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La lotta dell’Irlanda per il diritto all’aborto
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La lotta dell’Irlanda per il diritto all’aborto

Articolo di Benedetta Geddo

“Dopo una visita in una clinica di Dublino, ho prenotato il volo in Inghilterra. Non l’ho detto a nessuno. Invece, ho raccontato che sarei andata a Wicklow a trovare degli amici. Quando sono arrivata in Inghilterra ho preso un taxi per andare alla clinica. Il personale è stato fantastico – affidabile e pratico. È finito tutto abbastanza in fretta. Ho preso un altro taxi per tornare in aeroporto e la conducente mi ha passato una coperta e invitata a dormire un po’. I tassisti sono abituati a portare le donne irlandesi avanti e indietro da questa clinica, sono incredibilmente gentili.”

La storia di Liz è così comune in Irlanda che ormai quasi nessuno si stupisce più a sentirla, e la si legge tra le tantissime che popolano Everyday Stories. Creato all’inizio del 2017, il sito raccoglie le testimonianze di tutte le persone che sono state colpite dell’Ottavo Emendamento alla Costituzione irlandese, che ancora adesso vieta categoricamente l’aborto, mentre nella maggior parte delle nazioni europee è legale fino alle dieci o dodici settimane.

“The State acknowledges the right to life of the unborn and, with due regard to the equal right to life of the mother, guarantees in its laws to respect, and, as far as practicable, by its laws to defend and vindicate that right.

Lo Stato riconosce il diritto alla vita del feto e, con il dovuto rispetto all’eguale diritto alla vita della madre, garantisce con le sue leggi di rispettarlo, e, fin dove possible, con le sue leggi di difendere e rivendicare quel diritto.”

L’emendamento è stato scritto e votato nel 1983, principalmente ad opera dei due partiti di centro-destra della nazione, Fianna Fáil e Fine Gael, e da allora è sempre rimasto in vigore. Ancora oggi, l’unico caso in cui lo Stato considera un aborto legale è quando c’è un grave rischio alla salute della madre: e quindi ecco spiegati i soli 25 aborti del 2016 e i 26 del 2015, in una nazione di quasi cinque milioni di persone.

Tra le poche opzioni disponibili, la strada presa da Liz è la più comune – moltissime donne scelgono di volare nella vicina Inghilterra, dove la procedura è legale, e poi tornare a casa. Ad essere precisi, nel 2016 sono state quasi quattromila.
Ma prendere un aereo, anche per un volo così breve come quello da Dublino a Londra, non è fattibile per chiunque – vuoi per ristrettezze economiche o impossibilità di assentarsi dalla Repubblica, sono tante anche le donne che scelgono di ordinare le abortion pills da Internet per poter abortire a casa. Queste però sono illegali, e gli ufficiali di dogana irlandese effettuano controlli a campione – per chi viene scoperto in possesso di una di queste pillole ci sono fino a quattordici anni di reclusione.

Anche distribuire informazioni sull’aborto può uscire dai confini segnati dalla legge. Va bene parlare delle opzioni che sono disponibili al di fuori dell’Irlanda, ma non dare consigli su come arrivarci, in queste nazioni, o su chi contattare per prenotare un appuntamento. Persino nei centri medici delle università, dove ci sono pareti su pareti tappezzate di volantini su sesso sicuro e prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili, le infografiche sull’aborto sono poche, nascoste, sullo stile del “sì ci siamo ma è meglio se non ci vedi“.

Persone più preparate e più competenti di me hanno analizzato i motivi di questo ritardo incredibile nel garantire un diritto che è comune a praticamente tutto il mondo occidentale. È innegabile che la presenza massiccia della Chiesa Cattolica in ogni aspetto della società e cultura irlandese non aiuti: basta considerare che i preservativi sono stati autorizzati solo nel 1978, e che quando l’emendamento è stato scritto l’opinione pubblica era decisamente d’accordo nello stabilire che la vita del feto dal concepimento in avanti e quella della madre avessero lo stesso peso, dal momento che la modifica alla Costituzione è stata approvata tramite referendum.

