Quando alle 3 del mattino ti arriva una mail con questo titolo, qualche domanda te la fai.
Il fatto è ormai noto: su Telegram sono stati scoperti (tristemente, con lo stesso stupore con cui si scopre l’acqua calda) gruppi nei quali uomini di età diverse si scambiavano foto di ragazze, foto delle ex in atteggiamenti intimi o anche semplicemente primi piani di donne random, presi dai loro account Instagram. A corredo, decine e decine di commenti a sfondo sessuale, violento e pedopornografico (sì, molte di queste ragazze sono minorenni).
Spesso, chi racconta questi gruppi usa un linguaggio deumanizzante che non ci aiuta però a mettere a fuoco il problema. “Quelli non sono uomini, sono delle bestie”. Così facendo li allontaniamo dal nostro quotidiano, ci rassicuriamo pensando che si tratti di eccezioni, di persone disturbate (alcune sicuramente lo sono), di anomalie che non fanno parte della società nella quale tutti noi viviamo.
Ma non è così, perché per ogni caso limite (vedi sedicenti padri che chiedono consigli per stuprare i figli senza farli piangere) ce ne sono altri 100 che semplicemente sostano lì dentro, guardano, forse ogni tanto commentano, partecipano passivamente, assorbono.
Ho letto su Twitter un pensiero interessante. Qualcuna diceva che forse dovremmo smetterla di preoccuparci perché in quel gruppo “potrebbero esserci le foto delle nostre sorelle, figlie, fidanzate…” e iniziare a preoccuparci del fatto che lì dentro potrebbero esserci i nostri fratelli, figli, fidanzati… Forse, aggiungo, dovremmo renderci conto che la cultura dello stupro è la nostra cultura e che per questo virus il vaccino (che pure c’è, e cioè educazione di genere, sentimentale e sessuale nelle scuole, fatta sul serio e a tappeto) non viene usato.
Stavo solo aspettando il momento in cui qualcuna si sarebbe dovuta accorgere con orrore che un uomo del quale si fidava e che considerava una brava persona era anche uno dei partecipanti al gruppo. E la testimonianza non ha tardato ad arrivare.
Mi è stato chiesto un consiglio, mi è stato chiesto cosa fare… La mia risposta è stata prevedibile: non ne ho idea. Come fare a dire a una ragazza che non conosci come comportarsi con un ragazzo che non conosci? Le dici di lasciarlo, dimenticandoti che lui rimane una persona che immersa in un certo contesto può facilmente arrivare a fare una cosa del genere? O le dici di restarci insieme, mettendo da parte però la fiducia sgretolata e la sensazione di non essere al sicuro?
La cosa più utile che mi è venuta in mente è stata quella di non farla sentire sola, di evitare che lei potesse credere di essere l’unica in questa situazione. Le ho chiesto se avesse avuto voglia di condividere i suoi pensieri e lei ha detto di sì.
Quindi, sperando possa davvero essere di qualche utilità, queste sono le sue parole:
Ciao Irene.
In realtà non so perché ti scrivo. All’inizio volevo solo buttare giù per iscritto quanto sta succedendo, poi, man mano, ho avuto sempre più bisogno di un consiglio da una persona che ha una panoramica più ampia della mia. Mi vergogno a parlarne con gli amici, mi sento umiliata e profondamente in imbarazzo, per cui eccomi qui. Se stai leggendo ti ringrazio già solo per l’attenzione che mi stai dando.
Ho scoperto che il ragazzo con cui esco da più di anno era su quel gruppo Telegram.
Ho subito un rapporto non consensuale una volta. Dopo quel fatto la cosa più sensata che mi dicevo era che mi sarebbe servito, che avrei imparato da quella situazione, che avrei imparato a vedere il marcio che si celava dietro ad una persona.
Il ragazzo che ha abusato di me, della mia innocenza, quello per me era il marcio, una persona malata. Ma in un gruppo del genere di marci così ce ne sono pochi.
Sono persone normali. Figli portatori sani del patriarcato. Sono mariti, fidanzati, figli, parenti, colleghi, conoscenti.
