Una band che oggi si ritrova a fare il sold out al Filaforum – oggi Mediolanum Forum, ma io lo chiamo ancora così nonostante il Paleolitico sia trascorso da uno zic – da qualche parte ha iniziato: non viene di certo sbalzata ad Assago direttamente da una catapulta installata nella propria cameretta.
Da qualche parte, prima, ha fatto tappa.
Gavetta, la classica gavetta, la tradizionalissima gavetta che per la maggiore si fa in quelle officine culturali piccole e medio-piccole che, oltre a organizzare concerti, propongono all’interno della loro programmazione diverse attività che spaziano dai laboratori alle presentazioni di libri, passando per reading e dibattiti.
Sono realtà che offrono contenuti, propongono un’offerta culturale che consente di approfondire, conoscere, confrontarsi, scoprire.
Ce ne sono tanti di spazi di questo tipo: si occupano di musica, arte, politica, editoria, tematiche sociali, spesso ci viviamo accanto e non li conosciamo, non li abbiamo mai frequentati e non ci immaginiamo neanche possano esistere dietro casa nostra.
Non sempre se la passano benissimo, le difficoltà da affrontare quando si mette in piedi un’attività che riguarda il settore cultura in Italia non sono per niente poche e non hanno a che fare soltanto con il non avere abbastanza soldi per pagare i cachet degli artisti e quindi non potersi permettere di far suonare band famose e attirare pubblico e neanche col fatto che la concorrenza è sempre tanta: si tratta di dinamiche più complesse e lo testimoniano la chiusura o il semplice appassimento di gloriose realtà che fanno cultura in senso lato.
Eppure, nonostante le criticità con le quali dover fare i conti portino a pensare che avviare un’attività culturale sia una scelta kamikaze, tante realtà resistono e periodicamente ne nascono di nuove, a ribadire l’estrema importanza e necessità che esistano luoghi che ci permettono di crescere, pensare in modo critico, stimolare la nostra curiosità e che abbiano anche un impatto sociale.
Con Rodrigo D’Erasmo, musicista, arrangiatore, compositore e polistrumentista, abbiamo parlato proprio di questo, di cosa significhi offrire cultura a trecentosessanta gradi.
Rodrigo, insieme a Francesca Risi, Gianluca Segale e Manuel Agnelli, il 6 marzo ha infatti inaugurato Germi, un circolo Acsi che a Milano ha ridato vita agli spazi del fu Arci Cicco Simonetta, e che vuole essere un laboratorio e un nuovo incubatore culturale votato alla creatività, alla contaminazione e alla collaborazione.
Valeria: Rodrigo, perché Germi? E cosa si trova quando si entra in questo nuovo spazio?
Rodrigo: Germi è un sogno condiviso. Tutto è partito da un’idea di Gianluca Segale, che è uno dei quattro soci di questo piccolo luogo, e dal suo desiderio in qualche maniera di coronare il sogno che ha sempre avuto, ossia di lavorare con e in mezzo ai libri. Quando ha saputo che il Cicco Simonetta avrebbe lasciato le consegne a qualcuno che avrebbe potuto prendersi lo spazio, si è fatto ingolosire e non mi ha neanche dovuto fare una proposta: mi ha raccontato il suo sogno e mi sono fatto subito tentare. Anche a me infatti interessava tantissimo aprire una realtà del genere: mi piaceva l’idea che fosse una libreria, un posto che generasse cultura e non un semplice bar.
La cosa si è poi estesa a Francesca Risi che è una grandissima lettrice, appassionata, molto competente di letteratura. Da lei siamo arrivati a Manuel (Agnelli, ndr) che ha deciso di sposare il progetto, credo per le stesse motivazioni: per il grandissimo desiderio di avere un posto, una sorta di incubatore da cui far partire germi positivi, culturali ma anche sociali.
Credevamo e crediamo che spazi del genere servano un po’ ovunque. Forse Milano in questo senso è particolarmente fortunata perché rispetto ad altre città d’Italia è già molto ricca di luoghi, ma abbiamo la piccola presunzione di pensare che un posto così ancora non ci fosse.
Quando si entra a Germi si trovano innanzitutto Gianluca e Francesca, le due persone che si stanno trasformando in due librai d’eccellenza e sono lì ad accogliere tutti coloro i quali vengono a farci visita. Ogni tanto ci si trova anche me e Manuel, compatibilmente con gli impegni musicali.
