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La categoria “donna” è lungi dall’essere esaurita
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La categoria “donna” è lungi dall’essere esaurita

Che cosa significa esattamente il fatto che io voglia sempre compiacere le altre persone, organizzare in toto le attività quotidiane della mia famiglia, e allo stesso tempo essere sessualmente attraente e il più possibile indipendente dal punto di vista economico, ma guadagnando di meno pur lavorando di più a fronte di una svalutazione del mio lavoro? È piuttosto semplice: significa che probabilmente vivo da “donna” in questa società.

Questo plurimo male viene riassunto da Franziska Schutzbach nel suo libro Die Erschöpfung der Frauen (L’esaurimento delle donne, NdT). Il testo non riguarda l’esaurimento individuale di donne, bensì il fatto che “l’esaurimento è il fulcro di un sistema economico distruttivo che ha svilito la cura e le relazioni riducendole a una risorsa sfruttabile” (p. 270). Pertanto, il libro si riallaccia anche al dibattito sull’economia della cura (cfr. per es. Winker 2015, 2021).

Diagnosi “esaurimento”

Le diagnosi sociologiche della società sono celebri e famigerate in quanto aggregano l’intera sofferenza e i travagli del nostro stato attuale partendo da un principio il più possibile accattivante (rischio, accelerazione, singolarità, ecc.). L'”esaurimento” come fenomeno non è nuovo (cfr. Ehrenberg 2004), tuttavia i rapporti di genere non vengono contemplati nelle diagnosi abituali; persino la critica al capitalismo, fino a poco tempo fa, ne era completamente esclusa.

La diagnosi di Franziska Schutzbach, invece, mostra come la teoria femminista, gli studi di genere, gli studi postcoloniali, la critica del capitalismo e la risvegliata coscienza ecologica di una nuova generazione si siano nel frattempo fusi in un complesso attivista. Le fasce di popolazione che beneficiano eventualmente in seconda battuta del dividendo patriarcale vengono percepite come una sola categoria: le persone FINTA, come le definisce l’autrice in alcuni punti traducendo il termine con “donne, persone non binarie, transgender e agender” (p. 16), e tutte quelle che per qualsiasi motivo sono state collocate nell'”angolo delle donne” o vi sono accidentalmente cadute (per es. nei settori dell’assistenza e dei servizi), vengono descritte da Schutzbach come la risorsa umana esaurita dal capitalismo. E contemporaneamente vengono indicate come il soggetto politico decisivo destinato a fare la rivoluzione.

Basi strutturali dell’esaurimento

La tesi dell’esaurimento viene esplicitata esaurientemente: la disponibilità sessuale (cap. 1), la sistematica svalutazione umana (cap. 2), la misoginia (cap. 3), il body shaming (cap. 4), la maternità e la famiglia nucleare (cap. 5), il logoramento emotivo e mentale sia sul lavoro (cap. 6) che in famiglia e in altre relazioni (cap. 7) – l’elenco delle imposizioni è lungo. Il problema che ne è alla radice – e anche Schutzbach lo sottolinea – è la base strutturale e pertanto del tutto evidente di questo rapporto di sfruttamento: un ordine di genere che rende complicə tuttə coloro ə qualə si inchinano alla relativa istanza. Schutzbach chiarisce anche cosa succede a chi si oppone a tutto questo: “Laddove i movimenti delle donne sono forti, si sviluppano contro-movimenti organizzati” (p. 114). Ma vediamo prima le cause strutturali dell’esaurimento.

La (auto)percezione e il suo turbamento

“Quando le donne seguono i propri interessi e le proprie emozioni, non è di buon auspicio, né per loro stesse né per il mondo” (p. 43). L’antica paura maschile che la disponibilità femminile possa avere fine e che la propria dipendenza e il proprio bisogno possano diventare visibili si può evincere non solo da testi antichi. Esiste quindi un’arma contro l’autodeterminazione femminile che si presume sia stata efficace per millenni: l’incertezza del senso di sé. La prima tesi di Schutzbach è “che l’esaurimento femminile deriva in misura non trascurabile da […] insicurezze percettive” (p. 46).

L’autrice utilizza l’esempio dell’oggettivazione sessuale per mostrare come la percezione di sé delle donne venga sistematicamente turbata. Perché “a prescindere da esperienze concrete di molestie o violenza, alle donne viene continuamente ribadito che sono meno rispettate, meno prese sul serio, meno riconosciute e più spesso oggettivizzate” (p. 55). Lo spazio pubblico, compreso Internet, è un luogo di esaurimento, ma anche di resistenza.

