Traduzione di Elisa Sanguineti
16 anni fa, con il suo debutto sul canale americano The WB, Una Mamma per Amica ha raccolto quasi immediatamente uno stuolo di fan appassionati. Ed è facile capire perché: ambientata nella città immaginaria di Stars Hollow, in Connecticut, la serie seguiva le vite del team mamma-figlia formato da Lorelai (Lauren Graham) e Lorelai “Rory” Gilmore (Alexis Bledel), in una fusione spontanea tra il fascino della cittadina, un umorismo pungente e la tenerezza delle tematiche familiari.
In seguito a una disputa contrattuale andata storta, la creatrice Amy Sherman-Palladino e il suo coproduttore esecutivo (nonché marito) Daniel Palladino abbandonarono lo show al termine della sesta stagione. La settima e ultima stagione fu considerata da molti come inferiore alla media a causa della mancanza della scintilla Sherman-Palladino nei tipici botta e risposta arguti e della trama deludente.
Soprattutto alla luce di questo finale insipido, la notizia che Netflix avrebbe trasmesso una nuova miniserie, Una Mamma per Amica: di Nuovo Insieme, con i Palladino al timone aveva destato l’entusiasmo di molti fan. La rimessa in scena, che ha debuttato a fine novembre, è ambientata dieci anni dopo il settimo finale di stagione ed è composta da quattro episodi da 90 minuti che si svolgono nel corso di un anno e sono scanditi dalle quattro stagioni.
«In gioventù, avevamo una visione limitata del femminismo.»
Fra i fan in fibrillazione all’idea di vedere cos’avesse in serbo la stagione in uscita per le donne della famiglia Gilmore c’eravamo anche noi. E di certo avevamo grosse aspettative, ma sapevamo anche che questa esperienza sarebbe stata diversa: avremmo visto una delle nostre serie TV preferite non solo come adulti, ma anche come femministi che più di recente si sono interessati al tema dell’intersezionalità.
In gioventù, avevamo una visione limitata del femminismo e non sapevamo nulla di come l’oppressione di genere si “intersezionasse” con quella razziale e con altre forme di discriminazione. Una Mamma per Amica ci sembrava importante e sembrava rappresentare pienamente il successo del movimento femminista, in quanto era uno show creato, scritto e prodotto da e sulle donne. Ma, guardandolo retrospettivamente, era rivoluzionario solamente per una sottocategoria specifica di donne: quelle con privilegi che non tutte potevano permettersi.
Da Di Nuovo Insieme ci aspettavamo una serie di tragedie commoventi inframmezzate con commenti arguti e spensierati che ci avrebbero allontanato dai problemi del mondo. Invece, ci siamo ritrovati con un obbrobrio disseminato di femminismo bianco.
Se la supremazia dei bianchi verrà mai abolita, coloro che l’hanno ideata e mantenuta (i bianchi stessi) dovranno continuare a risponderne e dovranno essere totalmente coinvolti nella sua abolizione, aspetto che include l’analisi dei film e degli show che creiamo e delle storie che raccontiamo. E dopo aver visto la nuova serie, non ci resta che chiederci: valeva proprio la pena raccontarle, queste storie?
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I quattro episodi di Di Nuovo Insieme vedono come protagoniste le tre donne della famiglia Gilmore: Rory, Lorelai e la matriarca Emily (Kelly Bishop). Durante tutta la serie, le tre presunte protagoniste dello show, così come molti altri personaggi secondari, si dimostrano molto egocentriche e indulgenti con se stesse, senza mostrare alcun segno di empatia nei confronti del prossimo, a meno che questi non sia loro utile (cosa che non ha niente a che fare con l’empatia).
A quanto pare, la Sherman-Palladino sembra voler mostrare empatia solo nei confronti dei personaggi che più le assomigliano: bianchi, cisgender, privi di disabilità ed eterosessuali. Chiunque non sia abbastanza Gilmore (ossia persone con malattie mentali, lente di comprendonio, grasse, non bianche, non anglofone e non cisgender) viene estromesso dalla cerchia.
Nonostante la serie non mostri apertamente segni di razzismo nei confronti della comunità nera, le scelte operate in termini di cast sono segnali che la dicono lunga. La prima donna nera a prendere parola, interpretata da Sasha Compère, fa un’apparizione solo per servire una tazza di caffè e farsi gridare di tutto da Paris Geller (Liza Weil).