In quei 50mila c’è il volto di una persona che amo.
Pensavo di essere al sicuro, di stare con un ragazzo buono e rispettoso. Non ho mai avuto avvisaglie di comportamenti strani e non mi ha mai mancato di rispetto. È una persona normale.
Quando qualche giorno fa è esploso il caso ho cercato del conforto maschile: “Hai visto di quel gruppo su Telegram?” “Sì, infatti mi sono tolto” e faccina che ride.
Sento il peso del dolore e della violenza che trasudano dai messaggi di quelle chat.
“Ci ero dentro, ma non ho mai fatto niente.” ” Per me era come andare su YouPorn.” “Sì, ma non era niente di che. Chiaro, c’era della gente malata. Però, alla fine, c’erano solo video di tipe che fanno le troie nelle dirette.”
Oggi una di quelle ragazze era a parlare nella diretta di Cathy LaTorre. Come posso convivere con questo?
Ci sono messaggi di padri che chiedono come stuprare le proprie figlie, gente che chiede foto di 12enni (io a dodici anni non ci pensavo nemmeno a baciarli i ragazzi), gente che vende le foto delle ex.
Lui li avrà visti? Avrà partecipato? Ci saranno mie foto? E se non ci sono ora, come faccio quando ci lasceremo? Le metterà quando non sarà più geloso del mio corpo?
Ci sono momenti in cui mi sento in colpa per pensare questo, insomma è pur sempre di lui che sto parlando. Mi ama, no? Semplicemente non si è reso conto della gravità della cosa.
Ne abbiamo parlato, ha capito, ci starà lontano da quei gruppi, lo amo alla fine.
Ma come si fa a non rendersene conto? Come può leggere quei messaggi e non vederci nulla di profondamente sbagliato? Come fa ad amarmi allo stesso tempo?
Quando vedo quelle chat, quando ascolto ragazze, le cui foto sono state messe online, raccontare cosa hanno subito non posso non pensare che lui ha partecipato. Perché si, guardare senza fare nulla, segarcisi sopra, lo rende colpevole forse più di quelli che le hanno condivise. Ma che poi oltretutto è un reato, ma è veramente così stupido? Soltanto per una sega.
Io ho subito un abuso, comprendo tutti quelli che sono finiti là sopra.
Che cosa dovrei fare?
Posso fare finta di nulla, credere che non ci andrà più là dentro.
Ma poi tutti i miei valori, le idee in cui credo e per cui mi batto? Il rispetto che ho per me stessa?
Dopo quello che mi è successo ho fatto così tanta fatica a convivere con me stessa, a ritrovare il rispetto per me. Butterò nel cesso quegli sforzi?
Posso stroncarla, non mi fido di lui. Però ne abbiamo parlato, ha capito, no? Alla fine è pur sempre lui, è dolce, intelligente, è buono come il pane e io lo amo, mi sento al sicuro quando siamo insieme.
Le mie foto sono lì dentro? Le metterà prima o poi? Si è segato sulle foto di ragazze che non hanno dato il consenso a farle girare.
Io non ho dato il consenso a fare sesso una volta, ma un ragazzo l’ha fatto lo stesso perché io non ero importante per lui.
Cosa devo fare?
Dopo 12 ore, è arrivata un’altra mail da parte di un’altra ragazza. Anche lei ha voluto condividere la sua esperienza, per trovare conforto, per non sentirsi sola e per non fare sentire sole le altre.
