Negli ultimi anni ha preso piede nel campo scientifico la medicina genere-specifica, ovvero la medicina che studia le differenze biologiche e socioculturali dei generi e la loro influenza sugli stati di salute e di malattia delle persone. Non si tratta di una mera analisi di quelle caratteristiche sessuali che incidono sulla frequenza, la gravità e i sintomi di determinate patologie o sulle risposte degli organismi, ma di uno studio integrato che tiene conto, oltre che della fisiologia, anche dei fattori ambientali, psicologici e socio-culturali.
La medicina genere-specifica ha messo in luce ad esempio l’esistenza di comportamenti, abitudini e stili di vita, più o meno diffusi a seconda dei diversi generi, che hanno delle ricadute importanti sulla salute del/della paziente o sull’efficacia di determinate terapie, nonché l’influenza che i generi, inquadrati nelle culture di appartenenza delle persone, hanno sulla condotta del/della paziente, sulla sua risposta alle cure, sul suo accesso ai servizi sanitari. Per quanto purtroppo ancora intrisa di una visione binaria del sesso e del genere, che pervade dunque anche i discorsi relativi al tema della salute (come quello che faremo), negli ultimi anni la medicina sta comunque facendo emergere un errore di valutazione che a lungo è stato portato avanti, ovvero l’idea che il corpo maschile avesse valore universale.
Androcentrismo
Per secoli la medicina è stata androcentrica. Gli studi e le sperimentazioni erano condotti su corpi maschili e, di conseguenza, anche i risultati, essendo cuciti su di loro, erano più idonei a pazienti uomini. La “questione femminile” nel campo medico è stata posta seriamente solo negli anni Novanta, fino a quel momento le differenze di genere sono state praticamente ignorate e l’attenzione alla salute femminile è stata relegata alla sfera riproduttiva.
Come era accaduto con la pediatria, nata quando finalmente si ebbe consapevolezza del fatto che bambinə e adolescenti non fossero adultə in miniatura, anche alcune branche della medicina nacquero quando le donne smisero di essere considerate degli uomini mancati. Se molti studi scientifici orientati in base al genere si rivolgono oggi a quello femminile è proprio per le gravi lacune che la medicina deve ancora colmare relativamente ai corpi femminili.
La salute fisica
A prescindere dal genere poi, la salute fisica è stata data da sempre per scontata, tanto che lo standard, la conformità e quella che viene considerata “normalità” continuano tuttora a coincidere con i corpi temporaneamente non disabili. Privilegio di pochissime persone, la salute fisica non andava né ricercata né preservata: doveva semplicemente esservi.
E laddove mancava, anche le persone risultavano lacunose. Non abbiamo esempi nella letteratura di protagonistә con disabilità o con patologie, ad eccezione di quelli più recenti, spesso però frutto anch’essi della cultura abilista che vede nelle persone con disabilità dell’eroicità per il solo fatto che esistano.
Al netto di questo stigma sulla salute che è assolutamente pervasivo e non si ferma davanti a nessun genere e delle differenze sessuali e della loro incidenza sul funzionamento dei corpi, esiste poi un legame tra il genere (e la sua portata sociale) e la salute, scientificamente riconosciuto e su cui l’Istituto Superiore di Sanità ha dedicato una interessante sezione del proprio sito.
Maschilità tossica
A incidere sul livello di informazione e di consapevolezza delle persone relativamente alla salute è, tra gli altri fattori socio-culturali ed economici, anche la maschilità tossica. La maschilità tossica induce gli uomini a pensarsi forti sempre e dunque impossibilitati a esternare sofferenza e difficoltà, o a sottrarsene, provare delle emozioni e averne cura, mostrare le proprie debolezze e fragilità ed eventualmente chiedere aiuto.
L’uomo, o meglio il “Vero Uomo” secondo il paradigma machista, sarebbe ancora quell’eroe guerriero, forte, virile ma anche aggressivo, bellicoso, sicuro di sé e capace di gestire da solo ogni situazione che, in difesa del proprio onore, non può che andare avanti da sé contro le avversità della vita. Secondo questo modello, la donna, invece, inferiore e bisognosa di aiuto per natura, non può fare altro che reprimere quei tratti che la rendono così diversa dall’uomo, nel vano tentativo di somigliargli quanto più possibile, o abbandonarsi alle proprie fragilità.
Questo stigma non solo condiziona il comportamento delle persone tutte ma, non essendo fedele alla complessità della realtà effettiva, danneggia irrimediabilmente la loro esistenza, compromettendone la felicità e spesso addirittura pregiudicandone la salute.
Genere maschile e salute: a che punto siamo?
La parità di genere passa anche per la salute, la prevenzione, l’informazione e l’accesso alle cure e alle strutture sanitarie. Ma a che punto siamo? Quali differenze persistono ancora?
