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Perché le autrici nere sono cancellate dalla storia della letteratura
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Perché le autrici nere sono cancellate dalla storia della letteratura

Abbiamo cercato di capire perché le autrici nere sono state a lungo invisibili in una storia letteraria francese dominata da uomini bianchi. Inchiesta.

Regolarmente, sui social network, un piccolo gioco consiste nel chiedere agli utenti di Internet di nominare tre registe. Secondo lo stesso principio, se vi chiedessero di fare i nomi di tre autrici nere, riuscireste a trovare abbastanza nomi? Quante ne avete studiate a scuola? È possibile che non abbiate mai letto un solo romanzo scritto da una donna nera nel corso della vostra formazione scolastica.

Va detto che rendere invisibili le donne nere nella letteratura francese non è un fenomeno recente. La storica Audrey Célestine, nel suo brillante libro “Des vies de combat” (L’Iconoclaste), ritrae donne nere, alcune delle quali sono state riscoperte tardivamente: Paulette Nardal, Zora Neale Hurston, Paule Marshall, Suzanne Roussi Césaire… In Francia, la loro invisibilità è iniziata tra le due guerre mondiali, come spiega la storica. “Le donne come le sorelle Nardal avevano spesso un lavoro ‘invisibile’: occuparsi delle pubbliche relazioni o pubblicare opere di successo. E uomini come Aimé Césaire non si sono certo mai rivolti a chi aveva partecipato alla teorizzazione della ‘nég*itude’“. Le donne nere autrici dell’epoca soffrivano sia per la limitazione del loro ruolo da parte degli uomini, sia per una più generale mancanza di interesse per la letteratura al di fuori della Francia continentale.

Un ambiente letterario chiuso

Quando era negli Stati Uniti, Audrey Célestine, cresciuta in Martinica, è rimasta sorpresa nel vedere che la letteratura caraibica era presa molto più seriamente lì che nella Francia continentale. “La produzione artistica e letteraria della Martinica e della Guadalupa continua ad avere un’immagine molto “doudouista” (NdR: termine peggiorativo che si riferisce a una letteratura che sviluppa un punto di vista stereotipato sulle Antille) in Francia. Il rapporto del Paese con la sua storia coloniale e con gli autori e le autrici la cui opera è segnata dalla storia dell’epoca coloniale è complicato. Sono vist* come al di fuori della storia letteraria”. Un’analisi condivisa dalla sociologa della letteratura Kaoutar Harchi. “La Francia e i settori artistici, che lo si riconosca o meno, hanno una storia, e questa storia non ha mancato di attraversare la strada di un’altra storia: quella della colonizzazione e della schiavitù. E ancora oggi spesso pensiamo in termini di categorie ereditate da quel periodo”.

In un ambiente letterario molto chiuso, è difficile far sentire la propria voce se non si corrisponde al mito dell'”artista”. “Secondo questo mito – spiega Kaoutar Harchi – la creazione è solo il frutto innato del genio, del dono e del talento. Dove si ritiene che si svolga una selezione magica che farebbe di te un artista, c’è invece una drastica selezione sociale di individui che possono rivendicare questo titolo raro e privilegiato. Il settore letterario è strutturato da un insieme di relazioni sociali che favoriscono o rendono difficile l’accesso al campo editoriale e al riconoscimento”.

Secondo la sociologa, infatti, le donne nere non sono inizialmente percepite come scrittrici, allo stesso modo di un’autrice bianca, ma come “scrittrici speciali”. Il mito di una storia letteraria universale, che separa le origini dell’autore/autrice dall’opera, è diventato obsoleto? Audrey Célestine, che nel suo libro parla di autrici di grande rilievo come Maryse Condé e Mariama Bâ, deplora questo mito. “Nel mondo dell’arte in Francia, c’è la tendenza a liquidare una figura non bianca se non rientra in una categoria un po’ stereotipata. Far parte di una minoranza nel contesto francese, implica ancora oggi essere categorizzat*”. E la storia letteraria, che si considera neutrale, “emargina, sottovaluta, nega persino il contributo di un gruppo sociale di donne alla vita intellettuale e culturale di un’epoca”, dice Kaoutar Harchi. Ad esempio, solo una donna nera ha ricevuto il prestigioso Prix Goncourt dalla sua creazione nel 1903: Marie NDiaye per “Tre donne forti” (Gallimard).

Roxane Edouard, agente letteraria della Curtis Brown Books, affronta questi limiti ogni giorno. In particolare, è la rappresentante di Laura Nsafou, il cui libro per bambini “Comme un million de papillons noirs” è stato rifiutato da molte case editrici prima di diventare uno dei grandi successi della collana “Sorcières” pubblicata da Cambourakis Editions. “Ci sono così poche autrici nere nella letteratura in generale che una forma di sindrome dell’impostore si sviluppa nelle donne nere autrici”, spiega Roxane Edouard. “Detto questo, non è l’unica spiegazione dell’assenza delle donne nere nella letteratura francese, ma è anche difficile collocare i loro testi. In Francia, ci piace provare a far entrare i testi scritti da donne nere in categorie, in scatole. A volte mi viene chiesto di dire alla mia autrice di prendere come riferimento il testo di una femminista bianca che ha lavorato bene. Un testo scritto da un autore o un’autrice ner* sarà un’opera piena di aspettative. Mentre alla persona dovrebbe essere permesso di raccontare la storia che vuole raccontare senza erigere barriere, senza imporre categorie”.