[…] ho realizzato che in ben due occasioni sono stata vittima di revenge porn. Una volta da parte di chi pensavo mi amasse (i suoi amici hanno visto tutte le foto che ci eravamo mandati) facendomi sentire una nullità, una cosa sbagliata, la puttana di turno. La seconda volta è di questo inverno. Ero al ristorante con il mio ragazzo, al tavolo al fianco al mio tre uomini sopra i quaranta, sfigati, scapoloni con delle camice orrende, un tavolo più in là una compagnia con diverse ragazze, tra cui una che è andata alle selezioni per miss Italia (quindi obbiettivamente una gran bella ragazza). Durante la cena uno di questi maschioni scatta una foto alla ragazza e la condivide immediatamente in un paio di gruppi whatsapp e Telegram, seguono i commenti degli altri amici. Poco dopo la cameriera in sovrappeso adolescente con la tinta da fare viene fotografata e la foto viene spedita con le stesse modalità seguita da una serie di insulti. Non ci vedo più e seguo in bagno uno di loro, dicendogli che ho visto cosa avevano fatto. Lui schifosamente viscido mi guarda e mi fa “e cosa ne sai tu se non ti ho già fatto una foto e non l’ho condivisa? Pensi di essere degna di essere salvata dal nostro giudizio?” . Boom. Pietrificata. Bloccata. Non riesco a formulare la frase. Questo mi guarda, sogghigna ed esce. Poco dopo pagano e se ne vanno. Lo stronzo mi saluta dalla cassa. Solo in seguito in macchina ho avuto il coraggio di dire al mio ragazzo cosa era successo, e lui è rimasto zitto. Doppio pugno allo stomaco. “Non potevo andare là e fare pugni per te”. No. Non volevo pugni per me. Volevo, forse sbagliando, un supporto maschile […].
Io non lo so, nel breve, come se ne possa uscire.
So per certo che il lavoro deve essere anzitutto culturale, so che si tratta di un lavoro lungo e che quindi nel frattempo DEVE intervenire la legge (che, peraltro, ha stabilito che il revenge porn è reato), ma non lo so come si faccia adesso a fare sentire meglio una ragazza che ha subito cose del genere. Che chiude una mail dicendo “Perdonami lo sfogo. Avevo bisogno di dirlo a qualcuno”.
Forse così, forse dicendolo a qualcuno, forse dicendolo e basta, forse trovando un luogo protetto nel quale poter dire quel famoso #MeToo che ci sta salvando, almeno in parte.
Se pensate che un luogo possa essere questo, usatelo. Se pensate che sia un grosso passo anche solo dirlo a una persona e sentite di volerlo dire a me, ditemelo.
Qui possiamo assicurare comprensione e assenza di giudizi.
Non risolveranno le questioni, ma possono essere un punto di inizio.
La domanda che mi faccio è se vedremo mai la fine.
Buongiorno,
capisco perfettamente come si sentono entrambe le ragazze.
Non ho consigli da dare, solo dire: non sei sola.
Dovremmo batterci per fare in modo che questi temi vengano inseriti nelle scuole perché solo con la cultura possiamo combattere queste ideologie.
Un abbraccio e grazie per tutto
D
Tutto questo è sicuramente uno schifo e vanno condannate le persone in questione. Ho però due osservazioni che vorrei condividere dopo aver letto molti articoli, anche in testate famose:
1. Ho sentito una specie di risentimento contro la piattaforma Telegram, e da qui molte testate sono andare ad attaccare (di nuovo?) Internet e il Web in generale. Io penso che Internet è come la realtà, ci sono sia belle cose ma anche brutte cose, e attaccare un mezzo lo trovo poco intelligente, perchè chiaramente se non ci fosse stato Telegram questi uomini si sarebbero organizzati su una piattaforma diversa.
2. Sempre in molti articoli ho notato che si tende a colpevolizzare non solo gli uomini in questione ma gli uomini in generale. Come se facessero tutti schifo. Mi domando com’è possibile che la donna della prima lettera non abbia ricevuto neanche un conforto, per dirle che non tutti sono così gli uomini. Possibile che sono così rari? Comunque ho notato questa cosa e secondo me è ingiusta, perchè vanno colpevolizzati i veri colpevoli e non il genere completo.
Queste erano le mie brevi osservazioni, mi scuso se sono parziali o ingenue!
“Quelli non sono uomini, sono delle bestie”.
Ed invece, perdonami ma è esattamente così. Un essere umano, uomo o donna che sia è senziente, cioè ha capacità di sentire ed essere sensibile. Definirli bestie non è affatto giusto, ma per le bestie stesse. Il fatto che molti nascondano una vita normale, semmai, non li deumanizza ma questi comportamenti, sì.