E poi ci sono i libri! Quella di Germi è una libreria tematica che parte da una selezione molto accurata e chiaramente anche musicale: l’intento però è quello di essere non una libreria solo musicale, ma una libreria delle arti, e tra le arti c’è anche la letteratura. Ecco perché abbiamo istituito una sezione di narrativa essenziale, dai titoli imprescindibili, curata da Francesca e che piano piano integreremo. Stiamo notando che le persone rispondono molto bene ai titoli presenti e vorremmo aumentare, spazio permettendo, la quantità di volumi presenti all’interno del nostro piccolo contenitore.
A Germi c’è anche un bar con un barista pazzesco che abbiamo avuto la fortuna di trovare: si chiama Marco ed è un talento notevole!
Chiaramente, entrando nel nostro incubatore si trova anche un palco, che già c’era e che non vogliamo però sia totalmente il cuore del posto. Essendo comunque noi operatori e agitatori culturali, non potevamo non sfruttarlo. Il desiderio è quello di utilizzarlo nella maniera più libera e trasversale possibile, non esclusivamente musicale, e osare nell’ambito musica, non porci steccati di genere di nessun tipo, considerando perciò la musica sacra, quanto quella barocca, quella classica, l’elettronica, il cantautorato, il rock, le avanguardie. Ce ne sarà per ogni gusto e ci saranno anche dei workshop, come quello di scrittura con Mimì Clementi dei Massimo Volume e l’incontro con Gipi sul fumetto.
Vorremmo che chi sente di avere un’affinità con questo incubatore di idee venisse a raccontarci la sua esperienza, anche se molto distante dalla musica: credo che quello che stiamo vivendo sia un momento in cui le menti debbano rimettersi in moto e contaminarsi a vicenda per generare qualcosa di interessante.
V: Chi si occupa della selezione dei libri?
R: Ci dividiamo i compiti: essendo in quattro cerchiamo di darci una mano a vicenda, di sfruttare i talenti di ognuno di noi.
Nella selezione della libreria musicale Gianluca è stato fondamentale perché è partito tutto da lui, un vorace lettore che ha fatto una selezione di base ottima sulla quale ci siamo inseriti io e Manuel portando ognuno il proprio: io mi sono concentrato un po’ più sul fronte della musica classica e contemporanea, Manuel invece si è spostato più sul post punk, sul punk e sul rock. Francesca si è presa invece tutta la parte di narrativa, il suo territorio.
Chiaramente la libreria è ancora in progress, la stiamo piano piano completando; abbiamo già una sezione di cinema, una di fumetto e a breve avremo una sezione di teatro! Vorremmo essere stimolati anche dai lettori, da chi viene da noi a trovarci. Ci piacerebbe essere consigliati non solo dagli artisti ma anche da chi frequenta Germi.
È già capitato in questi giorni che gli avventori trovassero qualcosa di loro interesse e chiedessero di ordinare dell’altro: questa idea di libreria aperta mi piace molto!
V: Accennavi al fatto che avete ridato vita al Cicco Simonetta, così un luogo dove per anni si è fatta cultura non è andato perduto!
R: Io e Gianluca eravamo due frequentatori del Cicco relativamente fino a poco tempo fa e credo lo sia stata anche Francesca molti anni addietro; Gianluca lo era anche durante l’ultima gestione. Negli anni l’abbiamo visto perdere colpi sempre più. Eppure tutti noi credevamo avesse un potenziale enorme, che fosse un posto con una sua magia particolare, molto strana, poco italiana: l’ho sempre visto come una sorta di “caffè concerto” francese per la sua impostazione, per la sua atmosfera e il suo mood. Non è stato troppo difficile partire da quello che c’era per immaginarsi e trasformarlo in qualcosa di diverso.
V: Chi coordina invece la programmazione? Cosa sicuramente non vedremo in cartellone?
R: La programmazione è a mio appannaggio con la collaborazione di Manuel: ne parliamo insieme, ne discutiamo. Abbiamo delle linee guida e di mese in mese assestiamo il colpo.
Tra l’altro, sono iniziate ad arrivare tante proposte sulla mail di Germi: le vaglieremo tutte, sono sempre curioso di ascoltare cose nuove.
Non vedrete mai da Germi qualcosa di mediocre: non ci sono steccati di genere, di tema e di disciplina, ma non passerà ciò che non è eccellente o non tende all’eccellenza. Certo, il nostro è un punto di vista parziale, ma vorremmo che chi viene da noi possa fruire di qualcosa di bellissimo, se non di straordinario. È un’ambizione un po’ alta, ma me l’accollo (ride, ndr)!