Ma gli anni Ottanta sono passati, e sono passati anche in questa isola ai bordi dell’Europa, verde di pioggia e battuta dal vento. L’opinione pubblica si è ribaltata, e in questi giorni nel Dáil Éireann, la camera bassa del Parlamento, c’è aria di un altro referendum, questa volta per respingerlo, l’Ottavo Emendamento. Esattamente come è successo nel 2015 per la legge sui matrimoni LGBTQ+, il Taoiseach e i suoi Teachta Dála (ossia il primo ministro e i parlamentari, ma mi piace sfoggiare quelle cinque parole di Irlandese che ho imparato nei miei quasi sette mesi qui, perdonatemi) rimetteranno la decisione nelle mani dei cittadini. La data ancora non è stata annunciata, ma sarà presto – maggio o giugno di quest’anno, non più tardi.

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E questo perché il movimento del Repeal the 8th si fa ogni giorno più rumoroso, ogni giorno più forte, ogni giorno più numeroso. La Coalizione organizza marce, dibattiti, manifestazioni e eventi incessantemente da due anni a questa parte, tutto per sensibilizzare la popolazione in vista di questa chiamata al voto. E i loro sforzi stanno funzionando – secondo un sondaggio dell’Irish Times, uno dei quotidiani più letti nella Repubblica, ormai solo il 20% degli intervistati è contrario all’abolizione dell’Ottavo Emendamento. Senza contare la massiccia campagna #hometovote, #acasapervotare, che già si era vista nel 2015: al contrario dell’Italia, l’Irlanda non permette ai suoi cittadini di votare a meno che non si trovino fisicamente sul territorio della Repubblica. Non che questo abbia mai fermato gli elettori dal far sentire la loro voce: in occasione del referendum sulle unioni LGBTQ+, Twitter e Facebook si erano riempiti di video e foto di aerei carichi di irlandesi pronti a rimpatriare per andare ai seggi. Per questo referendum sarà molto probabilmente lo stesso.

Come è facile intuire, sono i giovani a portare avanti la conversazione, soprattutto nelle grandi città, Dublino, Galway, Limerick e Cork – ma i cambiamenti ci sono stati sicuramente, e ci sono nell’infinito corteo di persone che a settembre ha marciato dai Gardens of Remembrance fino a St. Stephen’s Green nella capitale, durante la prima Repeal the 8th March. Oggi si terrà l’ultima, si pensa, prima del voto – una Repeal the 8th March, il giorno March 8th (otto marzo, inglese). E che coincidenza, anche la Giornata Internazionale della Donna.

View Comments (5)
  • Peccato.
    Quel passo riportato che riguarda la legge sull’aborto mi sembra di un’umanità incredibile e dispiace vedere che venga visto come negativo. Se una donna è costretta ad abortire per motivi diversi da quelli di salute è una sconfitta per tutti: sua, per il bambino, il padre, lo Stato; una vittoria solo per quelle persone che le hanno detto che abortire era l’unico modo per essere felice e che non ce l’avrebbe fatta altrimenti e, ovviamente, per chi con gli aborti ci guadagna. Consiglierei ai movimenti femministi di preoccuparsi di come ridurre gli aborti al minimo, ovvero a quelli terapeutici, invece che preoccuparsi della loro legalizzazione che non risolve il problema minimamente ma che dà una parvenza di diritto. Le donne che entrano in una clinica per abortire, in quel momento non si sentono “emancipate”, glielo assicuro. Senza contare che vengono abortite anche delle bambine, quindi il femminismo difende solamente alcune donne e non tutte. Una società civile dovrebbe andare in un’altra direzione.

