratterizzata dal lavoro fisico, conferisce alla donna una sorta di rispetto da parte della società. Anche dopo l’avvento di Internet, le donne si sono sempre rifiutate di cercare il cambiamento. Tutti i filmati che svelano il lato oscuro del Paese (in particolare, video di stupri) sono costellati di commenti indignati di donne cecene che gridano al complotto, sostenendo che i video siano falsi, un mero tentativo di diffamare la Repubblica. D’altro canto, come può una donna cecena, i cui sogni sono stati recisi sin dall’infanzia, credere a chi dice che la vita che ha sempre conosciuto non sia l’unica possibile?
“Si potrà dire che una donna cecena sia riuscita ad ‘emergere’ solo quando le sarà consentito di decidere almeno per il proprio destino. Al momento, però, nessuna di loro gode di questo diritto”.
Le testimonianze sono state raccolte da Aleksandr, case manager del programma “Assistenza Emergenziale”.
Fonte
Magazine: Russian LGBT Network
Articolo: Как живут женщины в Чечне: истории, записанные Российской ЛГБТ-сетью
Scritto da: Alexander
Data: 18 settembre 2020
Traduzione a cura di: Paola Galluccio
Immagine di copertina: Image courtesy Artem Rusakovich
Immagine in anteprima: Pinterest