Perché il lavoro di cura continua a essere distribuito in maniera così disomogenea? Una conversazione con l’autrice Jacinta Nandi e l’autore Jochen König a proposito dell’essere casalinghe e casalinghi
Jacinta Nandi è un’editorialista, autrice di testi teatrali, si è considerata per lungo tempo una femminista modello una femminista di punta. Al momento è una casalinga. Ed essere entrambe le cose, femminista e casalinga, appare contraddittorio a molte persone. Ma lo è veramente? È quanto si domanda Jacinta Nandi nel suo nuovo libro “Die schlechteste Hausfrau der Welt” (“La peggiore casalinga del mondo”, NdT) (edito da Edition Nautilus). Le donne che decidono di prendersi del tempo libero per la famiglia sono ancora in numero maggiore rispetto agli uomini. In una famiglia composta da una coppia su quattro, la donna rimane completamente a casa. Inoltre, solo il 6,9% dei padri lavoratori con figli sotto i sei anni lavora part-time, a differenza dei circa due terzi delle madri. Nandi dubita che si tratti sempre di una decisione completamente libera. Dal suo punto di vista, molti uomini rifiutano semplicemente di assumersi la loro parte del lavoro di cura e relegano mansioni come le pulizie, le visite al parco giochi o il prendersi cura dei bambini malati alla sfera di responsabilità della donna. Pertanto, nel suo nuovo libro racconta, a volte con rabbia, a volte in maniera rude e per lo più molto divertente, perché il tema dei lavori domestici sia per lei una questione politica.
Nel suo libro gli uomini non ne escono esattamente bene: non si abbassano a fare le pulizie e desiderano il modello alternato, in cui i bambini vivono per metà con il padre e per metà con la madre, solo per risparmiare. Ma Nandi sa bene che questo non vale per tutti. Almeno da quando ha incontrato Jochen a una festa in casa: Jochen König ha trascorso per lo più solo in casa il primo anno di vita della figlia maggiore. Attualmente condivide il lavoro di cura delle sue due figlie in maniera pressoché uguale con le loro madri, dalle quali vive separatamente. La prima figlia è nata da una relazione di coppia con la madre, la seconda figlia l’ha avuta insieme a due madri in virtù di un rapporto di amicizia. A proposito del suo modello di famiglia ha scritto due libri: “Fritzi und ich” (NdT. “Fritzi e io”) e “Mama, Papa, Kind? Von Singles, Co-Eltern und anderen Familien” (NdT. “Mamma, papà, figli? A proposito di single, co-genitori e altre famiglie”). I figli di König hanno adesso cinque e undici anni. Nandi ha due figli maschi nati da due relazioni, il piccolo ha tre anni e il grande ha 15 anni.
fluter.de: Jacinta, nel tuo libro descrivi come, dopo la nascita di tuo figlio, il tuo compagno si aspetta che sia tu a occuparti di tutte le faccende domestiche. A tal proposito scrivi: “L’unica cosa insolita della mia situazione è il fatto che il mio compagno ammette di non avere intenzione di partecipare. In molte famiglie tedesche esiste il mito della collaborazione al 50%.” La condivisione al 50% è quindi davvero un mito?
Jochen König: Non appena la gente vede al parco giochi un padre insieme al figlio, pensa che tutto sia diviso in modo equo. Al giorno d’oggi anche molti padri prendono il congedo parentale e si assumono parte del lavoro di cura. Tuttavia, la responsabilità principale è ancora chiaramente della madre. E perché in fondo i padri dovrebbero voler cambiare la situazione? Il ruolo di padre è molto comodo: si ha la possibilità di seguire la crescita di un bambino e di avere con questo un rapporto veramente intenso e intimo senza dover svolgere tutto il lavoro né dover fare rinunce. Anche nel mio caso vi è stata questa distribuzione dei ruoli, però esattamente all’opposto. La mia figlia più grande era solita chiamarmi mamma. Era semplicemente la parola che lei collegava a questo ruolo. Tutti gli altri bambini alla scuola materna parlavano sempre della loro mamma, e poiché ero io ad assumere questo ruolo, ero io la mamma. Credo che questo dimostri abbastanza chiaramente quanto sia ancora chiara l’attribuzione del genere.
