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L’amica geniale: una storia di donne, non solo per donne
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L’amica geniale: una storia di donne, non solo per donne

Dal 27 novembre andrà in onda su Rai 1 la serie tv tratta dall’omonimo romanzo “L’amica geniale, il primo della chiacchieratissima tetralogia di Elena Ferrante. Per chi non fosse ancora stato contagiato dalla cosiddetta Ferrante fever, si tratta di uno dei romanzi italiani di maggior successo internazionale di sempre, senza dubbio il più amato tra le uscite contemporanee. L’opera della Ferrante ha avuto particolare fortuna editoriale soprattutto oltreoceano, dove è fortemente acclamata sia dalla critica che dal pubblico. Proprio a causa del grande riscontro di cui i libri godono anche al di fuori dei confini nazionali, l’uscita della serie – prodotta in collaborazione da Rai Fiction, Tim Vision e HBO – è attesissima.

L’intera saga de “L’amica Geniale” è in realtà un piccolo gioiello letterario che attraverso il racconto – in apparenza semplice – della vita di due amiche, dall’infanzia fino alla vecchiaia, tocca una serie di temi che meritano un approfondimento. Dunque quale momento migliore per iniziarne la lettura se non ora, in attesa dell’uscita della trasposizione televisiva? Se non foste ancora convinti, ecco qualche breve spunto riflessione sulle tematiche principali che i romanzi affrontano, rigorosamente senza spoiler.

 

Un romanzo femminista?

L’amica geniale è a suo modo un romanzo “femminista”. Non necessariamente nel senso più politico del termine, più nella sua attitudine, nel modo di raccontare la sua storia. Com’è probabilmente noto ai più, la saga narra dell’amicizia tra Elena Greco (detta Lenù) e Raffaella Cerullo (detta Lina, o Lila solo per Elena), due bambine nate e cresciute in uno dei rioni più poveri e violenti di Napoli a metà degli anni ’40. La storia dell’amicizia però è solo una parte di ciò che L’amica geniale rappresenta: più le vicende si complicano e intrecciano nel corso dei quattro libri, più ci si rende conto che in realtà ci si trova di fronte a un grande romanzo corale che racconta la storia di un quartiere e delle persone – in particolare delle donne – che lo abitano. È proprio qui che si fa sentire tutta la forza dell’autrice: la Ferrante racconta una storia di donne da donna, e lo fa in modo estremamente onesto. Brutalmente onesto oserei dire. Lo fa parlando di temi quotidiani, “banali” se vogliamo, ma tenendosi ben alla larga dalla tentazione di ricorrere a cliché o rappresentazioni stereotipate – fatto fin troppo raro quando si toccano temi come il matrimonio, la maternità e la sessualità femminile. La sua scrittura è estremamente introspettiva, ci fa entrare nella mente di Lenù – che è la voce narrante di tutti i romanzi – a tal punto che al lettore sembra di essere davvero dentro la storia e i personaggi perdono l’alone di finzione letteraria per a divenire reali, quasi tangibili. Questo fa sì che ogni tema sia presentato in modo estremamente complesso e, appunto, non stereotipato.  L’amicizia tra donne per esempio, che è il cardine su cui si basa l’intera saga, è raccontata a tutto tondo come un equilibrio precario tra sentimenti antitetici: è sorellanza che però è allo stesso tempo è anche invidia, affetto e ammirazione che spesso sono anche competizione, amore che è anche odio, supporto che è anche malizia. Ogni sfaccettatura positiva ha un lato negativo, nulla è edulcorato. La Ferrante non condona nulla alle sue protagoniste, quasi mai si riesce a tracciare una linea di netta demarcazione tra bene e male, tra buoni e cattivi, a partire da Lenù e Lila.