  • @Fabio: Siamo tutti d’accordo che la prevenzione sia sicuramente la scelta migliore ma… L’aborto è un diritto della donna, vietarlo non ha nulla di umano e poetico.
    Non parliamo di rapporti occasionali non protetti da parte di ignari che non sanno prevenire. Parliamo invece di situazioni reali ed esistenti.
    Tutte le coppie (stabili o meno), consapevoli dei rischi, mettono il preservativo dall’inizio alla fine del rapporto, TUTTO IL TEMPO, ad OGNI rapporto, senza mai sgarrare? E controllano sempre che sia sano ed integro e ben posizionato?
    Perché può capitare di sbagliare o di scegliere per una volta di non metterlo o di affidarsi alla pillola e dimenticarla una sera, eccetera.

    E se per caso invece arriva una gravidanza indesiderata, davvero dobbiamo obbligare per un errore una donna a cambiare la sua vita, per..? Per dare moralmente la definizione di essere umano a quello che è di fatto solo un mucchietto di cellule non ancora neppure identificabile come specie umana se non da una analisi genetica?

    In questo momento sono al settimo mese di gravidanza, gravidanza voluta, quindi so di cosa sto parlando, e no, ti assicuro che se la gravidanza non la vuoi, non c’è nessun discorso che possa sostenere che portarla avanti sia “un modo per essere felice” e che ce la possa fare ugualmente.

    Per una donna una gravidanza non desiderata, anche pensando di dare il bambino in adozione appena partorito (e quindi togliamo tutto il resto della vita davanti), significa mettere da parte per MINIMO 6-7 mesi la propria vita come si viveva prima e cambiarla.
    Significa che per MINIMO 5 mesi obbligatori dovrai assentarti dal tuo lavoro, sapendo che causerai disagi, che dovranno sostituirti, che spesso perderai il passo su dei progetti, che incarichi che avevi passeranno ad altri e via dicendo.
    Per non parlare di quelle che lavorano in autonomia, dove molto semplicemente in certi campi, perdi clienti e lavoro che non riavrai più dopo.
    O di quelle che lavorano in ambienti dove la maternità è anticipata d’obbligo perché a contatto con sostanze o situazioni a rischio, che quindi estendono quei mesi a tutti quelli di gravidanza.
    Ed in ogni caso dovrai assentarti spesso dal lavoro, usando i permessi per andare a fare visite mediche, a meno ovviamente di andare a pagamento in orari non lavorativi.

    Significa che se facevi una attività sportiva intensa dovrai rinunciarci, abbandonando anche l’allenamento, da ricominciare a fine gravidanza.
    Significa che se ti va bene come nel mio caso e fai una gravidanza senza problemi di sorta, arriverai comunque ad un certo punto dove sarai pesante, con possibili problemi di vene varicose, con il mal di schiena e fatica a guidare, senza più niente nell’armadio che riesci ad indossare, con un corpo diverso e che non sarà mai più come prima.

    E se ti va male invece passerai mesi a non riuscire ad ingurgitare nulla per la nausea, a non poter mangiare certe cose, a controllare diabete e pressione, a lottare contro carenze di sostanze e via dicendo.
    Poi dovrai passare dal parto, eventuali complicanze, postumi successivi compresa la depressione che è data da problemi ormonali e non da uno sfizio e parecchie altre cose.

    E dopo avrai indietro la tua vita stiracchiata, con un buco di metà anno se siamo ottimisti, un corpo che è cambiato in modo irrimediabile e no, mai in meglio, il tutto per..?
    Aver messo al mondo un figlio non desiderato, che magari hai dato in adozione quando siamo pieni di bambini in eccesso in tutto il mondo, oppure che ti tieni e cresci male, in una situazione non ottimale, magari senza un compagno che ha deciso di andarsene perché non era d’accordo.

    Tutto questo è più umano del dare il diritto ad una donna che ha fatto un errore, di scegliere di non portare avanti una gravidanza?
    Il tutto per dare più diritto a quello che per definizione medica non è ancora un essere umano, non è autonomo, non sopravviverebbe da solo, non pensa e non può farlo?

