Quando Bossy è nato, nel 2014, ho sempre saputo che sarebbe stata una cosa bella.
Quello che non credevo è che sarebbe potuto diventare anche un lavoro.
Per anni Bossy è stato un luogo d’incontro, virtuale e fisico, dove poter stare fra simili.
Personalmente è stato un salto nel vuoto, poi l’occasione di ricominciare a studiare, poi ancora una casa dove tornare, un tesoro da proteggere, un risultato da presentare e infine una realtà consolidata.
Chi segue Bossy pensa a questa associazione come a un insieme di persone che mette a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze per provare a migliorare il mondo e a creare cultura – come mi piace dire in altri lidi.
Chi ci conosce legge i nostri articoli, se può partecipa ai nostri eventi, ci supporta attraverso il nostro shop. Chi ci conosce ha la sensazione di conoscerci davvero, attraverso i miei video online, i rant femministi di Rachele su Facebook, i racconti degli eventi su Instagram visti con gli occhi di Giovanni o la presenza costante a quegli stessi eventi di Barbara…
Questo non volevamo che cambiasse.
Bossy è casa, per me e per tant* altr*. E lo rimarrà.
Ma Bossy – e soprattutto chi segue il progetto e vuole bene alle persone che lo compongono – ci ha permesso di fare un passo avanti.
Bossy parla alle nuove generazioni, anzitutto. Perché se dobbiamo puntare su qualcuno puntiamo sui giovani, su chi arriverà dopo di noi, sul futuro. Ma non abbiamo voglia di aspettare vent’anni, quando i giovani di oggi saranno in posizione di comando, per vedere il mondo cambiare.
Vogliamo fare qualcosa per arrivare anche a chi sta comandando ADESSO.
Da qui nasce Bossy+.
A settembre abbiamo deciso di mettere a sistema le nostre singole competenze per portare il tema della parità nelle organizzazioni, offrendo consulenza, formazione e creazione di eventi.
Il filo rosso è sempre lo stesso: il valore aggiunto della diversity.
Quello che facciamo è andare nelle aziende per aiutarle ad avere una comunicazione inclusiva e strategica a 360 gradi, uno sviluppo delle competenze organizzative legate alla diversity e degli eventi progettati e realizzati in maniera intersezionale.
In Bossy+ abbiamo fatto rientrare anche tutto il nostro lavoro nelle scuole, proprio perché la committenza dei ragazzi spesso non basta: serve quella di chi le scuole le manda avanti, che ha bisogno di interfacciarsi con una realtà che sente simile, organizzativamente e lavorativamente parlando.
Bossy+ è la nostra scommessa.
Scommettiamo che i lavori che arriveranno da Bossy+ ci permetteranno di tenere in piedi Bossy e di trattare le persone che al momento sono volontarie come dei veri collaboratori, remunerando il loro tempo.
È un nuovo salto nel vuoto, stavolta però saltiamo prendendoci per mano.
Se volete andare a sbirciare e a prendere confidenza anche con questa realtà, trovate online il sito di Bossy+.
Per tutto il resto, vi aspettiamo qui.
A casa.