Articolo di Lenny Melziade
Non sono una grande divoratrice di serie tv. Le inizio e le mollo lì dopo qualche episodio, a meno che non ci siano cliff-hanger spaventosi alla fine di ogni episodio (citofonare Breaking Bad, unica serie consumata in un mese circa). Ma se c’è una cosa che ho imparato è: fidati di due amici che ti dicono «Oh, DEVI vedere quella serie».
E questa è la breve inutile storia di come ho iniziato a guardare una delle serie del momento, la britannica Black Mirror. Si tratta di una serie antologica: ogni puntata consta di storie, ambientazioni e personaggi differenti, tutte accomunate dal leitmotiv richiamato dal titolo: uno schermo. Sia esso quello del computer, il cui algoritmo ci permette di parlare con i nostri cari defunti, quello delle lenti a contatto iper-tecnologiche che ci fanno rivivere tutti i nostri ricordi, o lo schermo dello smartphone, sempre connesso al social network alienante di turno.
L’ultima stagione, la terza, è stata trasmessa in ottobre, ed è la più lunga mai prodotta. Tra alcuni episodi poco interessanti, e alcuni abbastanza angoscianti, spicca tra tutti un episodio davvero particolare. Si tratta di San Junipero, che a mio avviso rappresenta la piccola perla di tutta la serie.
Si distacca dagli altri episodi per via dei toni pastello e più edulcorati: se negli altri troviamo tinte scure, ansiogene, che spesso ci lasciano un senso di disagio e smarrimento, San Junipero è come il gelato dopo il dentista, un respiro di sollievo. E soprattutto una deliziosa favola queer.
Attenzione, attenzione, spoiler necessari. Se non avete ancora visto la serie, e non volete rovinarvi nulla, chiudete l’articolo, gironzolate su Bossy e cercate altri articoli interessanti.
Se invece siete senz’anima e volete rovinarvi tutto, prego:
San Junipero si apre con una ragazza un po’ goffa di nome Yorkie che gironzola per una città turistica della costa californiana, San Junipero appunto. Musica e vestiti sono così squisitamente anni ‘80 che ci viene voglia di farci il frisée cantando Heaven is a place on earth (e di riguardare Stranger Things, ma va be’).
Yorkie entra in un locale e resta incantata da una bellissima ragazza di colore, Kelly, che cerca di “fuggire” da un suo flirt, Wes. Le due cominciano a chiacchierare, ma Yorkie non si sente a suo agio a farsi vedere sulla pista da ballo con una ragazza. Kelly ci prova spudoratamente, Yorkie va nel panico e dice di essere fidanzata, scappando via.
La settimana dopo, Yorkie torna al locale, rincontra Kelly, intenta a flirtare con un altro uomo. Le due ragazze chiacchierano brevemente per poi recarsi al bungalow di Kelly. Qui scatta il bacio e consumano un rapporto sessuale. Yorkie ammette di essere vergine, non ha mai avuto rapporti né con uomini, né con donne.
L’orologio segna la mezzanotte e la scena cambia.
Passa un’altra settimana e Yorkie si reca nuovamente al locale per cercare Kelly, ma invano. Si sposta quindi in un altro locale della città, dove trova Wes. Fin qui tutto normale, sembra una serie TV nella norma, due ragazze si conoscono, hanno un rapporto, bla bla.
Mentre guardavo la puntata (e siamo già a metà) mi chiedevo che razza di episodio fosse, così diverso da tutta la serie, e tra quanto si sarebbe smentita, rompendo questo idillio eighties.
Si tratta di un delizioso crescendo: non capiamo che si tratta di una puntata sci-fi fin quasi alla fine, a differenza delle altre puntate.
È Wes a confermare che non è “tutto nella norma”: quando Yorkie gli chiede dove sia Kelly, lui risponde di provare in altre epoche.
«A volte è qua negli anni ‘80, a volte nei ‘90… o nei 2000.»
Cosa che cosa?
