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Vincenzo Parisi: quando la passione si trasforma in una pressione
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Vincenzo Parisi: quando la passione si trasforma in una pressione

Compositore e pianista, Vincenzo Parisi porta nell’anima un mix di musica classica, rock psichedelico e canto popolare.
Diplomato brillantemente in pianoforte sotto la guida di Irene Schiavetto, laureato in Economia all’Università Bocconi, fondatore dei Kafka On The Shore con cui ha girato l’Europa, ha collaborato  nel frattempo con artisti della scena pop-rock e studiato composizione prima con Fabio Vacchi e attualmente con Mario Garuti presso il Conservatorio “G. Verdi” di Milano, frequentando parallelamente da allievo effettivo i corsi di perfezionamento di Alta Composizione Musicale presso l’Accademia Filarmonica di Bologna tenuti da Azio Corghi e Mauro Bonifacio e diventando membro del direttivo artistico dell’Eutopia Ensemble e del Festival Le Strade del Suono di stanza a Genova.

Finalista al concorso internazionale Macerata Opera Festival 2019 per la scrittura di un’opera di teatro musicale insieme alla regista ungherese Hannah Gelesz, nel 2020 ha pubblicato l’album Zolfo eseguito al pianoforte solo e registrato dal vivo durante una performance nel quartiere di Ballarò a Palermo e nel 2021 ha vinto il 1°Premio al Concorso di Composizione del Conservatorio Verdi di Milano ed al Concorso Internazionale di Composizione Jorge Peixinho indetto dallo storico Grupo Contemporaneo de Musica de Lisboa in Portogallo nonché della Call For Scores 2021 indetta dalla Collana Discografica 19’40” fondata da Enrico Gabrielli (Calibro35, Afterhours), Sebastiano De Gennaro e Francesco Fusaro.

Il 2022 lo ha visto debuttare con la sua musica presso la Sala Verdi del Conservatorio di Milano con il brano per orchestra intitolato Colombre e presso la Fabbrica del Vapore ospite del Festival di Milano Musica con il soliloquio per ensemble e voce intitolato C’est quoi le sexe.

Con lui abbiamo parlato di musica, di come diventare musicistə professionistə e di stereotipi musicali.

Se potessi cristallizzare solo tre momenti del tuo percorso artistico professionale di pianista e compositore, quali sceglieresti?

Il giorno in cui a 15 anni ho incontrato Irene Schiavetta, la mia Maestra di pianoforte e vera guida spirituale. Avevo appena perso un’importante partita a hockey su prato, e rischiai di arrivare in ritardo all’audizione che mia madre era riuscita dopo mesi a fissare. Non sapevo cosa aspettarmi, in realtà volevo fare il regista nella vita, il pianoforte era poco più che un passatempo. Invece l’atmosfera di quella casa, quel vecchio Bösendorfer su cui avrei di lì a poco suonato orridamente uno dei “23 pezzi facili” di Bach, il carisma di Irene, tutto questo cambiò radicalmente la visione di quella che sarebbe stata la mia strada.

Anno di grazia 2012. Mi trovo con altri due biondi tedeschi in un locale alla periferia di qualsiasi periferia, Pessano Con Bornago. Siamo lì perché un tizio dal nome altamente sospetto, Damon Araqualcosa, ha bisogno di una band dopo un mega bidone ricevuto da un’altra band in un locale in cui organizza una rassegna. Arriviamo, suoniamo, litighiamo col vicino di sopra che denuncia per far chiudere il locale per il rumore troppo alto, e si finisce a suonare in mezzo alle campagne inondati dalla puzza di letame di vacche e dai fari delle macchine dei tanti che ci avevano costretti a sentire la fine del concerto. Trovai un grande amico, Damon Arabsolgar, e da quella sera io Daniel e Elliot capimmo che forse i Kafka On The Shore un senso avrebbero potuto averlo…

26 giugno 2021. Cammino per le strade di Milano e dall’altra parte del telefono ci sono i miei genitori, che piangono increduli almeno quanto me alla notizia della mia vittoria del Premio di Composizione del Conservatorio di Milano. Quel giorno, ancora così incredibile, mi diede una nuova grande occasione che solo nei sogni più luminosi potevo immaginarmi.

Come ti sei innamorato della musica classica? Oltre a lei, quali sono musicalmente parlando, le tue passioni?

Mi sono letteralmente innamorato della musica classica suonando la Suite Inglese in sol minore di Bach. Musica da brividi, da suonare e da ascoltare all’infinito.

Ma ascolto davvero quasi tutto, fatta eccezione per il metal, la trap e tante schifezze neomelodiche che proprio non riesco a sopportare. St. Vincent, Einstürzende Neubauten, CAN, Autechre e i Beach Boys (loro sempre!) le cose che ho ascoltato di più negli ultimi anni.

Siciliano di origine, da quando hai iniziato a suonare e a studiare ti sei mosso e sei rimasto lontano da casa: in che modo possiamo ritrovare le tue radici nelle tue composizioni? Quali altri ispirazioni vi confluiscono?

Ho vissuto i primi anni a Palermo, da dove viene tutta la mia famiglia, ma sono nato a Savona perché mio padre già lavorava lì. Mi sento un siciliano di formazione ligure. Amo profondamente la Liguria e il mare davanti al quale sono cresciuto, quello di Albisola. Ma se potessi scegliere, lavoro permettendo, vivrei a Palermo senza neanche pensarci. La mia lingua è il siciliano, quella che ho conosciuto in casa e che ho sentito parlare e cantare dalle mie nonne sin da quando son nato. Tutto quello che scrivo credo che in qualche modo torni lì, faccia riferimento a quel mondo, alle mie nonne che cantano senza fine mentre stanno alla macchina da cucire nel piccolo paese in provincia di Palermo in cui tanto tempo ho passato.