Sono contentissimo di quello che è andato in scena finora, oltre che di poter avere un posto dove fare liberamente programmazione: spesso infatti agli artisti chiedo di usare il palco come fosse un loro laboratorio, non di esibirsi in un concerto normale. Germi è talmente piccolo che è l’ideale per provare opere prime, spettacoli diversi, sperimentare ed è bello sapere che si esibirà una persona che porta da noi un certo tipo di qualità ma non sappiamo cosa farà! È sorprendente prima di tutto per me.
Da dopo l’estate mi piacerebbe istituire almeno un giorno al mese in cui presentare proposte nuove, inedite: nei prossimi mesi lavorerò in questo senso.
A Germi poi tutto avviene presto. Molti degli appuntamenti li facciamo iniziare alle 19, in modo che poi ci sia tempo per continuare la serata qui per chi vuole o per andare a mangiare, a bere, a fare quello che si desidera. I concerti per ora li stiamo iniziando alle 21 e il pubblico sta rispondendo bene. Siamo abbastanza ferrei sul tema e l’unico ritardo che ci siamo concessi è stato sabato che abbiamo iniziato alle 21.30: c’era molta gente. Si chiude presto, nessuno di noi ha più vent’anni e non ci piace l’idea di essere uno spazio notturno: Germi è uno spazio diurno con una coda serale.
V: Ogni volta che apre uno spazio nuovo che offre e genera cultura è bellissimo.
Al lancio di Germi mi ha però un po’ costernata e lasciata basita l’hype che si è creato. La vostra è una novità stupenda, ma i circoli Acsi, Arci e via dicendo sono sempre esistiti e l’impressione è stata che il pubblico scoprisse un po’ l’acqua calda. Le cose che voi fate e proponete sono meravigliose, e, seppur in un modo differente e per una fisiologica risonanza mediatica diversa, le fanno tantissime altre realtà, che spesso però non sono considerate allo stesso modo.
Perché siamo ancora fermi a questo punto, perché non siamo in grado di lodare l’avviamento di una nuova realtà come la vostra e al contempo dare linfa ed energia a posti più periferici, che esistono da anni? Come si pone Germi in rapporto a queste realtà?
R: Se uno spazio ha a disposizione un megafono di una certa portata è ovvio che avrà risonanza ed effetto maggiore di qualunque altro spazio simile.
In questo senso Germi deve essere uno stimolo per gli altri spazi a vedere che ce n’è uno che – per carità – ha due personaggi che rendono più facile la visibilità, ma fa comunque cose particolari, non esattamente commerciali o commerciabili. Deve essere la dimostrazione che le stesse possibilità di Germi le ha uno spazio più piccolo.
È sempre così, quando parte qualcosa in maniera fulminante trascina tanta gente ed è un bene che crei una scia dietro la quale si accodino spazi simili o quantomeno con intenzioni simili.
Mi auguro che la nostra scia possa essere sfruttata.
Se c’è stata una chiamata alle armi per Germi è il motivo per cui abbiamo fatto tante scelte di un certo tipo: conquistare una determinata visibilità per fare cose belle.
L’hype è dovuto un po’ anche al fatto che siamo a Milano e qui funziona così: si genera un’onda che dura per un periodo e poi si deve assestare. C’è stato un ottimo lavoro di comunicazione ma vogliamo che gli spazi comincino a vivere di vita propria e la gente inizi a scoprirli venendoci. È importante parlarne, ma poi bisogna venire, non scriverne.
Aspettiamo tutti, anche chi ha spazi simili, per creare sinergia, per conoscersi, consigliarsi, stimolarci a vicenda, crescere insieme, perché questa è tutta roba utile alla comunità e alla città.
Ti faccio un esempio: Germi è in un quartiere bellissimo tra il Naviglio e la Tortona modaiola e in questi mesi di lavori si è creata complicità con tutta la zona: i ragazzi del bar all’angolo per esempio sono stati i primi a venirci ad aiutare all’apertura. Si è rafforzata una comunità, ci siamo compattati alla realtà del quartiere. Ed è un po’ quello che deve accadere su larga scala.
V: Da quando hai, avete, iniziato a far musica, com’è cambiata l’offerta culturale?
R: Mi riferisco all’ultima decade perché l’ho vissuta più da protagonista, a differenza di quella precedente che l’ho vissuta più da fruitore.