Nelle scene successive troviamo una Yorkie alla disperata ricerca di Kelly in diverse epoche, come suggerito da Wes. Quando finalmente la trova, negli anni Duemila, le due hanno una conversazione che – dovrebbe – farci capire il contesto: Kelly dice di trovarsi lì per divertirsi e Yorkie le chiede quante persone attorno a loro siano già morte.
Flashforward: San Junipero è una tecnologia moderna che permette alle anime dei morti di vivere in una realtà virtuale in sembianze giovanili, e cui le persone ancora in vita possono accedere per un periodo di prova limitato.
Yorkie è infatti ridotta a uno stato vegetativo da anni, a causa di un incidente avvenuto in seguito al coming out con i genitori, ferventi religiosi. Vorrebbe optare per l’eutanasia e, per evitare i cavilli legali che la legano alla decisione dei suoi genitori di tenerla in vita, decide di sposare
Kelly, invece, è malata di cancro terminale e a sua volta accede solo temporaneamente al programma di vita virtuale.
Una volta al bungalow di Kelly a San Junipero, quest’ultima racconta a Yorkie del suo passato: era sposata con Richard, che, una volta morto, scelse di non farsi “trapiantare” a San Junipero. Kelly si vide quindi preclusa la possibilità di vivere dopo la morte assieme al marito, e decise di seguire la strada della morte “convenzionale”.
Quando, nella vita reale, Kelly si reca presso la casa di cura di Yorkie e conosce l’infermiere Greg, viene a conoscenza del matrimonio combinato al fine di concludere il processo di eutanasia. Kelly decide quindi di tornare a San Junipero per chiedere a Yorkie di sposare lei, invece di Greg. Ovviamente Yorkie accetta, e una volta firmate le carte del matrimonio, si spegne in pace.
Yorkie diventa quindi una cittadina effettiva di San Junipero, mentre Kelly è vincolata alle visite temporanee del periodo di prova. Quando il suo cancro peggiora, sceglie l’eutanasia e, a dispetto di quanto deciso alla morte del marito, decide di continuare la sua vita sulla costa californiana insieme a Yorkie.
La puntata si chiude in una gigantesca sala server in cui vediamo dei robot “impiantare” le coscienze degli abitanti di San Junipero.
Il meccanismo della vita virtuale non è lampante e viene spiegato man mano da Yorkie e Kelly, ma come detto, alla fine dell’episodio ci viene da sorridere pensando che le due resteranno insieme per sempre.
Una delle serie tv più ansiogene e crude degli ultimi anni ci sgancia una bomba del genere, con un happy ending che vi dico spostatevi e datemi i fazzoletti.
La puntata è una piccola perla queer, al di là della relazione omosessuale tra i personaggi (i primi due personaggi omosessuali/bisessuali della serie).
Kelly è bisessuale. Lo dice apertamente ed è la cosa più normale del mondo, non viene nascosta o ridimensionata nemmeno un po’:
«Quarantanove anni. Sono stata con lui per quarantanove anni. Non puoi immaginare, non puoi sapere. Il legame, l’impegno, la noia, gli sbadigli, le risate, l’amore. L’amore, cazzo. Non puoi sapere.»
Omosessualità e bisessualità sono accettate e nessuno si scompone quando Kelly sposa Yorkie, per quanto fittiziamente. Non ci sono nemmeno i classici stereotipi legati alle donne omosessuali: non si tratta di “butch”, di donne con problemi mentali o “curiose” (stigmatizzazione che ritroviamo spesso e volentieri in TV quando ci sono personaggi lesbiche).
Si tratta anche di una delle poche serie TV in cui i personaggi LGBT non fanno una brutta fine (vedi The 100 e The Walking Dead). Non c’è un briciolo di “bury your gays” (per approfondire, clicca qui)
O meglio, sì, sono personaggi LGBT che effettivamente muoiono, ma hey, vanno in posto migliore e stanno insieme!
Non sappiamo se gli scrittori fossero al corrente del dibattito del BYG ma, nonostante la morte, Yorkie e Kelly possono continuare a vivere il loro amore. Perché i finali felici esistono anche per le coppie LGBT.