Come è riportato nei “Quaderni” del Ministero della Salute dedicati al rapporto tra genere e salute, “La letteratura sul consumo di alcol negli adulti ha indicato che nelle femmine, fisiologicamente portate ad assumere inferiori quantità di alcol, la maggiore disapprovazione della società nei confronti del bere e l’aumentato rischio di aggressioni fisiche e sessuali rappresentano fattori preventivi rispetto all’uso pesante di bevande alcoliche. Le donne, inoltre, hanno minore probabilità di avere caratteristiche associate al consumo eccessivo di alcol, quali aggressività, utilizzo della sostanza per ridurre lo stress, ricerca di sensazioni forti e antisocialità”.
Oltre all’alcol anche il fumo è un fattore di rischio che incide sull’insorgenza di numerosissime patologie: nello stesso documento è indicato che a fumare sono per il 31% uomini e per il 6% donne. Nel 2010 sono morte quasi 71.000 persone per conseguenze legate al fumo: di queste circa 53.000 erano uomini.
La sedentarietà, altro stile di vita poco sano, è invece più frequente nelle donne (34%) che negli uomini (28%) i quali tendono mediamente a praticare maggiore attività fisica.
Sempre le donne mostrano poi una tendenza a preferire cibi più salutari, a consumare meno carni rosse e più frutta e verdura. Il profilo nutritivo femminile medio si addice a un regime alimentare più sano e utile ai fini della prevenzione e questo incide sullo stato di salute del loro fisico. Dall’altra parte i disturbi alimentari, per la pressione sociale a cui i corpi femminili sono quotidianamente sottoposti, dilagano nel genere femminile e sono invece meno frequenti in quello maschile.
Diversi studi, come quello pubblicato su The Lancet, dimostrano poi come, anche in medicina, si possa parlare di diseguaglianze di sesso-genere. Queste muovono dall’asimmetria delle relazioni sociali di genere e sono pervasive. Grazie ai femminismi, le persone che hanno iniziato a emanciparsi dagli stereotipi di genere hanno beneficiato della liberazione, della consapevolezza e dell’accettazione del corpo, che prevedono innanzitutto una conoscenza e una rimozione dei diversi stigmi che gravano su di esso.
Gli uomini tendono ad avere molti meno contatti con il mondo sanitario, a non effettuare una prevenzione adeguata, a rivolgersi al personale medico solo in caso di stretta necessità e a essere meno informati su quanto concerne la salute. In particolare, procrastinano o saltano gli screening con maggiore frequenza delle donne, sono più riluttanti all’idea di rivolgersi alle strutture sanitarie e a informarsi su una data condizione di malessere o disturbo. Finalmente la scienza e gli studi di genere stanno iniziando a occuparsi del nesso che sussiste tra la maschilità tossica e la salute maschile, ma la strada verso la consapevolezza di sé e del proprio corpo per gli uomini è ancora molto lunga e in salita.
Gli uomini sono molto più indietro quanto a consapevolezza del proprio corpo e della propria salute fisica e mentale. I numeri sono allarmanti e ci mettono davanti all’urgenza di agire contro questo trend pericoloso: la mancanza di consapevolezza, la trascuratezza, la disattenzione provocano a loro volta l’assenza o comunque l’insufficienza di un’adeguata prevenzione maschile.
Cosa si può fare?
Negli ultimi anni si sta cercando di sensibilizzare le persone al tema della salute maschile e di avvicinare la sanità agli uomini con dei programmi più specifici che però, essendo partiti di recente, ancora non possono essere risolutivi del problema. Novembre è stato poi istituito come mese dedicato alla prevenzione maschile e qualche passo avanti verso la rimozione dello stigma dell’invincibilità dei corpi maschili è stato fatto. Ma la strada è ancora lunga.
È fondamentale normalizzare l’attenzione alla salute fisica e mentale di tutte le persone: la norma dovrebbe essere prendersi cura di sé, salvaguardarsi, attivarsi per il proprio benessere e avere la possibilità e gli strumenti per farlo, compreso l’accesso alle strutture sanitarie e alle cure, perché è questo che meritiamo, e non nascondere, negare, sopprimere le nostre insicurezze, debolezze e malesseri. E abbiamo bisogno di una medicina che superi il binarismo e di ricerche che non si rivolgano e non siano dedicate solo a persona cisgender.
Prendersi cura della propria salute non è sinonimo di debolezza, ma un atto di amore che ogni corpo e ogni mente, di qualunque genere siano, meritano.
uomini e donne esistono non è binarismo, i disturbi alimentari non sono frutto di pressione estetica. gli uomini devono prestare attenzione alla loro salute
uomini e donne cis e trans