Se mi chiedi altre ispirazioni, ecco, ehm… questa è una domanda a cui potrei rispondere se avessimo a disposizione una notte intera e una buona bottiglia di vino da condividere…! Per cui ti butto lì i primi nomi che mi passano per la testa: Philip Glass, Fausto Romitelli, Danny Elfman e Rosa Balistreri.

Parlando di stereotipi: a volte la musica classica, e più in generale le composizioni strumentali, sono considerate di difficile comprensione, dei sottofondi perché non si possono cantare. Qual è la bellezza e la forza di un brano strumentale? Come approcciarsi al suo ascolto?

Questo è lo stereotipo che ha vinto e stravinto nelle nostre case dagli anni ‘50 in poi, dall’avvento della TV e tutto il resto che ne è legato. Erik Satie aveva ragione quando affermava che la musica sarebbe diventata nel tempo un oggetto d’arredamento! Non per forza un male, sia chiaro!

Dalla musica usata per la danza della pioggia l’essere umano è arrivato alla musica da mettere in sottofondo mentre si sta facendo un bagno nella vasca idromassaggio, un percorso davvero interessante. Detto questo, ci sono tanti modi per ascoltare musica, anche a seconda del genere. Io per esempio cerco di non ascoltare mai musica classica mentre guido, sennò inizio ad analizzare tutto quello che succede e rischio un incidente! Invece il piacere di ascoltare musica non necessariamente “canticchiabile” sta spesso nella possibilità di immergersi in un viaggio più lungo e complesso, dove i dettagli da afferrare e assaporare sono decisamente di più rispetto ad una canzone di pochi minuti. Il consiglio che mi viene da dare è: siediti (o cammina, o corri, o stai a testa in giù! insomma fai come ti pare!) e concentrati cercando di visualizzare i colori, gli odori, le sensazioni tattili, i movimenti di masse che il compositore ha ordinato e mescolato per dar forma a una storia o a un’impressione soltanto inquadrata da mille angolazioni diverse, e prova a entrare nel paesaggio sonoro che è stato apparecchiato per l’ascoltatore, senza pregiudizi. La strofa e il ritornello sono fichi, ma alle volte possiamo anche nutrirci di altro.

Com’è andata a San Valentino alla Statale di Milano? Ci racconti questa esperienza?

Emozionante. Lavorare a stretto contatto con tre solisti così giovani eppure così bravi come Francesca Marini, Lorenzo Messina e Giacomo Lucato del Trio Ravel è stato qualcosa di estremamente importante per la mia crescita da compositore. Avere al proprio servizio un trio del genere e un’orchestra così entusiasta come l’Orchestra UNIMI diretta dal bravissimo Sebastiano Rolli è stato meraviglioso, soprattutto di fronte alla sfida di scrivere per la prima volta nella storia della musica una composizione per flauto viola e arpa solisti e orchestra!

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Ho immaginato di raccontare un ménage à trois, come in un vecchio film francese in bianco e nero, muovendo l’orchestra come un grande albero di Natale con le lucine che si accendono e spengono a ritmo di valzer e sopra questo magma la danza di tre amanti appassionati, il fuoco della viola, l’artigliare felino dell’arpa, il fiato che si posa sulla pelle durante l’atto del flauto.

È da ascoltare, speriamo che in futuro qualcuno abbia di nuovo l’audacia di eseguire “Le Désir du Désir Sans Fin”, questo il titolo del pezzo!

Si può dire che oggi la musica sia il tuo lavoro a tempo pieno? Quali sono i consigli per chi vorrebbe costruire un percorso come il tuo?

Ho il privilegio immenso di poter vivere di musica e di poter dire di non aver ancora dovuto ricorrere alla laurea in economia presa un bel po’ di anni fa!

Consigli… Seguire sempre il proprio istinto: non sono necessariamente il maestro rinomato o l’accademia supercool che vi insegneranno davvero a scrivere; non devono essere il genere e lo stile che vanno di moda a dettare ciò che scriverete; cercare sempre di rispondere alla domanda “è davvero una mia necessità ciò che sto facendo?”.

Quali sono i progetti che ti coinvolgeranno nei prossimi mesi? E un sogno che ti piacerebbe realizzare un giorno (c’è)?

Una registrazione che verrà fatta a breve, da parte di un musicista incredibile, di una mia composizione all’interno di un album che contiene titoli di alcuni dei “mostri sacri” della composizione contemporanea. Ma non faccio spoiler, chi vuole mi segua e avrà aggiornamenti in merito!

Alcuni lavori nel mondo del pop, di orchestrazione e arrangiamento, di cui sono super super felice, perché è un mondo che mi permette di vedere le cose da un punto di vista molto più pragmatico e da cui imparo sempre tanto. L’amico Enrico Gabrielli docet!

E poi uno dei progetti più ambiziosi, per voce e ensemble, che dopo anni di lavoro riuscirò a portare in un importante festival di contemporanea: a breve l’annuncio ufficiale.

Il grande sogno c’è. E spero prima o poi di riuscire a realizzarlo: quello di scrivere la colonna sonora per un film!

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