Riscoperte da gruppi di attiviste femministe e lesbiche

Nonostante questi ostacoli, Kaoutar Harchi osserva che “la posizione delle minoranze le penalizza e allo stesso tempo richiede una sorta di perpetua eccellenza nel campo artistico e ne confonde i confini con il campo militante, associativo…”. È infatti grazie al mondo associativo e militante che alcuni testi hanno cominciato a essere pubblicati alla fine degli anni Novanta. Come il gruppo del 6 novembre, che per primo ha tradotto i testi dell’autrice femminista bell hook. “Testi scritti da donne nere circolavano tra le militanti per i diritti delle persone nere”, spiega Nassira Hedjerassi, sociologa specializzata sul lavoro di bell hook, e Audre Lorde. Un collettivo che era stato creato a Lione ha distribuito opuscoli contenenti testi e traduzioni. C’era in particolare un opuscolo sul razzismo che è stato ampiamente diffuso nel mondo femminista e lesbico attivista”. Le militanti portano alla luce i lavori di bell hook, Audre Lorde, Barbara Neely… Autrici americane, ma anche francesi. “C’era una ricca rete di scambi tra loro”, continua Nassira Hedjerassi. “Ma, per definizione, queste attiviste non avevano il capitale relazionale per avere accesso alla pubblicazione al di fuori delle pubblicazioni ‘confidenziali'”.

Nel mondo dell’editoria francese, infatti, i cambiamenti sono lenti. Dobbiamo aspettare fino al 2015 perché “Ne suis-je pas une femme?” di bell hook sia pubblicato dalle Edizioni Cambourakis. Isabelle Cambourakis, che gestisce la collezione “Sorcières”, l’ha scoperta attraverso questi opuscoli militanti. Come spiega il fatto che ci sia voluto così tanto tempo per pubblicare questi scritti? “Si può spiegare con l’elevato costo della traduzione, e certamente anche con il fatto che questi testi non erano nel mirino degli editori”. Rachèle Bevilacqua, l’editrice delle edizioni Le Portrait, ha pubblicato quest’anno “Diario di una donna nera” di Kathleen Collins, autrice, drammaturga e regista scomparsa nel 1988. Il testo, che mescola saggi e narrativa, ha suscitato un vero e proprio entusiasmo sia da parte della critica che del pubblico. “Per pubblicare questi testi, bisogna avere la curiosità di andare a cercare, di ascoltare”, dice. “Ciò che mi interessa è la differenza”, dice, “Fa nascere i testi più belli. Collins ha un’incredibile capacità di parlare di questioni politiche attraverso le esperienze intime”.

Creare le proprie strutture

Per Roxane Edouard, il mondo letterario sta cambiando e bisogna inventare nuovi spazi laddove le grandi case editrici non si lanciano. “Per alcuni testi, stiamo considerando il micro-publishing, l’autoproduzione”, spiega. “In Inghilterra, Valerie Brandes ha fondato la sua casa editrice Jacaranda Books, che sta ottenendo ottimi risultati. Fa un lavoro notevole e pubblica solo autori e autrici che subiscono discriminazioni razziali. Questo dimostra che si può raggiungere il successo. Forse dovremo creare i nostri percorsi, almeno per alcuni progetti. Mostrare cosa è possibile”.

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Il collettivo non misto “Cases Rebelles”, che esiste da dieci anni, ha seguito questa strada: l’anno scorso ha lanciato e completato un piano di finanziamento partecipativo per la creazione della sua casa editrice. “L’idea è quella di diffondere testi che ci interessano, che ci stimolano e che hanno un impatto emancipatorio”, spiega il collettivo, che prevede di pubblicare un libro che metta in luce le voci delle persone nere e delle persone trans. “Vogliamo offrire l’accesso a geografie, problematiche e visioni che non corrispondono ai contesti commerciali e stereotipati delle voci nere pubblicate”.

Un desiderio, tra le altre cose, di dare ascolto alle voci francofone. “In Francia, c’è un certo fascino per le persone nere americane che ricorda un po’ il feticismo del movimento per i diritti civili, il Black Power”, spiega il collettivo. “Le storie di queste persone nere sono seguite da molto lontano e con un senso di sicurezza che non sussiste quando si tratta di voci nere troppo legate alla Francia. È distaccato e quindi non implica necessariamente la rimessa in discussione della propria posizione nei meccanismi messi in atto negli spazi sociali della vita quotidiana, nell’esistenza di un sottoproletariato alimentato dalle migrazioni africane di sopravvivenza, nel mantenimento delle colonie francesi in Guadalupa o nella Guyana francese, per citarne solo alcune. Sì, è un bene tradurre bell hook, ma oggi abbiamo bisogno delle traduzioni di Saidiya Hartman, Christina Sharpe, Dionne Brand, Zoé Samudzi o Jessica-Marie Johnson”.

Per Audrey Célestine, qualcosa si sta muovendo, lentamente, grazie al lavoro di attiviste afro-femministe e giovani ricercatrici del mondo accademico. Roxane Edouard ritiene che l’obiettivo finale sarebbe “che un lettore o una lettrice scegliesse un libro da una libreria senza conoscere il colore della pelle dell’autore o dell’autrice”. Questo è uno scenario che tocca profondamente il lavoro dell’autrice americana Toni Morrison. “Ha questo desiderio di creare un canone letterario americano nero e allo stesso tempo di avere come orizzonte lo smantellamento della razza”, spiega Audrey Célestine. “Incoraggiare le autrici nere non è in contraddizione con un progetto finale che è quello di scrivere un libro in cui non dobbiamo specificare se i personaggi sono bianchi o neri”.

Fonte
Magazine: Cheek Magazine
Articolo: POURQUOI LES AUTRICES NOIRES SONT LES GRANDES OUBLIÉES DE LA LITTÉRATURE
Scritto da: Pauline Le Gall
Data: 27 ottobre 2020
Traduzione a cura di: Charlotte Puget
Immagine di copertina: Christina @ wocintechchat.com
Immagine in anteprima: Pinterest

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