Nel frattempo, a Rose Abdoo (l’attrice che veste i panni di Gypsy, una vecchia conoscenza all’interno dello show) è stato affidato un secondo ruolo, ossia quello di Berta, la colf dalle origini etniche sconosciute con una grande famiglia di persone di colore i cui nomi Emily non si preoccupa troppo di ricordare. Scopo principale di questa famiglia è occuparsi della riparazione, pulizia e manutenzione degli averi della famiglia Gilmore.
Il razzismo in questo contesto è visibile su diversi livelli, a partire dalla presenza della Abdoo nel cast, nient’altro che l’ennesima rappresentazione di fortuna di una minoranza, per poi concludere con la battuta in cui Rory afferma che Berta parla una lingua che non ha mai sentito.
L’unico altro caso isolato di donna non nera ma di colore, alla quale è stata data parola all’interno dello show è la tata di Paris e Doyle: un altro membro di colore del cast alle prese con le faccende domestiche.
(Michel Gerard, gestore di un albergo locale e personaggio molto amato dal pubblico, è nero, e nella rimessa in scena si scopre che è gay, aspetto che aggiunge un pizzico, quasi quanto basta, di diversità in più a Stars Hollow).
Amy Sherman-Palladino (foto: Wikimedia Commons)
Anche il tema della malattia mentale viene gestito in maniera problematica. In una scena, Emily Gilmore, rimasta vedova di recente, prende in giro una donna bipolare. La Sherman-Palladino forse direbbe che quella scena stava a dimostrare che brutta persona sia Emily, ma questo lo sapevamo già; nel corso della serie originale, la matriarca della famiglia Gilmore era diventata impopolare per via della quantità di colf che cambiava in un anno, più delle tirocinanti di Miranda Priestly.
Quella scena, più che un’accusa nei confronti di Emily, sembra essere un modo per racimolare risate facili alle spese di una persona con una malattia mentale.
Anche il fat-shaming diventa una strategia per ottenere risatine a poco prezzo. In una scena inquietante tratta dall’apertura dell’episodio estivo, Lorelai e Rory si stanno rilassando nei pressi di una piscina, quando due figure passano davanti a loro; le teste non sono visibili, l’inquadratura si concentra sui loro fisici massicci. Lorelai sentenzia: «Allarme pancia!».
Un paio di minuti dopo, Lorelai è impressionata da qualcosa fuori dall’inquadratura. «Uh oh. Oh mio Dio», esclama. Subito dopo, Pat, un altro cittadino corpulento di Stars Hollow, passa di fronte a loro con addosso un costume a slip, mentre le donne arricciano il naso e si coprono gli occhi e la scena transita verso i titoli di apertura.
Poco dopo, sempre durante lo stesso episodio, le Gilmore si trovano nuovamente nei pressi della piscina, quanto Pat ritorna, ma questa volta, l’uomo si volta verso di loro e osa intavolare una chiacchierata. Dal loro linguaggio del corpo si può intuire quanto siano orripilate all’idea di dover guardare e conversare con un uomo che indossa un costume a slip e chiaramente non si vergogna della propria taglia. Non appena se ne va, Rory afferma: «È così stressante stare qui».
Nemmeno le persone omosessuali vengono risparmiate da questo umorismo meschino.
Nell’episodio primaverile della serie, assistiamo a una riunione presieduta dall’assessore della cittadina, Taylor Doose (Michael Winters), che afferma che non ci sono “abbastanza gay” per celebrare il Gay Pride inaugurale della città: una battuta basata sul concepire le persone queer come oggetti.
«Il fat-shaming diventa una strategia per ottenere risatine a poco prezzo.»
Questi momenti illustrano una mancanza di compassione nei confronti degli emarginati e di comprensione del perché questa insensibilità sia problematica. E diversamente da quanto accade in uno show come C’è Sempre il Sole a Philadelphia (che ha comunque i suoi difetti), non ci eravamo mai ritrovati a dover pensare a Rory e Lorelai come due egocentriche narcisiste che si crogiolano nella loro stessa magnificenza. Dovrebbero essere personaggi apprezzabili e nei quali riconoscersi.
Non è un caso il fatto che lo show esponga punti di vista preoccupanti sulle categorie emarginate; la stessa Amy Sherman-Palladino si è detta perplessa a ripensare ad alcune sue affermazioni passate.
Nel 2012, la collega showrunner Shonda Rhimes scrisse un tweet in cui si diceva delusa per non aver visto nemmeno una ballerina di colore nella serie in pieno stile Gilmore A Passo di Danza, creata dalla Sherman-Palladino, che fu in seguito cancellata. Per tutta risposta, la creatrice giocò la nota carta della donna bianca, affermando: «Ho sempre avuto la sensazione che le donne, in generale, non si siano mai supportate a vicenda come avrebbero dovuto».