La storia dell’umanità raccontata come storia dell’uomo

Un’ulteriore tesi viene esposta nel secondo capitolo “Sulle cause della scarsa fiducia in sé”. Qui l’autrice afferma che “l’esclusione storica delle donne (e di altri soggetti) dalle moderne concezioni del soggetto [è] centrale nel tema dell’esaurimento” (p. 74), in quanto tale esclusione porta a dover dimostrare più e più volte che anche le donne hanno contributi rilevanti da dare e meritano di essere riconosciute. La storia dell’umanità viene ancora prevalentemente raccontata come una storia dell’uomo: “Le donne sono separate dalla storia e così anche dal loro “valore” e dal loro contributo al mondo” (p. 75). Per questo motivo è più difficile per le donne sviluppare un senso di validità e di autostima nel presente. Inoltre, dimenticare la storia significa che “ogni generazione di donne deve compiere di volta in volta passi simili a quelli che altre hanno già compiuto prima di loro” (p. 90).

Tuttavia, a negare alle donne lo status di soggetto non è stata solo la storiografia, ma anche la filosofia. Qui l’autrice stabilisce (e non è l’unica occasione) un legame con il colonialismo e il razzismo e soprattutto con la “misoginia nell’epoca dell’Illuminismo” (p. 78; cfr. anche Kerner 2021 e Hartmann 2021): “il soggetto sovrano si concepiva come sovrano e razionale tracciando un confine gerarchico con le donne, i “selvaggi”, i “primitivi”, gli “africani”, ecc.

La radicale assenza di pause della maternità

Il potenziale del corpo femminile di partorire – o di rifiutarsi di avere figli – è, al pari del potere del rifiuto sessuale, un motivo per disciplinarlo socialmente. Tuttavia, secondo Schutzbach, è anche qui che risiede il suo potere emancipatorio: “Che si tratti di movimenti femministi, antirazzisti, queer, trans o legati alla disabilità: le lotte attuali hanno come punto di partenza il corpo […]” (p. 165).

Nondimeno, la maternità viene anche tematizzata come una pratica che racchiude un nuovo potenziale di esaurimento. Qui l’autrice arriva a chiarire che “l’immediata necessità genitoriale di dover fare le cose perché altrimenti un’altra persona morirà o qualcosa smetterà sostanzialmente di funzionare” (p. 169) si palesa immediatamente come un requisito di genitorə di bambinə piccolissimə fin dalla loro nascita. La radicalità della genitorialità, nella sua irreversibilità e “assenza di pause” (cap. 5), viene ancora prontamente assegnata nella nostra società alle sole donne, se non addirittura alla madre romanzata e idealizzata.

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Allo stesso tempo, scrive Schutzbach senza mezzi termini, il lavoro viene inteso come un “servizio gratuito” svalutato e le madri vengono spesso lasciate sole a occuparsene. Una madre che abbandona ə figliə, invece, “perde il suo status di essere umano” (p. 180). Purtroppo, l’autrice non si accorge in questo punto che proprio una tale affermazione può riprodurre degli stereotipi. Anche il requisito secondo il quale “non deve esserci fallimento” (p. 181) non è accompagnato da un riferimento all’inevitabilità del fallimento.

Disparità nella distribuzione e nella valutazione del lavoro

La questione della disparità di distribuzione e di valutazione del lavoro (di cura) rende molto chiara la specifica missione di Schutzbach, e anche il contenuto politico del suo intervento è meglio espresso dalla stessa Schutzbach quando approfondisce la questione. Con poche cifre, l’autrice dimostra che la maggior parte del lavoro svolto su questo pianeta è svolto dalle donne (p. 274), mentre il loro lavoro viene ampiamente svalutato e non retribuito, nonostante l’economia di mercato prevalente sia costruita su di esso: “L’esaurimento delle donne è la base della nostra economia” (p. 272, corsivo dell’autrice). La prospettiva davvero vincente del libro rimanda alla potenza esplosiva nascosta in quella che viene definita la “rivoluzione della cura”: Cosa succederebbe se i “favori” finora non pagati venissero improvvisamente rifiutati o dovessero essere pagati?

L’autrice propone di porre il “commercio relazionale al centro” (p. 275) dell’economia. Ciò include anche la de-femminilizzazione del lavoro di cura o “la comprensione del lavoro di cura come pratica e compito sociale e non come qualcosa che […] si svolge da sé” (p. 175 s.). L’esaurimento della risorsa donna non è una questione femminile, bensì una questione di sopravvivenza, perché un’economia di sfruttamento è inevitabilmente un’economia di morte. L’attuale expertise della teoria e della ricerca femminista su questo tema, riassunta con forza da Schutzbach, dimostra che la categoria cognitiva “donna” è tutt’altro che esaurita, anche se nel frattempo si è ampliata.

Die Erschöpfung der Frauen. Wider die weibliche Verfügbarkeit (L’esaurimento delle donne. Contro la disponibilità femminile, NdT) di Franziska Schutzbach è edito da Droemer nel 2021.

Fonte
Magazine: gender-blog
Articolo: Die Kategorie ‚Frau‘ ist noch lange nicht erschöpft
Scritto da: Sandra Beaufaÿs
Data: 29/03/2022
Traduzione a cura di: Grazia Polizzi
Immagine di copertina: Isabela Drasovean
Immagine in anteprima: freepik

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