Il compito di noi uomini e di noi ragazzi è parlarne, diffondere questa notizia, segnalare alla polizia postale. E lo faremo.
Un abbraccio.
Ciao Emanuele, vorrei rispondere al secondo punto che hai segnalato nel tuo commento. Innanzitutto, non leggo da nessuna parte una colpevolizzazione di tutto il genere maschile, ma è ovvio che qui c’è un problema culturale di maschilismo, problema che attanaglia sia uomini che donne della nostra società (non è che nascere femmine ci renda immuni da certi giochi e giudizi, purtroppo). Poi, immagina che una ragazza ti scriva dicendo che sente la sua fiducia tradita perché per ben due volte è stata vittima di uomini, tra cui l’ultimo che è uno di cui si fidava e che ama. La tua risposta qual è? “Dai non preoccuparti non sono tutti così”. Wow veramente da effetto. Se un tuo amico ti raccontasse di essere stato oggetto di soppruso dal suo datore di lavoro e che infine è stato licenziato, tu gli risponderesti con questo stesso commento? Gli diresti “dai però mica tutti i datori di lavoro sono così!”. Oppure diresti “che stronzo, sarebbe da denuncia”?. Me lo chiedo perché a me sembra tanto che la cosa che ti stia più a cuore sia quella di non far fare brutta figura anche agli altri maschietti, compreso te, invece di dare solidarietà alla vittima. Invece di puntare il dito contro questi 50.000 uomini (mica 5 eh, 50.000), e prendere le distanze dalle loro azioni, magari parteggiando per le vittime, sostenendole, condannando questi atti, cos’è che ti viene in mente di scrivere? Non una cosa tipo “purtroppo ancora oggi abbiamo una cultura maschilista, dovremmo fare tutti uno sforzo per cambiare questa società in meglio”, no. Quello che ti viene da scrivere è un “eh ma non siamo mica tutti così, siete ingiuste”, cioè quello che si chiama pararsi il culo. Mica ti sei preoccupato dell’ingiustizia subita da quella e altre migliaia di ragazze, no ti sei preoccupato dell’ingiustizia di “noi poveri maschietti che non c’entriamo niente”. È vero, non tutti gli uomini sono così, ma certamente tu non hai aiutato la tua causa preoccupandoti solo di fare la parte della vittima, quando poi nessuno qua ha detto che tutti gli uomini sono uguali.
A.me sembra che il tuo atteggiamento urli questo: sì sì poverine eh che ci vuoi fare, però oh attenzione eh qua le vittime siamo noi maschi che poi ci dobbiamo sentir dire che siamo degli sporcaccioni, quindi siamo noi le vere vittime in fondo!
Eh no così non va. Non so se il tuo è stato un commento “””ingenuo”””, ma ti invito a riflettere sulle tue parole e sulla tua presa di posizione.
Caro Emanuele,
Viviamo in una società profondamente maschilista, negarlo è un delitto. Una società pronta a mettere in dubbio la virilità di un uomo, di un ragazzo, al primo accenno di “debolezza”. Una società in cui quasi tutti gli insulti tirano in ballo le donne e la loro sfera sessuale: tro*a, putt*na, bastardo (=figlio di tro*a) e potrei continuare all’infinito. Una società in cui si esalta il concetto di virilità intesa come possesso nei confronti della propria donna, dominazione. Va da sé che, in una cultura del genere, il risultato non può che essere quello di avere moltissimi uomini ossessionati dall’essere/apparire virili e dal “avere una ragazza”. Tutto ciò si traduce in fatti: oltre la metà delle donne assassinate, vengono uccise da una persona loro vicina, nella maggior parte dei casi il partner. Ci si rivolge agli uomini in generale per questa ragione, ma io sono la prima a dire che siamo tutti (uomini, donne…) vittime e/o carnefici di questa cultura opprimente, chi direttamente e chi indirettamente. Moltissime donne condividono questa cultura e la alimentano (immagino che gli appartenenti a quel gruppo abbiano delle madri), quante donne chiamano “tro*e” altre donne e sono pronte a giudicarle in base a come gestiscono la loro sfera sessuale, cosa che puntualmente non accade per gli uomini?