Credo ci siano lati positivi e negativi: quando sono entrato in modo più prepotente da un punto di vista professionale in questo mondo, si viveva la coda di un momento d’oro ma si percepiva un calo, soprattutto della qualità dei contenuti, non tanto di quantità; poi è seguito un calo della quantità, che è coinciso con il crollo dei supporti. Da lì, si è toccato il fondo e si è ripartiti da qualcosa che ha molto a che fare con Germi, ossia dai luoghi in cui ci si incontra. Siamo tornati ad andare a vedere i concerti.
Quello che è cambiato negli ultimi tre, quattro, cinque anni, è che i concerti sono diventati prepotentemente il centro della carriera di un artista e al contempo della fruizione dell’arte e dello spettacolo in vario senso inteso. Anche il teatro e le mostre stanno vivendo un ottimo momento. L’unico che non sta funzionando benissimo è il cinema inteso come evento: probabilmente la disparità tra proposta del cinema e fruizione domestica ha influito negativamente sul settore.
Non è un brutto periodo quello che stiamo vivendo e la cosa sulla quale spingere – e questo riguarda anche Germi – sono i luoghi di incontro piccoli. I grandi eventi funzionano già bene, fallimentari possono essere le piccole situazioni perché è nelle piccole situazioni che ti metti a disposizione di incontrare qualcuno e di conoscerlo, di parlarci, di far succedere, nascere qualcosa. Ai grandi eventi vai in compagnia, pronto a documentare col telefono e scappare a casa. Germi invece è qualcosa di più bio, demodé se vogliamo, e infatti, chiaramente, in questa prima fase il pubblico è sopra ai 25 – 28 anni: mi piacerebbe abbassare l’età media del nostro pubblico e condividere questa esperienza anche con ragazzi più giovani.
Forse in questo periodo, per quanto riguarda la fruizione di arte e spettacolo, a parte nel mondo hip hop e trap, mancano all’appello i ragazzi giovani, che probabilmente sono interessati ad altro o forse noi non riusciamo a sufficienza a parlare una lingua che sia di loro interesse. Il nostro tentativo di avvicinare i giovani è un po’ fuori dagli schemi: vogliamo infatti creare un collegamento con la Scuola Civica di Milano. Ho incontrato il Direttore della scuola e ho scoperto una persona fantastica con la quale si è creato un bel ponte che spero si traduca in una collaborazione lunga e duratura; ho trovato un bell’ambiente, una scuola di eccellenza da tutti i punti di vista, ottima struttura, docenti di qualità, atmosfere meravigliose, tutti i ragazzi mega sorridenti, felici di essere lì. Si tratta di una scuola molto selettiva che riceve, a fronte di pochi posti disponibili, molte richieste ogni anno e noi porteremo questi ragazzi a suonare a Germi, già da questo mese, sperando che diventi anche il loro luogo, la loro casa, e che possano portarci i loro amici, i loro coetanei.
Vorrei portare da noi anche un progetto molto interessante di cui si sta occupando un mio amico musicista in Francia che sta lavorando con i ragazzi delle banlieue attraverso la trap, l’hip hop e le loro tematiche, fondendole con la sua esperienza musicale.
Quello che vorrei che a Germi si realizzasse è contaminazione, nel senso più ampio possibile.
V: Ci suggerisci uno scrittore e un artista da seguire che possano essere l’emblema dello spirito di Germi?
R: Non mi invento nulla, ma era una mente talmente libera, creativa, complicata da inseguire ed estremamente affascinante, che non posso non dire David Foster Wallace.
Come artista, per non citare un nome fuori portata, né del passato, né un morto, ti nomino un’eccellenza italiana: Edoardo Tresoldi. L’ho conosciuto qualche giorno fa, è venuto a bersi una birra con un amico e spero di rivederlo presto da noi. È un artista pazzesco che fa delle installazioni che consiglio a tutti di andare a vedere, come quelle al Coachella dello scorso anno. In questi giorni è in Cina, in rappresentanza del design italiano. Di lui si sentirà tanto parlare.
Nel settore musicale ti dico invece Kate Tempest: sogno di portarla a Germi. È una scrittrice, poetessa e rapper inglese con una forza pazzesca nella scrittura e, a proposito delle tematiche trattate, Kate è sicuramente una donna del nostro tempo, nell’accezione più larga e nobile dell’espressione, con le spalle larghe, la testa grande e un’umanità enorme.
V: Qual è l’appuntamento in cartellone che aspetti particolarmente e al quale è imprescindibile non mancare?
R: Se la giocano Gipi, che sono curioso di vedere cosa ci racconterà, e Steve Wynn: ormai dopo anni di collaborazione è un fratello e dato che abita a New York, ogni volta che ho l’occasione di vederlo o suonarci insieme sono felice.