Jacinta Nandi: Abbiamo aspettative così basse nei confronti dei papà. Questa cosa mi fa davvero infuriare. Tempo fa ho preso il treno con il padre di mio figlio piccolo. Gli avevo chiesto di cambiare i pannolini, dopodiché una nonnina si è avvicinata a noi e si è congratulata con me per quanto fantastico fosse il fatto che un padre facesse una cosa del genere. Sicuramente sono cambiate molte cose dalla giovinezza di quella donna. Eppure, non ho potuto fare a meno di pensare: cambiare i pannolini – dovrebbe essere una cosa normale! Le cose stanno migliorando, mio figlio maggiore ha già ricevuto molto di più da suo padre di quanto io non abbia ricevuto dal mio. Eppure, quando mio figlio è stato male, si è applicato il principio: “Un bambino ha bisogno di sua madre”. A volte penso che il papà rimanga in ogni caso una specie di optional, una sorta di lusso.
Jochen König: I papà contribuiscono, fanno qualcosina, ma chiaramente meno della metà. E allo stesso tempo, si celebrano i “nuovi padri”. Anche a me dà veramente fastidio.
Jacinta, nel tuo libro scrivi che le casalinghe vengono talvolta disprezzate per il fatto che il lavoro che svolgono non è lavoro salariato. Una delle ragioni dello squilibrio tra i sessi risiede dunque anche nel nostro sistema capitalistico? Nel senso di “sono i soldi a decidere”?
Jacinta Nandi: Già, io e il mio ex compagno non abbiamo mai parlato di come avremmo gestito finanziariamente la situazione prima che nascesse nostro figlio. Sono stata proprio una stupida, no? Non guadagnando nulla, era chiaro che fossi io la responsabile della casa.
Sei stata stupida? Ciò significa che chi rimane a casa con i bambini e non guadagna denaro è da biasimare.
Jacinta Nandi: Proprio così. Le madri vengono sempre criticate da tutte le parti: se affidano troppo presto o troppo a lungo il proprio bambino alle cure di qualcun altro sono delle pessime madri. Se è il marito a guadagnare e loro rimangono a casa, sono delle scroccone. E se la presenza di uomo non è contemplata e non vanno a lavorare, sono delle mantenute dalla previdenza sociale.
“A un uomo che torna a lavorare a tempo pieno a poche settimane dalla nascita del proprio bambino, i colleghi dovrebbero dire: “Ti stai approfittando di qualcuno”.”
Jochen König: Penso che il tuo libro, Jacinta, chiarisca che non è necessariamente il lavoro domestico in sé a essere così terribile, ma le condizioni in cui questo lavoro domestico viene svolto: il nostro sistema capitalistico semplicemente non premia abbastanza il lavoro di cura. Posso lavorare in casa quanto voglio, ma alla fine del mese non avrò soldi sul mio conto; e più tardi non avrò alcuna pensione.
Quale sarebbe la soluzione? Il marito versa il 50% del suo stipendio alla moglie casalinga?
Jacinta Nandi: Nessuno sa esattamente come le coppie risolvono tale situazione. I tedeschi non parlano mica di soldi, una cosa che trovo molto interessante. In Germania esiste una specie di pseudo-parità. La maggior parte delle madri lavora part-time o rimane in casa a tempo pieno. Queste donne probabilmente dipendono in gran parte dai soldi dei loro mariti.
Jochen König: A livello sociale andrebbe semplicemente disapprovato un eccesso di lavoro retribuito a discapito del lavoro di cura. A un uomo che torna a lavorare a tempo pieno a poche settimane dalla nascita del proprio bambino, i colleghi dovrebbero dire: “Okay, la tua presenza qui significa che ti stai approfittando di qualcun altro. Qualcun altro che sta riordinando le tue cose in casa o si sta occupando di tuo figlio.”
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Traduzione a cura di: Grazia Polizzi
Immagine di copertina: Maria Lindsey Multimedia Creator
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