Jamila, che all’anagrafe fa Jamila Kasraoui, è una giovanissima artista nata nel 2001 che ha per la chitarra una passione che l’accompagna fin da quando era ancora più giovane di quanto sia oggi. E la musica, nel suo suonare e nello scriverla, è sempre stata la sua coperta di Linus, essenziale per arginare le angosce dell’adolescenza.
Nel 2019 Jamila ha pubblicato il suo EP di esordio “Ego”, totalmente autoprodotto e registrato con il solo uso dell’iPhone nel 2009: un pugno di canzoni nude e crude che le hanno permesso di farsi notare da Ferramenta Dischi con la quale questo inverno pubblicherà il suo primo disco. A giugno abbiamo avuto un’anticipazione di questo lavoro con “La dottrina delle piccole cose”, brano nato dalla collaborazione con il produttore artistico Zibba che ha curato anche tutto l’album.
Con lei abbiamo parlato di musica, dei suoi coetanei, di amore, e di tutte quelle piccole cose che la fanno felice.
Jamila, per presentarti ai nostri lettori ti chiedo di indicarci quali sono i tre dischi che non ti stanchi mai di ascoltare, i/le/* tre artist* di riferimento e di ispirazione e le tre canzoni che hai ascoltato incessantemente durante l’estate.
Affascinante la richiesta di presentarmi tramite dei dischi di riferimento, affascinante quanto difficile come domanda perché la varietà di ascolti che ho sempre mantenuto è anche ciò che mi ha arricchita. Per selezionare tre dei dischi che mai mi stanco di ascoltare ne dirò uno cantautorale, uno storico e uno moderno. L’album “Dalla” del grande Lucio, ma giusto per indicarne uno fra i molti, poi “The Uprising” di Bob Marley, e nonostante ci siano tanti artisti e progetti moderni che mi prendono particolarmente, l’album “Polaroid” di Franco126xCarl Brave ha un sound che mi accompagna facilmente ovunque in quest’ultimo periodo. Anche identificare tre soli artisti a cui mi ispiro è difficile, ma sicuramente non posso negare di essere molto “figlia” di Mannarino, in quanto il suo linguaggio e la sua sensibilità nel raccontare anche storie tragiche mi hanno insegnato molto. Oltre a lui mi ispiro in generale ad autori che scelgono di dire qualcosa nei loro testi, qualcosa che non è pensato necessariamente per colpire ma che poi alla fine lo fa, perché viene da dentro. Per citare altri due autori a mio parere molto bravi a far questo posso fare il nome di Fabrizio De André e Pino Daniele. La mia estate, accanto alla frequente rotazione di “Polaroid”, ha visto un massiccio ascolto del pezzo “Due ali” di Frah Quintale, paradossalmente accanto a una traccia di tutt’altro genere che è “Ai du” di Ali Farka Touré. In generale questa estate posso dire di essermi avvicinata di nuovo all’ambiente di ascolti emergenti, che è ciò da cui sono partita, e contemporaneamente di avere ampliato molto i generi dei miei ascolti, tornando anche a pezzi di soli strumenti.
Quali sono oggi i maggiori trend musicali tra i tuoi coetanei? Cosa va “di moda” e cosa invece a livello di band/musicist*/generi musicali è snobbato? Cosa attira un* teenager del 2020 musicalmente?
La difficoltà nel rispondere a questa domanda è, se vogliamo, anche superiore a quella di prima. Questo accade per la semplice ragione che fin dal primo anno di liceo non ho mai frequentato miei stretti coetanei, fuori poche eccezioni, in quanto per situazioni ma anche scelta mia mi sono sempre trovata con gente 3 o 4 anni più grande di me. Nonostante ciò conosco più o meno cosa va di moda tra i miei coetanei e potrei dire che pop, trap e ciò che viene chiamato “indie” dominano molto la scena. Ovviamente questa è una risposta fin troppo generalizzante, perché chiaramente esistono molte realtà di giovani che ascoltano ancora i vecchi classici, ma anche il metal, il punk o l’hip hop. Ciò che viene un po’ snobbato forse è proprio il cantautorato, che magari non spicca di forza trainante nelle basi, ma che richiede di essere ascoltato con il cuore per essere trainati davvero. Con ciò sicuramente anche l’altra musica viene ascoltata con il cuore, mi auguro. Difficile dire quindi cosa attiri un/una teenager del 2020 di preciso: l’unica cosa che mi sento di poter dire è che ognuno di noi viene attratto e preferisce ascoltare qualcosa dove si ritrova in qualche modo, più o meno vicino, più o meno diretto.
“La dottrina delle piccole cose”, il tuo ultimo singolo, è una canzone d’amore che parla di te, della tua storia. Qual è secondo te la canzone più bella che sia stata mai scritta? E quella che invece avresti voluto scrivere tu? Quali sono invece le piccole cose che ti fanno felice e credi siano fondamentali per il buon andamento di una relazione amorosa e, più in generale, di una relazione interpersonale?
