L’anno scorso, in un’intervista ad un noto periodico italiano, Anastacia ha dichiarato di trovarsi favolosa. Favolosa fisicamente e favolosa musicalmente.
Quando sento una dichiarazione del genere uscire dalla bocca di una donna, io impazzisco.
Che si dica pure che avere un’alta considerazione di sé equivalga a peccare di superbia.
Io la trovo una meravigliosa dichiarazione d’amore, oltre che di accettazione, verso se stesse.
Amo le donne che si amano, che non hanno paura di dirlo e che soprattutto hanno imparato a farlo nel corso del tempo.
Amo le donne che si pongono al mondo come delle tigri, anche abusando di grinta e spaventando chi incrocia il loro cammino.
Amo le donne che tengono l’obiettivo davanti agli occhi anche in mezzo alle tempeste di sabbia.
E non mollano.
Mai.
Come ha fatto e continua a fare lei: Anastacia Lyn Newkirk, assai più conosciuta come Anastacia.
Quarantasei anni, un metro e cinquantasette, oltre trenta milioni di dischi venduti in quindici anni di carriera.
Padre polacco, madre irlandese, una vita ricca di sfighe fin da piccola.
O di opportunità, sarebbe meglio dire.
Già, perché a partire dall’infanzia, tormentata dal travagliato rapporto tra i genitori, con tanto dell’abbandono del tetto coniugale da parte del padre, la strada di Anastacia prosegue prepotentemente in salita. Non solo per il rimboccarsi le maniche per lavorare un po’ ovunque e facendo qualsiasi cosa per portare soldi in casa, ma è anche la salute che, da quando è appena una teenager, inizia a non darle tregua: è affetta dalla malattia Chron, una sindrome autoimmune che la costringe a continue cure e ricoveri in ospedale.
Ma è proprio durante il periodo in cui scopre la malattia, che inizia anche ad avvicinarsi sempre più alla musica, che diventa strumento di conforto, una cura.
Cresce ascoltando Barbra Streisand ed Elton John. Inizia a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo agli inizi degli anni Ottanta.
E anche se è difficile interfacciarsi con l’universo discografico e farsi accettare con quella voce da nera imprigionata in un corpo mingherlino da bianca, la sua voce è troppo travolgente, il talento così evidente, che il momento della svolta non poteva non arrivare.
E infatti eccolo nel 1998, quando partecipa a The Cut, programma di MTV condotto dalla scomparsa anima delle TLC, Lisa “Left Eyes” Lopes.
Da quell’apparizione, solo riconoscimenti. Un vero e proprio successo mondiale. Ma è quando ha pubblicato appena il suo secondo album che scopre di aver un tumore al seno.
Eppure non si ferma.
E mentre combatte e sconfigge la malattia, continua a scrivere quello che sarà il suo terzo disco.
Torna a girare il mondo con la sua musica, il suo successo è strepitoso.
L’Aretha Franklin bianca.
Poi nel 2013 il cancro la colpisce ancora.
E lei nuovamente, lo vince.
Risorgendo.
Tanto che il suo ultimo disco di inediti, pubblicato nel marzo 2014 si intitola Resurrection, “resurrezione”.
Può non andarti a genio il suo genere musicale.
Puoi non apprezzare la sua voce e magari trovarla anche fastidiosa.
Puoi non trovarla affascinante.
Ma non puoi non desiderare che lo star system musicale – e non – femminile si riempia di Donne, di Leonesse, come lei.
Dalla forza dirompente che sprigiona durante le sue esibizioni, che trapela nelle interviste.
Dal successo meritocraticamente ottenuto, sudato, non certamente cercato o raggiunto grazie a natiche scoperte o fidanzati spalmati sui tabloid.
Dal pudore con il quale ha affrontato la malattia, senza renderla uno strumento pubblicitario.
Dalla grinta e dalla forza che ha dimostrato reagendo alla tragedia che stava vivendo, continuando a lavorare, a scrivere canzoni, quei testi che sbattono in faccia rabbia, sofferenza, profondo amore, un estremo attaccamento alla vita.
Dalla versatilità e dalla voglia di mettersi in gioco sia in altri settori artistici, come la moda, che scegliendo di incidere, qualche anno fa, un disco di cover di brani tutti cantati da uomini.
Dallo spiccato impegno sociale, dimostrato non solo attraverso la sua fondazione, ma anche dall’attenzione costante posta verso la ricerca, l’uguaglianza, i diritti umani, compresi quelli legati al mondo LGBT, a favore del quale si è sempre schierata partecipando anche al Manchester Pride.
Dall’amore per se stessa e per quelle cicatrici che porta sulla pancia, causate dagli interventi che ha subito.
È sicuramente un’icona dell’industria pop mondiale, ma prima di tutto una Donna, una sorgente dalla quale attingere energia mentre calchiamo il nostro palco quotidiano.
Concentrate a far emergere e rendere giustizia alle nostre capacità senza prendere scorciatoie. Convinte e determinate nel reagire alle negatività che la quotidianità ci serve, più o meno, ogni mattina.
Interessate ad aprire cuore e testa a ciò che ci sta intorno per metterci in gioco e per dare il nostro piccolo contributo.
Innamorate di noi stesse, sempre, anche davanti allo specchio.
Dal nostro Paese, Anastacia è passata diverse volte in TV e sui palchi, e ha duettato coi nostri Pavarotti e Ramazzotti.
Ad Aprile è tornata. Padova, Milano e Bolzano sono state le date italiane del tour organizzato per l’uscita del suo secondo Greatest Hits, The Ultimate Collection, uscito lo scorso novembre.
A fine settembre ha esordito sul palco dell’edizione inglese di Ballando con le Stelle.
Welcome back, Freak of Nature.
Non fermarti mai.