Secondo me è inutile sentirsi ingiustamente tirati in causa quando si sente/si legge “uomini”, la cosa più utile sarebbe invece arrabbiarsi con chi dei propri simili contribuisce ad alimentare l’idea della violenza tipicamente associata al genere maschile, contribuendo a contrastare il tipo di cultura che la alimenta.
“Però, alla fine, c’erano solo video di tipe che FANNO LE TROIE nelle dirette.” Non voglio analizzare il pensiero di un ragazzo che non conosco da una frase, sia chiaro, ma un minimo di dubbio sul modo di pensare e agire di questa persona anche io me lo farei, specialmente unito al fatto che era in un gruppo del genere.
Sicuramente ci sarà anche chi si unisce a questi gruppi senza rendersi conto della gravità del fare una cosa del genere. Però non so se mi convince davvero questa cosa, visto che tantissimi/e vanno su telegram proprio perché convinti nel “totale anonimato” di poter dare sfogo ai loro peggiori istinti, e quando è venuta a galla la storia, sono tutti prontamente usciti…
Emanuele quella tua domanda “Possibile che sono così rari?”, forse per ingenuità, ma suona odiosa. Ricorda tanto quelle uscite di molti uomini che non riescono a trovare una compagna: “ma perché le donne scelgono sempre gli stronzi?!?!”. Che poi e’ come dire che e’ colpa loro, perché fanno una cattiva scelta quando il principe azzurro e’ a due passi. Ma c’era bisogno di questo commento sulla difensiva? E’ un problema? Si, e’ un problema che riguarda il nostro genere? Si, e allora a che serve ricordare che non c’e’ solo gente di me..da? A che serve questa fedelta’ al gruppo? Ma diciamo solo che sta gente e’ sterco, che abbiamo ancora un problema di genere, che si fa ancora troppo poco, che ci sono ancora troppi “e pero’, e ma, tuttavia” nel condannare questi atteggiamenti e miglioriamo
Ciao Emanuele, provo a risponderti sul punto 2: no, chiaramente e per fortuna non tutti gli uomini sono cosi. Non lo penso io ne lo pensa, credo, la stragrande maggioranza delle donne.
Quello che peró proviamo a sottolineare e scoperchiare peró é una cultura di fondo sbagliata, che ci riguarda tutti: i compagni delle ragazze dell´articolo non sono mostri, sono uomini normali con cui andresti a bere una birra, che non si sognerebbero mai di fare fisicamente del male a una donna. Eppure, eppure… eppure frequentano le stesse chat orrende su Telegram e non ci vedono niente di troppo grave, eppure non hanno le parole giuste per rassicurare la persona con cui stanno. Perché? E` chiaro che da qualche parte esiste un cortocircuito.
Prendiamo l´esempio del razzismo (certo, sono cose diverse, ma in qualche modo collegate): io sono bianca e sono italiana. Non mi ritengo certo razzista, anzi. Ho diversi amici di origine straniera, mi dico. Sono informata e sensibile, mi rassicuro.
Eppure, di nuovo quell´eppure: eppure sono davvero sicura di non provare istintivamente piú diffidenza verso chi ha la pelle di un altro colore, alzo davvero la voce quando per strada o tra conoscenti sento commenti razzisti?
Questo mi rende una persona orrenda? No, ma mi mostra come anche io nel mio piccolo sono parte di un sottile razzismo sistemico, come non bisogna essere “attivamente” razzisti per fare parte del problema.
Tornando quindi a noi, é faticoso ma necessario ammettere di essere portatori di un privilegio: essere bianchi piuttosto che neri, essere uomini invece che donne.
Anche il sessimo é un problema sistemico e come tale ci riguarda tutti, nessuno escluso: non sentirti quindi attaccato in prima persona, chiediti piuttosto “io cosa posso ancora fare, cosa posso leggere, chi posso ascoltare” per contribuire a smantellare un sistema sbagliato.
Il lavoro non é finito semplicemente con l´essere una persona decente… é appena cominciato.
