Articolo di Alice Picco
Esce oggi il nuovo libro di Giorgia Vezzoli, scrittrice, poeta – come le piace definirsi – e consulente di comunicazione; un’autrice di cui vi abbiamo già parlato un anno e mezzo fa a proposito del suo libro Mi piace Spiderman… e allora?
Anche questa volta, l’autrice bresciana si inoltra nel vastissimo e complicato mondo degli stereotipi di genere, raccontando una storia d’amore piuttosto particolare con il suo tocco delicato e leggero, che però lascia decisamente il segno nella mente e nel cuore del lettore.
Ti amo in tutti i generi del mondo, un romanzo di 190 pagine pubblicato da Giraldi Editore, racconta in prima persona la storia di Nina, una ventunenne punk dal cuore tenero e dall’andamento scolastico piuttosto scarso, proveniente da una famiglia decisamente bigotta a cui lei cerca di opporsi anche tingendosi i capelli di colori sgargianti e prendendo sbronze di superalcolici.
Incastrata in modo bizzarro dalla cugina Elena, che finge di voler prendere un mese di pausa dalla vita, ma in realtà vuole tentare un periodo di convivenza con il fidanzato quarantenne, Nina si trova da sola nel villaggio “Armonia e natura”, dove dovrà seguire un “percorso di rinascita” fino a diventare una pecora un po’ meno nera e una persona più consapevole, lontana dalla tecnologia e dalla vita di tutti i giorni.
Inizialmente Nina si rifiuta di entrare al villaggio senza la cugina, ma poi, una volta dentro, decide che tanto vale far fruttare in qualche modo il suo soggiorno in quel luogo.
Mentre Nina scrive il diario delle sue giornate al villaggio anche il lettore impara a conoscerla: è una scrittrice in erba che ha auto-pubblicato un romanzo che in realtà non voleva scrivere, ma che le sta fruttando un discreto successo, è spesso preda di attacchi di panico e fa moltissima fatica a parlare di sé stessa.
La sua vita nel villaggio, tra la compagna di stanza svedese, un sessuomane e una ragazzina praticamente muta, inizia a cambiare quando incontra Sasha, che è parente della proprietaria del villaggio e ci lavora come tuttofare.
Inizialmente, a Nina Sasha sembra un ragazzo e decide di parlare di questa persona al maschile (cosa che farò anche io nella stesura dell’articolo), soprattutto in onore del cantante dei Tokio Hotel, ma ogni volta che lo vede cambia idea e non è mai sicura se Sasha sia un ragazzo o una ragazza, dal momento che anche il nome si presta ad entrambe le interpretazioni.
Sasha e Nina si incontrano di sfuggita svariate volte, quanto basta a Nina per etichettarlo come VHP (Very Horrible Person), a causa del suo atteggiamento molto schivo e a tratti scortese. Tuttavia, Nina ammette a sé stessa che, benché Sasha non le piaccia, non riesce a smettere di cercarlo e la «incuriosisce oltre ogni immaginazione» .
Proprio per questo motivo, Nina inizia a cercare di recuperare informazioni su questa persona così misteriosa ma allo stesso tempo così affascinante, chiedendo prima di tutto ad Amalia, la zia proprietaria del villaggio, che le dice solamente che «Sasha parla di sé sia al maschile che al femminile e lascia che gli altri facciano altrettanto» .
Intanto il rapporto tra i due si modifica e si intensifica gradualmente, fino a quando è Sasha stesso a proporre a Nina di non cercare di “indovinare” se sia un maschio o una femmina, ma di vederlo solamente come persona, senza attribuirgli alcuna etichetta.
È a questo punto che Giorgia Vezzoli, con una delicatezza davvero unica, inizia a introdurre nella trama il concetto di identità di genere, utilizzando nel modo più semplice possibile termini come “agender”, “androgino”, “bigender”, “transgender” e molti altri, ampliando così lo spettro delle possibilità che possono aprirsi davanti a Nina, che effettivamente si dimostra piuttosto ignorante in materia, ma molto curiosa e interessata a fare chiarezza.
Come andrà avanti, dunque, il rapporto tra Nina, la pecora nera con i capelli biondo platino e un pessimo senso dell’orientamento, e Sasha, l’ambiguo personaggio con un passato triste e molti piercing in faccia?
Per saperlo non dovete fare altro che procurarvi questo piccolo capolavoro e procedere con la lettura dei brevi capitoli, fino ad arrivare alla fine con il fiato sospeso. Vi assicuro che ne vale la pena.

Ho avuto il piacere di conoscere Giorgia di persona e, durante quella che è stata più una chiacchierata che un’intervista vera e propria, ho scoperto una persona – ancora prima che una scrittrice – che nell’educazione all’abbattimento degli stereotipi di genere ci è cresciuta e se ne è sempre interessata nel corso della vita, e ha avuto il coraggio di scrivere ben due libri sull’argomento, in un momento storico in cui il gender sembra spaventare più della carestia.
Oltre che come autrice, Giorgia Vezzoli si distingue anche per aver creato nel 2009 il blog Vita da streghe, dedicato appunto alla discriminazione di genere, e per aver collaborato alla fondazione del sito Zero stereotipi.
È anche grazie alla formazione ricevuta e al suo interesse personale per l’argomento che Giorgia riesce a trattare temi delicati come l’identità e gli stereotipi di genere con un tocco freschissimo e nuovo, senza cadere nel tranello della descrizione accademica e della polemica. Semplicemente l’autrice sfiora questi temi in maniera delicata ma rispettosa, lasciando poi al lettore la facoltà di approfondirli o meno, e facendo in modo che il romanzo possa essere fruibile anche a chi dei temi trattati ha una conoscenza superficiale, ma instillando quantomeno la curiosità di informarsi sul significato di alcune parole.
Quello di Giorgia è un romanzo che non vuole dare risposte, quanto piuttosto fare delle domande, le stesse che si pone Nina mentre scrive il suo diario.
Nina, dopo un lungo e complicato percorso, riesce a darsi delle risposte.
E voi quali risposte vi darete dopo aver letto questo libro?
forse sbaglio ma mi pare che si confonda l’identità di genere e i ruoli di genere, le identità sono due nella stragrande maggioranza dei casi: uomo o donna (anche un uomo o una donna transgender sono un uomo e una donna), i ruoli e le espressioni di genere sono infiniti, alcune sono più frequenti altre meno frequenti statisticamente ma tutte genuine e autentiche: una ragazza coi capelli cortissimi e vestita da boscaiolo è una ragazza vera e libera come una con i capelli lunghi e la gonna, non è meno donna. Idem per un uomo.
l’identità di genere, maschile, femminile e qualunque essa sia, del nostro partner o potenziale partner è importante nel rapporto amoroso perchè è importante tutto
le identità di genere non sono riducibili a cultura (io sarei uomo cisgender anche in una cultura diversa da questa), sono radicate in noi, i ruoli e le espressioni di genere sono scelte culturali comunque legittime a prescindere da quanto sono freqqueti statisticamente, la cultura nei suoi cambiamenti nel tempo e nello spazio fa parte della natura umana, senza cultura siamo morti