    La gravidanza è fisicamente, psicologicamente e socialmente pesante. Lo posso confermare da futura mamma felicissima di esserlo.
    Farla volontariamente può essere una gioia, ma ciò non toglie che sia un peso. Obbligare qualcuno a portare quel peso, per il presunto diritto di qualcuno che non è ancora un essere umano, non è umano.
    E’ solo moralismo.

    • “L’aborto è un diritto della donna, vietarlo non ha nulla di umano e poetico.”
      Neanche legalizzarlo.

      “Tutte le coppie (stabili o meno), consapevoli dei rischi, mettono il preservativo dall’inizio alla fine del rapporto, TUTTO IL TEMPO, ad OGNI rapporto, senza mai sgarrare? E controllano sempre che sia sano ed integro e ben posizionato?
      Perché può capitare di sbagliare o di scegliere per una volta di non metterlo o di affidarsi alla pillola e dimenticarla una sera, eccetera.”
      Uno dei problemi è proprio questo. Per una nostra azione irresponsabile deve pagare un altro essere vivente? è umano tutto ciò? E poi, proprio perché potrebbe accadere, bisognerebbe forse decidere di avere rapporti sessuali solamente quanto si è disposti ad accettare questa rara eventualità, o no? Non si sta parlando di farlo solo per procreazione ma nel caso, ripeto, raro che succeda qualcosa, accettarne le conseguenze. Lo vogliamo un mondo più responsabile oppure vogliamo continuare a vivere in un mondo in cui per il nostro piacere o pur di trarne vantaggio, accettiamo qualsiasi cosa?

      “E se per caso invece arriva una gravidanza indesiderata, davvero dobbiamo obbligare per un errore una donna a cambiare la sua vita, per..? Per dare moralmente la definizione di essere umano a quello che è di fatto solo un mucchietto di cellule non ancora neppure identificabile come specie umana se non da una analisi genetica?”
      È la prima fase della vita umana: zigote, embrione, feto, bambino, adulto, anziano. Sono tutti ugualmente umani: tra embrione e bambino, c’è la stessa differenza presente tra bambino e anziano. Due stadi di una vita in mutamento e continua crescita. Anche noi adulti siamo un ammasso di cellule, fisicamente.

      “Significa che per MINIMO 5 mesi obbligatori dovrai assentarti dal tuo lavoro, sapendo che causerai disagi, che dovranno sostituirti, che spesso perderai il passo su dei progetti, che incarichi che avevi passeranno ad altri e via dicendo.
      Per non parlare di quelle che lavorano in autonomia, dove molto semplicemente in certi campi, perdi clienti e lavoro che non riavrai più dopo.
      O di quelle che lavorano in ambienti dove la maternità è anticipata d’obbligo perché a contatto con sostanze o situazioni a rischio, che quindi estendono quei mesi a tutti quelli di gravidanza.
      Ed in ogni caso dovrai assentarti spesso dal lavoro, usando i permessi per andare a fare visite mediche, a meno ovviamente di andare a pagamento in orari non lavorativi.”
      Certo, infatti, ma questo è un problema che lo Stato dovrebbe risolvere con delle politiche adatte. Peccato che sembra interessi poco un po’ a tutti. Per questo dico che bisogna andare in questa direzione.

      “Significa che se ti va bene come nel mio caso e fai una gravidanza senza problemi di sorta, arriverai comunque ad un certo punto dove sarai pesante, con possibili problemi di vene varicose, con il mal di schiena e fatica a guidare, senza più niente nell’armadio che riesci ad indossare, con un corpo diverso e che non sarà mai più come prima. E se ti va male invece passerai mesi a non riuscire ad ingurgitare nulla per la nausea, a non poter mangiare certe cose, a controllare diabete e pressione, a lottare contro carenze di sostanze e via dicendo. Poi dovrai passare dal parto, eventuali complicanze, postumi successivi compresa la depressione che è data da problemi ormonali e non da uno sfizio e parecchie altre cose.”
      Certo, ma è un fatto naturale. I problemi che crea la gravidanza possono avvenire anche per altri motivi, ma se nessuna donna avesse il coraggio di farlo saremmo estinti. Dato che al femminismo piace la retorica del coraggio, potrebbe ricordare quanto sono coraggiose le donne che portano avanti la gravidanza, invece di dire l’opposto. Ovviamente, bisogna dare tutto il sostegno possibile alla donna in gravidanza ed è tutto ciò che si può fare. Sarebbe utile pensare che le cose possono andare bene, perché devono andare male per forza? C’è sempre questa cattiva pubblicità alla gravidanza, che capisco sia debilitante, ma è davvero esasperata in modo fa far sembrare l’aborto una cosa idilliaca e senza problemi, che invece ha anch’esso, sia fisici che psicologici, per la donna e per l’uomo; i problemi della gravidanza poi sono risolvibili con le tecnologie moderne e comunque è meglio non pensarci, o no? Altrimenti uno non può fare più nulla perché ha paura che succeda qualcosa di negativo.