Secondo me è inutile nasconderci dietro a un dito: viviamo in una società esplicitamente sessista. Nonostante abbia avuto la fortuna che mia madre mi ha cresciuto con determinati valori portati avanti dalle lotte femministe degli anni 70, ho dovuto fare comunque un grande lavoro su me stesso per eliminare tanti comportamenti sessisti che, crescendo in questa società, mi sono accorto di avere interiorizzato. Non tutti hanno avuto però la fortuna di avere un’educazione critica, quindi siamo arrivati in una società dove una grandissima parte dei maschi sono degli idioti, che non riescono a capire che determinate cose non siano “innocenti” (ho sentito gente giustificarsi dicendo che il revenge porn è reato per chi lo carica, ma non per chi lo guarda “tanto neanche li conosco”). In attesa di una società ideale che dia una vera educazione di genere, sessuale e sentimentale nelle scuole e non le deleghi più alla Disney e ai porno mi sento di dare un consiglio non richiesto a tutti: parliamone, sia uomini sia donne, sia nei rapporti di coppia che nei rapporti di amicizia: dobbiamo avere il coraggio di stigmatizzare certi comportamenti e di esprimere i nostri sentimenti di disagio per evitare banalizzazioni e normalizzazioni, per fare capire a chi non ci arriva da solo che non c’è niente di normale nella violenza
Vi ringrazio per le risposte, ho sicuramente ancora molto da riflettere. Volevo però solo dire a Serena che non avevo intenzione di dire quello, cercando di rimanere sintetico non mi sono spiegato con più chiarezza.
@Emanuele – autoriflessione e autocritica sono punti di partenza preziosi. Ci vuole tempo per cambiare la propria prospettiva e gli schemi che abbiamo interiorizzato in anni. Per approfondire il tema ti consiglio la serie di dirette instagram/podcast su Spotify che sta tenendo in questi giorni proprio Irene, l´autrice di questo articolo. Si intitola Palinsesto Femminista e intervista 7 donne e 7 uomini su questi e tanti altri temi interessanti!
non tutti gli uomini sono così, io non sono così, io in certi gruppi non metto piede semplicemente perchè mi eccitano altre cose non mi eccita l’umiliazione, e io darei supporto alla mia fidanzata in ogni momento. ma alcuni uomini purtroppo sono così e bisogna condannarli, la rape culture non è la nostra cultura, è la non cultura di alcuni trogloditi anche quelli che all’apparenza sembrano dolci. c’è bisogno di fare educazione di genere e sentimentale ai giovanissimi, per i 40enni non c’è possibilità.
Per Emanuele: ok, meglio così, però riflettiamo sulle parole che diciamo e come le diciamo, hanno un peso. Comunque grazie per aver risposto al commento in maniera educata. Abbiamo tutti bisogno di riflessione. Buona serata.
Sì però riguardo al secondo intervento, io avrei informato i soggetti delle foto, sia la cameriera che la ragazza, e avrei pure ricordato al caro signore che, anche se non si tratta di foto porno, è comunque illegale in qualsiasi contesto fare foto o riprendere persone che non sono consenzienti ( non a caso in molti posti tipo fanno firmare delle liberatorie ). Capisco che non è facile applicare la legge ma almeno non rimanere imbambolate e rispondere a tono, altrimenti questi soggetti l’avranno sempre vinta!
Il ragazzo di cui ero innamorata anni fa, faceva parte di uno di questi gruppi. Quando l’ho scoperto mi ha detto che non si sentiva in colpa perchè non l’aveva mica creato lui, semplicemente si “limitava” a guardare i video, farsi “due risate” con i suoi amici. E sicuramente provava piacere. Quando mi ha confessato di aver visto anche il video di Tiziana Cantone, perchè “vabbe era già morta”, lì sono morta io. Condivido la mia esperienza perchè può essere utile a qualcun* che come me si è arrovellata di dubbi atroci sulla qualità della persona che aveva davanti: un ragazzo timido, dolcissimo, con una intesa altissima, sempre presente, amorevole; dall’altra una persona che si toccava su corpi rubati in foto e video di persone non consensuali. Anche quella è uno stupro, uno stupro simbolico che ha il potere di creare irreparabili danni psicologici e spingere verso il suicidio chi subisce tutto questo nella gogna pubblica. Cosa ho fatto? L’ho lasciato. Tardi. Dopo qualche tempo. Sono passati tre anni da quando l’ho allontanato e quando ci penso sono felice di averlo fatto e rimpiango invece di non averlo lasciato prima. Perchè da quando l’ho scoperto è caduta la benda e ho cominciato a notare tutte le volte che non rispettava il mio consenso, cose che prima minimizzavo o non vedevo proprio. Ho iniziato a riconoscere il sessismo insito nelle sue parole, nei suoi gesti. E il fatto di non averlo lasciato subito, mi ha fatto sentire complice.