In seguito, sempre nella stessa intervista, la Sherman-Palladino si espresse con termini transfobici per enfatizzare come il suo successo in qualità di showrunner avesse spianato la strada ad altri gruppi storicamente poco rappresentati a Hollywood, permettendo loro di avere successo. Affermò: «Non farà che semplificare la vita al prossimo uomo, donna, travestito o quello che è, metà e metà, che avrà qualcosa di speciale…».
Non si tratta di una semplice frase tratta da un’intervista; rappresenta un ethos che permea il lavoro della Sherman-Palladino. E questo include, in modo piuttosto preoccupante, anche Una Mamma per Amica.
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I problemi di Di Nuovo Insieme vanno ben oltre le battute insensibili. C’è anche e soprattutto un’ignoranza sprezzante verso quanto Rory sia privilegiata. Durante la serie, ci viene spiegato perché Rory “non ce l’ha fatta” a diventare giornalista; la Rory adulta sembra essersi lasciata alle spalle il senso etico del lavoro che la contraddistingueva da adolescente.
Tuttavia, riesce comunque ad avere il successo necessario per ingraziarsi persone di potere e suscitare l’interesse di pubblicazioni di livello su ciò che scrive. All’inizio di questa rimessa in scena, quando Rory ritorna alla sua vecchia scuola per il Chilton Day, il preside Charleston la informa che desidera che si unisca al corpo insegnanti per qualunque materia lei voglia. La incoraggia a portare a termine il suo master in modo da poterla assumere legalmente ma, nel frattempo, le riserverà un posto.
«C’è anche un’ignoranza sprezzante verso quanto Rory sia privilegiata.»
Nel frattempo, lavorando come “freelancer”, Rory può permettersi un appartamento a Brooklyn, ma non si fa parola di quale tipo di aiuto lei debba aver ricevuto per pagare l’affitto. E, in pieno stile Sherman-Palladino, l’unico riferimento alla reale minaccia della gentrificazione del 2016 sta nel fatto che l’edificio in cui vive verrà “comunque” suddiviso in appartamenti, ragione per cui Rory è felice di cancellare il proprio contratto di affitto.
I privilegi di Rory non sono certamente una novità; nella quinta stagione della serie originale, aveva ricevuto solamente trecento ore di lavori socialmente utili per aver rubato uno yacht. Nella stessa stagione, era stato lasciato intendere che fosse stata invitata a entrare a far parte della “Brigata della vita e della morte”, una società segreta di Yale conosciuta per gli eventi stravaganti che organizzava e le sciocchezze pericolose (e occasionalmente illegali) in cui si imbarcava. Nella nuova stagione, ricompaiono alcuni membri di quella società per rapirla per un weekend di follie, spingendo così una Rory trentaduenne a schiarirsi le idee e a tornare a concentrarsi sul proprio futuro.
Queste scene ci ricordano che se sei giovane, magro, attraente, privo di disabilità, ricco, ben istruito, cis e bianco puoi fare tutto quello che vuoi, e le conseguenze delle tue azioni saranno praticamente pari a zero. E non viene fatto alcuno sforzo per comunicarci che questa fondamentale assenza di imparzialità è problematica.
In un’ottica ancora più ampia, lo show fa l’errore di ignorare con nonchalance il mondo in cui viviamo. Alcuni aspetti che contribuivano al fascino della versione originale di Una Mamma per Amica erano i cenni alla cultura pop e al mondo al di fuori di Stars Hollow. Il mondo in cui i fan vivevano. E questo funzionava piuttosto bene nei primi anni del 2000, ma da allora la situazione è decisamente cambiata.
I riferimenti alla cultura pop permangono anche nella nuova versione, ma quella dura e inevitabile realtà che caratterizza il mondo là fuori (il mondo del movimento Black Lives Matter, della polizia crudele, del ritorno del KKK, della reazione negativa alle nozze paritarie, della violenza crescente contro la comunità transgender, e di Donald Trump, anche se naturalmente le elezioni hanno avuto luogo una volta conclusa la trasmissione della serie) è palesemente assente.
«Dall’inizio alla fine, lo show sembra svolgersi fuori da qualunque contesto temporale e sociale.»