      “E dopo avrai indietro la tua vita stiracchiata, con un buco di metà anno se siamo ottimisti, un corpo che è cambiato in modo irrimediabile e no, mai in meglio, il tutto per..?
      Aver messo al mondo un figlio non desiderato, che magari hai dato in adozione quando siamo pieni di bambini in eccesso in tutto il mondo, oppure che ti tieni e cresci male, in una situazione non ottimale, magari senza un compagno che ha deciso di andarsene perché non era d’accordo.”
      I bambini adottabili non sono così tanti in realtà, anzi spesso sono meno delle coppie che vogliono adottare. Il problema è tutto il processo delle adozioni che è infame, ma anche questa è una questione da risolvere di cui deve farsi carico la politica. Anche il problema del compagno è vero e anche qui si può intervenire responsabilizzando donne e uomini sui rapporti sessuali e su un generico rispetto per l’altro. Inoltre, vorrei ricordare anche gli uomini che cadono in depressione perché il loro figlio è stato abortito senza che loro potessero fare nulla. Perché questo non è importante? I figli si fanno in due e le decisione bisognerebbe prenderle in due. Il corpo che cambia è inevitabile: se non cambia per la gravidanza, cambia per la cellulite o la vecchiaia.

      “Tutto questo è più umano del dare il diritto ad una donna che ha fatto un errore, di scegliere di non portare avanti una gravidanza?
      Il tutto per dare più diritto a quello che per definizione medica non è ancora un essere umano, non è autonomo, non sopravviverebbe da solo, non pensa e non può farlo?”
      Per me sì. Come hai detto tu, è stato un errore ed è importante prendersi le proprie responsabilità, che riguardano l’uomo e la donna, ovviamente con tutto l’aiuto possibile da parte dello Stato. Vorrei ricordare inoltre che anche un bambino appena nato non è autonomo e non sopravviverebbe da solo: se non avesse la mamma e il papà che si prendono cura di lui, morirebbe. Proprio perché è fragile va protetto, non abbandonato. L’uguaglianza dovrebbe prescindere dall’età o dalle dimensioni di un individuo.

      “La gravidanza è fisicamente, psicologicamente e socialmente pesante. Lo posso confermare da futura mamma felicissima di esserlo.
      Farla volontariamente può essere una gioia, ma ciò non toglie che sia un peso. Obbligare qualcuno a portare quel peso, per il presunto diritto di qualcuno che non è ancora un essere umano, non è umano.
      E’ solo moralismo.”
      Non metto in dubbio che sia molto complicato e che possa avere delle conseguenze però, come ho detto, è importante ricordare che ogni azione ha delle conseguenze e non le può pagare un essere innocente. Il diritto alla vita fa parte dei diritti dell’uomo e viene anche ricordato nella legge italiana sull’aborto. Non può essere negoziabile.
      I moralisti sono quelli che dicono alla gente quello che la gente non vuole sentirsi dire. Sono disprezzati perché dicono verità scomode che non vogliamo accettare ma che, se desideriamo un mondo più umano ed empatico, è necessario fare.
      Scusami, so che per le donne è una tematica importante e anche simbolica se vogliamo e non è mia intenzione limitare i vostri diritti, anzi, però questa è una questione che va oltre i diritti delle donne e non penso che una società sana dovrebbe difenderla come tale.
      Ti faccio tanti auguri per la tua gravidanza e la vita che verrà dopo, sperando che la società riuscirà ad apprezzare tuo/a figlio/a come merita.