Ciao, il tuo commento mi ha fatto riflettere… Poche settimane fa ho scoperto sul cellulare del mio compagno qualcosa che mi ha profondamente delusa. Premetto che stiamo insieme da 20 anni ed io ne ho 40. Credevo di conoscerlo come nessuno al mondo e che lui mi conoscesse e , soprattutto, mi rispettasse. Un uomo molto impegnato con il lavoro che diceva di ritagliare per noi tutto il suo tempo libero ( ci vediamo la sera a casa e nel we abbiamo più tempo per noi). Da tre anni proviamo ad avere un bambino, affidandoci anche a terapie di un certo peso.Poi, scopro che lui è iscritto in gruppi di incontro, che partecipa ad appuntamenti di gruppo, in case, appartamenti… Non credevo ai miei occhi! Lui, l’uomo di cui mi fidavo… Chi è quel mostro che ha tempo per vedere coppie, per incontri di sesso di gruppo… Leggo chat in cui si ringraziano, complimentano, commentano gli incontri, condividono esperienze e organizzano incontri e commentano il sesso con gabbie , frustìni, scambi insieme. È un incubo per me… Chi è l’uomo che ho accanto?
Se posso permettermi, dico solo una cosa:
questo mondo fa schifo.
lo dico perchè ho vergogna del genere umano.
Maschilisti, femministe, chi di destra, chi di sinistra, chi etero, chi omosessuale, chi cristiano, chi ateo… ma finiamola! siamo tutti esseri umani, abbiamo tutti un modo di pensare diverso ed è giusto rispettarci l’un l’altro…
Ma quello che fanno in quel gruppo non è da esseri umani, è da bestie da macello… lo schifo all’interno di quel gruppo farebbe accapponare la pelle anche a Hitler…
Un solo consiglio: Non perdete la fiducia nel prossimo a causa di queste bestie, altrimenti farete solo il loro sporco gioco.
Un abbraccio a tutti e tutte, con la speranza che il mondo faccia meno schifo in futuro.
Un problema che trovo molto correlato è quello dell’omertà, inteso come il silenzio e la mancata reazione di fronte a qualcosa che è obiettivamente ripugnante. Come può una persona (uomo in questo caso) trovarsi all’interno di un gruppo dove vengono scritte frasi orribile come quelle citate e rimanere lì, spettatore passivo senza, almeno, togliersi subito dal gruppo? Ho letto con interesse sia il post sia tutti i commenti ed ho visto che nessuno si è sbilanciato nel dare consigli. Concordo che sia impossibile dare consigli a persone che non si conoscono, però mi sento di esprimere la mia opinione: le risposte che la donna della prima lettera ha ricevuto dal suo compagno/fidanzato sgretolano quello che deve essere un rapporto di amore e di fiducia.
Condivido molto l’analisi fatta da Nina: è indubbio che la società crea delle disparità di trattamento ed ognuno di noi si trova a volte nella categoria dominante a volte in quella discriminata ed è molto più facile percepire quando si è discriminati rispetto a quando si è “agiati”. Per questo motivo ritengo che la battaglia verso l’uguaglianza sia universale e trasversale ed ognuno di noi deve dare il suo contributo, piccolo o grande che sia.
Una parola, un gesto, un’attenzione hanno una grandissima importanza perchè mettono in moto un meccanismo mentale che parte dal basso e che si può (deve) espandere diventando la nuova normalità.