È proprio per il modo in cui le protagoniste sono costruite che L’amica geniale è a suo modo un romanzo “femminista”. Lila ed Elena sono due donne “che si sono fatte da sole” partendo dal fondo della piramide sociale. Sono nate in un quartiere in mano alla criminalità organizzata, sono figlie del proletariato, sono femmine e sono povere. Sono quasi completamente prive di supporto familiare, crescono in un contesto estremamente violento e maschilista, e nulla di quello che la vita potrebbe offrire loro si può ottenere senza lottare ferocemente. Gli unici mezzi che hanno a disposizione per redimersi sono la loro intelligenza e la scuola. Quest’ultima costituisce la prima grande battaglia che le due ragazzine devono affrontare nel corso della vita, quando a poco più di 10 anni si trovano a combattere contro le loro stesse famiglie per poter continuare a studiare dopo la licenza elementare. Un altro tema chiave della saga è il rapporto tra il maschile e il femminile, sviluppato in più’ modi e forme a partire dalla sessualità e dai ruoli di genere. Il sesso nella prima parte della saga (che coincide con la giovinezza) è quasi sempre subìto dai personaggi femminili: non nel senso di imposto contro la volontà, ma esperito come un un servizio che le donne devono agli uomini. Non a caso a lungo è rimasta in uso in Italia l’espressione “doveri coniugali”. Lo stesso discorso si applica al matrimonio, che costituisce la realizzazione di un’aspettativa sociale che pesa fortemente sulle protagoniste, più che la celebrazione di un rapporto d’amore. A questo si ricollega il tema della maternità, che la Ferrante tratta in modo estremamente onesto e non indulgente. È soprattutto Elena, in quanto voce narrante, a descrivere l’esperienza della maternità senza censure, confessando il suo sentirsi impreparata a questo compito e raccontando – vergognandosi per questa sua “inadeguatezza” – le difficoltà che lo caratterizzano. Nelle sue parole leggiamo anche la lotta interiore per definire la propria identità di donna al di là dell’essere solo “moglie” e “madre”, nel tentativo di sfuggire a un ruolo che le sta troppo stretto.

Infine, L’amica geniale è un romanzo “femminista” nel senso che sullo sfondo delle vicende personali dei protagonisti si vede la lotta femminista dell’Italia degli anni ’70, quella della cosiddetta seconda ondata. Lenù viene a contatto con il pensiero femminista alla soglia dei suoi trent’anni, e lei stessa diventa parte del movimento a suo modo. Un concetto ricorrente per tutta la saga – che viene ripreso in modo esplicito solo nell’età adulta ma che costituisce il leitmotiv di tutta la vita delle protagoniste – è quello dei “maschi che fabbricano le femmine”. Nate e cresciute in un ambiente fortemente patriarcale e maschilista, l’intera esistenza di Elena e Lila è una lotta contro questa struttura di pensiero, contro quel modo di essere donne che la famiglia e la società si aspettano da loro ma nel quale non si sentono a proprio agio. Entrambe infrangono queste regole, provocando talvolta un vero e proprio caos che investe e destabilizza tutto l’ambiente umano circostante. La Ferrante stessa in un articolo pubblicato dal Guardian a marzo 2018 descrive così la potenza di questa sovversione femminile:

«Conosco una giovane donna che si è allenata a non essere troppo bella, troppo intelligente, troppo saggia, troppo indipendente, troppo generosa, troppo aggressiva, troppo carina. Il “troppo” delle donne produce violente reazioni maschili e l’inimicizia delle altre donne, obbligate ogni giorno a combattere tra loro per le briciole lasciate dagli uomini.»

 

L’amica geniale è “narrativa al femminile”?

Forse sì. Se vogliamo possiamo definirlo così, ma a patto di dimenticare l’accezione dispregiativa che questa etichetta si porta addosso. È un romanzo che parla di donne, non è un romanzo che parla solo alle donne, anzi tutto il contrario. La storia della letteratura è piena di libri con protagonisti uomini carismatici ed empowered, che proprio per il loro essere a tutto tondo sono amati da lettori di tutti i generi. È tempo che si affermi anche il contrario: personaggi femminili forti e a tutto tondo che raccontano la loro storia senza scendere a compromessi, e che per questo possono essere apprezzati da tutti. Non ha senso che le storie di donne siano lette solo da donne, a maggior ragione quando sono storie così ben narrate come lo è L’amica geniale. Sarebbe proprio un gran peccato.

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Il pregio più grande di questa saga, ed è il motivo per cui l’ho apprezzata così tanto, è il fatto che quando l’ho finita mi ha dato un senso di prospettiva su cosa volesse dire essere una donna in Italia il secolo scorso. Mi ha raccontato una storia che potrebbe benissimo essere la storia delle mie nonne, e in parte lo è per davvero. Da giovane donna italiana quale sono mi arrabbio spesso per tutte le cose che non vanno nel nostro paese, per “quanto siamo indietro su tanti fronti rispetto agli altri paesi europei” e L’amica geniale mi ha aperto gli occhi su quanto poco sono consapevole della fatica che abbiamo fatto per arrivare dove siamo ora. Questa consapevolezza non deve servire come scusa per adagiarci sui problemi che ci circondano, ma al contrario deve servire a darci coraggio per lottare con ancora più convinzione per creare un paese migliore, ricordandoci allo stesso tempo di chi ha combattuto prima di noi. Come ha dichiarato la Ferrante stessa in un’intervista a Vanity Fair USA nel 2015:

«Le ragazze come le mie figlie sembrano convinte che la condizione di libertà che hanno ereditato sia un dato di natura e non il risultato provvisorio di un lungo scontro ancora in atto, nel corso del quale si può perdere di colpo tutto.»

A distanza di tre anni, queste parole sono più attuali che mai.

 

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