      • Guarda, la falla parte tutta da qua:
        “È la prima fase della vita umana: zigote, embrione, feto, bambino, adulto, anziano. Sono tutti ugualmente umani: tra embrione e bambino, c’è la stessa differenza presente tra bambino e anziano”
        Non è così.
        Tra embrione e feto passa una definizione sostanziale, il primo non è ancora un essere vivente, lo diventerà. Non può vivere in modo autonomo, non può pensare e non ha ancora le caratteristiche proprie della specie a cui appartiene. Si può discutere di spostare avanti o indietro di una settimana o due questa divisione, ma resta il fatto che non è ancora definibile un essere vivente, non più ne meno di un palmo di pelle coltivata in laboratorio. Sono solo cellule. Perché altrimenti allora anche la cosiddetta “pillola del giorno dopo” è un aborto, perché espelle un ovulo fecondato.
        C’è bisogno di un paletto da qualche parte, si è scelto la decima o dodicesima settimana su basi mediche, con una spiegazione pratica.

        E si, sono d’accordo, perché per un errore mio deve pagare qualcun altro?
        E quindi è giusto far venire al mondo un nuovo essere umano che pagherà il mio/nostro errore? Perché questo è quello che succede ad impedire ad una donna (ma anche al padre) che hanno sbagliato accidentalmente di accedere all’aborto, ad obbligarli a crescere un bambino che non vogliono.
        Quel bambino pagherà, verrà al mondo non voluto, magari entrerà nell’iter dell’adozione che confermo essere tremendo, oppure sarà origine della rottura della coppia finendo tra i vari bambini sballottati ed usati come tira e molla di ricatto tra madre e padre, o invece crescerà in una famiglia dove verrà visto come il motivo per cui si è rinunciato a qualcosa, o anche più semplicemente verrà seguito male e controvoglia.
        Una società sana ed ideale riduce il numero di aborti tramite una corretta istruzione alla prevenzione e pensando a nuovi metodi per evitare gravidanze non desiderate. E questo è sicuramente un bene.
        Ma deve lasciare la scelta a chi si trova in errore ed un figlio non può/vuole portarlo avanti, perché vietarlo non diminuisce il numero di aborti, aumenta solo il numero di quelli clandestini o dei figli messi al mondo come un peso non voluto e che cresceranno male.
        Io non sono mai capitata nella situazione, i primissimi anni forse avrei valutato l’idea, negli ultimi anche se non stavo cercando una gravidanza probabilmente avrei fatto delle rinunce e l’avrei tenuta, ma proprio perché SO quanto possa essere pensante (e non c’entrano gli aiuti della società. Può aiutarti quanto vuoi la società, ma avrai comunque dei disagi fisici più o meno forti a seconda del caso che ti impediranno di fare molte cose) io non voglio arrogarmi il diritto di imporre una cosa del genere ad una donna che non lo vuole.
        La gravidanza è bellissima e poetica solo per chi la cerca e la vive bene. Se è una imposizione, magari anche con una società intorno che ti guarda male (pensiamo ad una coppia di adolescenti ancora a scuola ad esempio, oppure invece una coppia occasionale, o una coppia di età avanzata) è una tortura che darà origine non ad una “vita nuova” ma ad un bambino non desiderato che verrà caricato di una punizione solo per la colpa di essere nato.

        • Evidentemente, se si parte da premesse differenti, non si può arrivare ad una soluzione comune e universalmente giusta. Solo, una società che dà così poca importanza alla vita, si accorgerà delle conseguenze quando ormai sarà troppo tardi. Va beh, tanto noi la nostra opportunità l’abbiamo avuta, no?

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