Anche la domanda di indicare la più bella canzone mai scritta mi sembra dimentichi la varietà di opere d’arte presenti da quando la musica viene fatta. Al momento posso dire che se c’è una canzone con cui voglio crescere i miei figli quella è “Vivere la vita” di Mannarino, ma scegliere questa come migliore testo del mondo è impossibile, come lo sarebbe con qualsiasi testo scegliessi di riportare. Scrivendo canzoni poi non mi viene da dire di nessun testo che avrei voluto scriverlo io, per il semplice fatto che se non l’ho scritto io è perché non viene da dentro me, e va bene così. Tra le piccole cose che mi rendono felice e serena c’è proprio il concetto che non sono cosa precise: non ne esistono di indispensabili, se non il rispetto e la benevolenza reciproca, che possono anche presentarsi in piccoli gesti, ma io li definirei più che altro grandi concetti.
Com’è nata la collaborazione con Zibba? Quali sono gli artisti con i quali ti piacerebbe entrare in contatto per lavorarci insieme?
La collaborazione con Zibba è andata molto bene. Io e lui ci capiamo bene e ci troviamo come persone: il lavoro svolto infatti è stato molto proficuo e stimolante. La cosa che più mi piace è che io, uscendo dalla mia cameretta con pochi e basilari strumenti, non avevo nemmeno molto linguaggio per pensare e far evolvere le mie creazioni, e Zibba è stato fin da subito capace di rendere concreti i miei pensieri astratti, fornendomi poi con il tempo insegnamenti per farlo autonomamente. Tra gli altri artisti con cui mi piacerebbe lavorare sicuramente nomino Nada, in quanto parte della mia colonna sonora di vita, e di ispirazione per la dolcezza e il sentimento nelle canzoni. Sarei molto curiosa anche di lavorare con un’artista come Awa Fall, che – pur facendo un genere che è differente dal mio – è una delle voci femminili che più preferisco del reggae, genere nel quale un giorno mi piacerebbe riuscire a cimentarmi.
Finire alla ribalta tra interviste, pubblicazioni, concerti, ha cambiato la tua vita? E come? Quali sono le sensazioni che si provano quando si inizia a suonare fuori dalla propria cameretta?
Purtroppo e in parte anche per fortuna le prime interviste e le prime pubblicazioni sono state durante il periodo della quarantena, quindi non hanno sconvolto la mia vita di troppo, anzi direi quasi per niente, e penso in realtà che sarebbe stato così anche senza emergenza Covid-19. Sicuramente sono nuove esperienze che con loro portano stimoli, ed è qualcosa di nuovo e piacevole stare a un computer a rispondere a domande sulla mia arte anziché a studiare. La parte più incisiva sono stati i primi concerti, “fuori dalla cameretta”, che però erano iniziati già un anno e mezzo fa. Le ultime date fatte mi hanno vista in sei giorni aprire i concerti di due dei miei più cari cantautori italiani, quali Dente e Brunori Sas, fare circa 1400 chilometri per i vari spostamenti fra sud e nord Italia, che si concludono con questo viaggio in macchina durante il quale rispondo a queste domande. Questa è stata la parte più stravolgente dal punto di vista di ritmi ed esperienze totalmente nuove.
Il tuo primo ep, “Ego”, lo hai completamente autoprodotto e registrato con l’iPhone, spesso si discute su come forse era “meglio un tempo”, in cui non era a portata di tutti la possibilità di creare e farsi conoscere. Pensi invece che i social, la tecnologia, internet in generale, parte integrante della quotidianità e delle abitudini della tua generazione, se usati in modo intelligente e mirato, siano un plus per il modo di fare musica? Come tutti questi strumenti non dovrebbero, a tuo parere, essere utilizzati?
Proprio in questi ultimi due giorni con i ragazzi dell’etichetta, Dente e Zibba, abbiamo affrontato questo discorso e quello che ne è venuto fuori è che di sicuro ci sono pro e contro valutabili. Il lato positivo del fatto che la musica sia alla portata di tutti e che i social permettano facilmente di farsi conoscere è che più artisti che prima rimanevano in cameretta hanno possibilità di dire la loro. Dal lato opposto quello che accade è che, per essere schietti, si fa molta più fatica a trovare cose autentiche in quanto purtroppo magari vengono nascoste dalla grande mole di persone che sfrutta questa possibilità di esprimersi con leggerezza. Io non sono nessuno per definire la validità o meno del testo scritto da un’altra persona, ma a livello di gusti personali è questo quello che riscontro.
L’anno si avvia ai suoi mesi finali. Cosa sogni per il 2021? Cosa invece speri non accada? E i tuoi progetti professionali/personali a medio lungo-termine, quali sono? Su cosa stai lavorando?
Per me il 2020 è ancora lungo quindi intanto sogno qualcosa per i prossimi mesi, e si tratta di fare date, perché suonare di fronte alle persone al momento è ciò che più mi manca e più mi piace fare, per quella alchimia che con l’ascolto su Spotify non si crea. Nel 2021 spero come molti altri insieme a me, che l’emergenza sanitaria non ci rinchiuda nuovamente in casa perché oltre che al mio percorso di artista sono all’inizio anche di quello universitario e odio dannatamente una lezione tramite uno schermo. Di progetti a lungo/medio termine ce ne sono alcuni, che però rimarranno segreti fino al momento opportuno. Con l’etichetta abbiamo in previsione l’uscita di qualche singolo e poi dell’album per l’anno nuovo. In questo momento particolare ho finito di lavorare all’album e sto lavorando molto su me stessa, cosa che mi porta a lavorare anche a diversi pezzi nuovi.