Il fiore del 25 aprile ora è nostro. È stato piantato dai partigiani e dalle partigiane che hanno messo a disposizione la propria vita (perdendola, in molti casi, nello specifico quarantaquattromilasettecento) per garantirci un futuro libero dalla piaga della dittatura. È stato travasato nella nostra Costituzione, alla base del nostro ordinamento giuridico. È stato annaffiato con cura dalla lotta antifascista che ha impedito nei decenni successivi alla fine del secondo conflitto mondiale che il seme dell’odio nazifascista potesse nuovamente attecchire sul terreno della paura e delle incertezze.
E oggi? Cosa ne è di quel fiore? L’ultimo anno ci ha portato via moltissimo, sul piano personale e collettivo: ci ha portato via la nostra quotidianità, la nostra socialità, le nostre libertà. Ci ha portato via, più di ogni cosa, le persone a noi care. Allo stesso modo, a poco a poco, abbiamo visto spegnersi la maggior parte delle ultime persone depositarie di quel primo seme. I nostri partigiani e le nostre partigiane stanno scomparendo, complici il tempo e la pandemia da Covid-19 che ha in molti casi accelerato questo processo inevitabile. Senza la nostra memoria storica in vita, riusciremo a conservare quel fiore? Riusciremo a proteggerlo, a portarlo avanti? Riusciremo a farlo scampare dall’inverno dell’oblio, dalle intemperie del revisionismo storico, dalla gramigna dei rigurgiti neofascisti e neonazisti che imperversano, in tutta Europa e nel resto del mondo, da ormai molti anni? Sta a noi.
La prosecuzione della memoria è un lascito che ci viene affidato oggi, quando ci avviciniamo sempre più al momento in cui non ci sarà più nessuna persona a poter raccontare direttamente ciò che è stato. Sarà sempre più facile, nel futuro, affermare che non sia mai avvenuto. Ribaltare la realtà, mistificare e mettere in dubbio i fatti, distorcere il passato e gli eventi che hanno interessato l’Italia dall’Armistizio dell’8 settembre 1943 alla Liberazione del 25 aprile 1945. Quando verranno quei giorni, bisognerà essere prontə. Farsi carico di questa eredità storica è un imperativo morale: lo è ancor più in un contesto sociale come quello attuale fatto di enormi incertezze. Quando si ha paura, quando il domani appare nebuloso e terrificante e l’oggi non lascia adito alla speranza, quando la fiducia e il profondo desiderio di un miglioramento sociale e comune si affievoliscono, diviene molto semplice per l’odio serpeggiare indisturbato e non visto.
Le continue aggressioni (fisiche e verbali) che hanno interessato non solo l’Italia negli ultimi anni hanno come matrice la xenofobia, il razzismo, l’omolesbobitransfobia, la misoginia, il classismo, l’odio generalizzato per ciò che si discosta dalla norma costituita e socialmente e culturalmente accettata come “naturale” e per ciò che è “altro da noi”. Sono queste un richiamo fortissimo al periodo nazifascista, ma vengono continuamente derubricate e minimizzate. Tutto, pur di non chiamarle con il proprio nome. Tutto pur di non ammettere che i sentimenti che hanno animato il fascismo e il nazismo sono ancora forti e lungi dall’essere relegati ai libri di storia, che quel mostro non è mai stato pienamente sconfitto e più che un fantasma che aleggia sulle nostre esistenze somiglia sempre più a un gas velenoso che infetta interi Paesi. Per questo motivo l’antifascismo oggi non deve assumere le sembianze di un retorico ideologismo datato: è lotta reale e concreta contro un mondo e un sistema che hanno fatto dell’odio per gli altri esseri umani vessillo di guerra.
Possiamo ignorarlo, fingere che non sia così. Per fortuna esistono realtà e persone che rifiutano questa negazione della realtà e ci presentano i conti con la bestialità cui abbiamo affibbiato altri nomi e altri volti. È il caso della mappa geografica delle aggressioni fasciste organizzata da Antifascismo Militante, che tiene traccia di tutte le aggressioni fasciste e dei crimini d’odio di varia natura sul territorio italiano dal 2014 a oggi, indicando luogo geografico e gruppo responsabile. Basta confrontare ogni voce con le fonti di cronaca per rendersi conto che non si sta ingigantendo un fenomeno, piuttosto è fortemente minimizzato e poco approfondito sui principali mezzi di comunicazione e d’informazione. Se a questo uniamo tutte le manifestazioni pubbliche di nostalgia nei confronti dell’epoca fascista, i rifacimenti di slogan e simboli di quel periodo e le manifestazioni d’odio che dal fascismo traggono spunto e senso (ne possiamo trovare traccia qui, o qui, o qui, o qui, o qui, o qui, o qui – esempi a beneficio di chi afferma che fascismo e nazismo siano morti nel 1945 e che sia anacronistico parlarne ancora) ci rendiamo conto di quanto quella memoria di cui parlavamo sia un dono inestimabile e prezioso, da proteggere e preservare a ogni costo.