Dall’inizio alla fine, lo show sembra davvero svolgersi fuori da qualunque contesto temporale e sociale. Continuiamo a sentir parlare di come sia stato favorevolmente accolto il pezzo di Rory per il New Yorker riguardante la finta ambientalista e icona femminista Naomi Shropshire, ma nessun cenno a figure dell’ambito dei diritti civili, o alle rivolte storiche per la giustizia sociale.
Avevamo lasciato Rory in viaggio verso lo stato dell’Iowa, per seguire la campagna presidenziale del senatore Barack Obama, che oggi sappiamo essere stata rivoluzionaria, ma la serie non ne fa parola. Quella parte della trama appartiene alla stagione prodotta senza il contributo dei Palladino, periodo che sembrano intenzionati a dimenticare… Tuttavia, quantomeno citare la carriera di Rory nel giornalismo politico poteva rappresentare una puntina indispensabile sulla cartina dell’ultimo decennio.
Siamo invece incastrati in una bolla di femminismo bianco che ignora bellamente la realtà del mondo in cui viviamo.
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Sentiamo spesso i creatori di media dichiarare di non poter diversificare il proprio lavoro perché il mercato, la rete, o una qualche combinazione dei due non accetta nient’altro che produzioni bianche, cis, eteronormative, neurotipiche e prive di personaggi disabili. Non era questo il caso di Di Nuovo Insieme.
La stessa Amy Sherman-Palladino ha ammesso di aver avuto carta bianca nella stesura di qualunque storia volesse raccontare, senza alcun vincolo di rete. E su quella carta bianca avrebbe potuto scrivere storie intersezionali. Ma non lo ha fatto. Ma il fatto che non fossero nemmeno totalmente prive di intersezionalità non è casuale: si dimostravano invece attivamente aggressive nei confronti delle minoranze.
Nel 2012, la Sherman-Palladino disse chiaro e tondo che non si occupa di «show che contengano messaggi». Continuò affermando: «Non me ne frega un cazzo da chi imparate a stare al mondo». Nei suoi lavori, inclusa questa rimessa in scena, è evidente che non le interessa come le questioni di razza, genere e sessualità (per nominarne giusto alcune) si intersezionino fra loro.
«Non possiamo più glissare sul bigottismo di cui è infetta la nostra società.»
Ma nel mondo reale, questa ignoranza ha delle conseguenze. Occorre parlare di queste faccende: non possiamo più glissare sul bigottismo di cui è infetta la nostra società. E per quanto Lorelai e Rory alla fine riescano a cavarsela sempre, nel mondo reale la vita e la sopravvivenza delle comunità emarginate sono a rischio.
Nel 2016, viviamo ormai in un mondo in cui, più che mai, le dimostrazioni di razzismo e pregiudizio nei confronti dei membri più vulnerabili della nostra società, siano esse espresse con sottigliezza o in modo palese, sono divenute una questione di vita o di morte. Non è questo il momento di fare i timidi nel produrre contenuti che rispecchino la varietà del mondo che ci circonda. Se la Sherman-Palladino nutre il sincero desiderio di aiutare a spianare il percorso ad altri gruppi emarginati affinché possano raggiungere livelli simili di successo, non ci è riuscita. Per tutto il tempo, il suo successo è dipeso dal perpetrare stereotipi dannosi e dall’assicurarsi che gli emarginati, dopotutto, rimanessero dove sono.
È valsa la pena di aspettare 10 anni per vedere Una Mamma per Amica: Di Nuovo Insieme? No.
Perché se la storia non è intersezionale, non vale la pena di essere raccontata.
Commento un po troppo severo. GG è comunque una serie remake, quindi il fatto del cast bianco era difficilmente cambiabile, specie con soli 4 episodi. E anche il fatto dei temi, con soli 4 episodi c era poco spazio per tutto. Commento un po troppo severo.
non è obbligatorio girare serie tv a sfondo politico-sociale, Gilmore Girls non lo è mai stata e non lo è oggi.L’accusa di fat-shaming è ridicola, insomma un uomo con la panza che straborda non è esteticamente bellissimo e una donna, senza offenderlo, ha tutto il diritto di non trovarlo bello (altre lo troveranno bello e sono affari loro, ognuno ha i suoi gusti).
quindi adesso una serie tv non può fare innocue battute su uomini bianchi adulti non proprio bellissimi con la panza? Qui il politically correct supera i livelli di guardia, non vi stupite poi se per rigetto gli americani eleggono presidente un miliardario sessista con la pelle arancione e un parrucchino ributtante
bellissimo articolo! e’ veramente scritto bene, complimenti!:) Ambra M.