Si potrebbe far comunque notare che le due hanno potuto vivere il loro amore solo grazie a San Junipero, ed è la stessa Yorkie che lo lascia intendere:
«Se non fosse stato per questo posto non ci saremmo mai conosciute, nella vita reale non ti sarei mai piaciuta.»
Nonostante la morte, la puntata fornisce in ogni caso un certo sollievo, reso maggiore dalla natura stessa dell’intera serie. L’immagine che ne ho in mente mentre scrivo è quella di una collana di perle nere, con un un’unica perla color rosa pastello. Quella è San Junipero.
Inoltre, la storia non si basa sulla scoperta della propria sessualità e delle lotte (anche personali) che ne conseguono. Kelly è bisessuale, non ne fa mistero e non è stereotipata. Yorkie non ha mai avuto rapporti, ma non è per niente sconvolta dopo aver perso la verginità con Kelly e vive la cosa con naturalezza, lontana dall’odio bigotto della famiglia religiosa.
L’omofobia della famiglia di Yorkie è un piccolo elemento di disturbo, è vero. Quando la ragazza ammette di essere omosessuale, i genitori la ripudiano, e lo shock di tale discussione farà in modo che Yorkie abbia un incidente d’auto, motivo per cui Yorkie è tetraplegica.
Questa è la realtà non idilliaca di Yorkie, fatta di un’omofobia pericolosa che le ha rovinato la vita. Ma è anche grazie a quel dolore che lei è in grado di accedere a San Junipero, conoscere l’amore e vivere felice una volta morta.
San Junipero si offre come “premio” per questa sofferenza, per il “crimine” della sua omosessualità.
La puntata è stata acclamata dalla comunità LGBT e dalla critica, anche se alcuni hanno fatto notare che, per quanto bella, non sia un riflesso della nostra società, e che comunque Yorkie e Kelly abbiano bisogno di una vita virtuale per coltivare il loro amore, visto che la vita “reale” (espressa dai genitori di Yorkie) non le accetterebbe.
Trovo però che si tratti di critiche abbastanza infondate: è molto importante che la serie abbia abbandonato per un attimo il Bury Your Gays, mostrando che l’amore è amore, al di là dell’età e dell’orientamento sessuale. La morte non è che un espediente narrativo: il produttore ha infatti confermato che la puntata non è uno “sci-fi lesbo”, ma semplicemente una storia di formazione, in cui le due protagoniste crescono.
Il fatto che siano omosessuali è un accessorio. L’intento degli autori è proprio quello di normalizzare l’omosessualità, togliendone ogni stereotipo televisivo.
Del resto, come possiamo considerare una serie come Black Mirror “fedele alla realtà”?
È ovvio che non rispecchi la nostra società odierna, e pensarlo, dopo aver visto le altre puntate e dopo aver visto che San Junipero è ambientato in un’epoca storica diversa in un mondo utopico, è abbastanza ridicolo.
La vita della comunità LGBT non è sempre un arcobaleno e non si conclude sempre con un happy ending come per Yorkie e Kelly, ma si tratta di una serie dichiaratamente di finzione.
Trovo molto più deludente una serie TV ambientata ai nostri tempi con forti componenti realistiche che, però, dipinge i gay come felici unicorni glitterati, quando spesso e in molti posti del mondo non è così.
Il fatto che si tratti di una puntata così positiva in mezzo a un mare di ansia, la pone ancora di più su un piedistallo. Se tutte le altre puntate sono distopiche, la quarta della terza stagione è una vera e propria utopia, grazie al suo amore che trascende la vita e la morte.
Nessuno di noi avrà un suo San Junipero, Heaven is (not) a place on earth, come recita la canzone finale. Ma ci piace per un attimo cullarci in questa bella favola queer.
esistono le butch ed esistono ragazze lesbiche o bisex che butch non sono, non è stereotipo raccontarle, oggi c’è pluralitànin tv fra i personaggi non etero. Se in una serie tv muoiono personaggi sia etero sia gay non è omofobia, comunque l’episodio è bellissimo
“Fin qui tutto normale, sembra una serie TV nella norma, due ragazze si conoscono, hanno un rapporto, bla bla.”
Avevamo proprio bisogno di Black Mirror per capire in che mondo assurdo viviamo…