Negli scorsi anni noi di Bossy abbiamo parlato di cosa sia stato in passato il 25 aprile e di cosa sia oggi. La domanda che ci poniamo quest’anno è: cosa sarà? Come lo porteremo avanti?
Una risposta forse banale: non dimenticando. Non permettendoci di scordare ciò che è stato, tenendo vivo il fiore dentro e fuori di noi. Restando all’erta, impegnandoci in prima linea, non avendo paura di esporci e di prendere posizione. Volgendo uno sguardo al passato, alle radici forti che si piantano nella profondità della nostra storia comune, e uno al futuro, dove sarà nostro compito continuare a seminare. Forse le continue metafore floreali rischiano di far perdere di vista la concretezza e la fattualità delle nostre azioni. Allora capiamolo insieme.
Come diffondere (e difendere) la memoria?
- Visitando, celebrando e studiando i luoghi della Resistenza.
L’Italia è ricolma di posti in cui la lotta al nazifascismo ha avuto luogo. Molti non li conosciamo, li attraversiamo senza nemmeno accorgercene. Ci sono targhe, memoriali, parchi, musei. Sono tutti intorno a noi ed è venuto il momento di visitarli e conoscerne la storia. Di condurci ə nostrə bambinə e raccontare loro a chi dobbiamo la nostra gratitudine. Grazie a quale sacrificio siamo qui. Potete trovare ai seguenti link una lista dei luoghi dedicati alla Memoria, una guida richiedibile gratuitamente sui musei dedicati alla Resistenza e alla lotta di Liberazione, un libro su 150 luoghi della Resistenza in montagna, un articolo sui principali luoghi della Resistenza nelle varie regioni e un sito interamente dedicato ai luoghi dell’antifascismo, della deportazione, della Resistenza e della Liberazione in Italia.
- Ascoltando e/o vedendo le testimonianze di partigiani e partigiane
La loro vita non può (purtroppo) essere senza fine, ma le loro parole e immagini possono assurgere all’immortalità. I partigiani e le partigiane che hanno combattuto la lotta di Liberazione formando la Resistenza italiana hanno in molti casi rilasciato interviste che meritano di essere viste e/o ascoltate, e soprattutto diffuse. Proprio in questi giorni è nato il Memoriale della Resistenza Italiana, una raccolta di 500 video-testimonianze (in continuo ampliamento) di chi ha preso parte alla Liberazione svolgendo un ruolo attivo e protagonista nella stessa. Il progetto era già nato grazie al libro Noi, partigiani. Memoriale della Resistenza Italiana, ma sentire i loro racconti e vederne i volti è forse il modo più immediato per garantire che la memoria sia tratta in salvo. Loro sono persone come noi, sono esseri umani che hanno fatto una scelta. Hanno scelto la libertà. E l’hanno consegnata nelle nostre mani.
- Leggendo, documentandoci, studiando la lotta di Liberazione
Esistono moltissimi libri e documenti che hanno raccontato (nella forma dell’autobiografia, del romanzo, del saggio) cosa è stata la lotta di Liberazione, la Resistenza italiana. Sul sito dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, per esempio, potete trovare una lista di recensioni di innumerevoli volumi sulla Resistenza e l’antifascismo suddivisi per genere. Anche IBS, così come anche le principali case editrici italiane, ha una sezione dedicata ai libri che raccontano la Resistenza. Anche la rivista Il Libraio ha una raccolta di saggi, romanzi e biografie sulla Resistenza con relative descrizioni.
Personalmente, se dovessi citare alcuni dei libri che più mi hanno influenzata e formata come antifascista e che considero fondamentali alla prosecuzione della memoria, la mia scelta ricadrebbe sui titoli che seguono. Sapendo di dimenticarne per certo alcuni fondamentali e precisando che queste scelte di lettura sono frutto del mio “gusto letterario” e pertanto non sono né esaustive né onnicomprensive rispetto alla vastità dell’argomento, e soprattutto che non contengono i saggi storici che sono di primaria importanza per conoscere i fatti che hanno riguardato la Resistenza. Fatta questa prolissa ma doverosa premessa, vado a elencarli: L’Agnese va a morire di Renata Viganò, Possa il mio sangue servire – Uomini e donne della Resistenza di Aldo Cazzullo, Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana. 8 settembre 1943-25 aprile 1945 e la sua “continuazione” d’intenti Io sono l’ultimo. Lettere di partigiani italiani, La resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi di Anna Bruzzone e Rachele Farina, Partigiani della montagna di Giorgio Bocca.
- Rimanendo antifascistə
Il modo migliore che abbiamo per portare avanti la memoria…è essere memoria. Proseguire quel percorso ideologico e vitale che è stato tracciato grazie al seme dei partigiani e delle partigiane. Accogliere quel richiamo, farlo nostro, tramutarlo in azione concreta di vita quotidiana. Contro ogni oppressione, contro ogni discriminazione, contro ogni negazione della libertà, contro ogni odio. Fieramente e sentitamente. Fuori dalla retorica, dal ritorno d’immagine, dal compromesso. Saper rimanere in piedi e dichiarsi antifascistə. Ora e sempre.
“Ma soltanto col silenzio dei torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA.”
Piero Calamandrei