Che cosa succede quando uno Stato limita il diritto all’aborto?
Negli Stati Uniti d’America, sebbene la prima pratica d’ interruzione volontaria di gravidanza (IVG) sia stata concessa dalla Corte Suprema agli albori degli anni Settanta (a una donna che è poi diventata una nota attivista del movimento antiabortista), il dibattito fra i Pro-Choice e i Pro-Life non si è mai assopito, raggiungendo spesso toni molto forti e molto aspri. A più di quarant’anni di distanza dalla sentenza che per prima ha aperto le porte alla legalizzazione sulle pratiche d’IVG, la Corte Suprema americana sta nuovamente dibattendo sull’aborto, e più nello specifico sul cosiddetto caso Whole Woman’s Health vs Hellerstedt (la cui sentenza definitiva è attesa per questo giugno).
Questo nuovo caso si focalizza su due punti di una legge texana che impone forti limitazioni all’interruzione di gravidanza, e che in molti pensano (e temono) celino in realtà il desiderio di farne cessare definitivamente le pratiche (qualora la legge dovesse passare, si stima che in Texas chiuderebbero il 75% di cliniche abortiste).
Grab via Slate
Nell’eterno dibattito fra chi vorrebbe impedire definitivamente le pratiche d’IVG e chi invece difende i diritti pro-scelta, un giornalista del New York Times ha cercato di capire che correlazione possibile ci sia (e ci potrà quindi essere, qualora la legge passasse), fra gli Stati che pongono ferree restrizioni circa la pratica d’IVG e la ricerca di aborti fai da te su internet, ritrovando nei dati delle statistiche dei numeri particolarmente allarmanti.
Non disponiamo di un numero sufficientemente alto di sondaggi per cercare di capire come la percezione dell’aborto sia cambiata di Stato in Stato e, anche qualora ne avessimo, dovremmo tenere conto del fatto che non tutti si sentano a proprio agio nel dire la verità circa la questione.
Le ricerche su Google, tuttavia, potrebbero aiutarci a capire cosa realmente stia succedendo, poiché mostrano una crescente richiesta di aborti autoindotti che rievoca un po’ l’era pre ‘Roe vs Wade’ ( Jane Roe, pseudonimo di Norma McCorvey, è la donna che nel 1970 fece ricorso contro una delle cliniche del Texas che, secondo lei, violava il suo diritto a ricorrere a un’IVG).
Questa richiesta si concentra nelle zone in cui poter accedere all’operazione è più difficile, e monitora inoltre i recenti livelli d’inasprimento circa le pratiche d’IVG di Stato in Stato.
Nel 2015, solo negli Stati Uniti, sono state effettuate in totale più di 700.000 ricerche su Google riguardanti le pratiche d’interruzione di gravidanza fai da te, 119.000 delle quali riportavano questa esatta frase: ‘come avere un aborto spontaneo’ (le altre variavano di poco e talvolta riguardavano metodi specifici di aborto fai da te). Sempre di queste 700.000 ricerche, 160.000 riguardavano la richiesta di pillole abortive da ottenere, gratuitamente e non, attraverso la via dell’illegalità, mentre altre decine di migliaia riguardavano metodi d’ interruzione di gravidanza da intraprendere attraverso erbe come il prezzemolo, o vitamine come quella C. E ancora: l’aborto fai da te con l’appendiabiti è stato cercato per quattromila volte, mentre un centinaio di persone ha indagato su come procurarsi un aborto spontaneo con pugni ben assestati sullo stomaco. Giusto per fare un paragone: le ricerche di cliniche ammontano nello stesso anno a 3,4 milioni e, secondo il Guttmacher Institute, vengono effettuate circa un milione di interruzioni di gravidanza legali all’anno.
Lo Stato con la statistica più alta di simili ricerche su Google è il Mississippi, che al momento dispone di una sola clinica abortista. Sempre secondo il Guttmacher Institute, otto dei dieci Stati con il più alto tasso di ricerche riguardati aborti fai da te sono da considerasi piuttosto ostili per quanto concerne la pratica d’interruzione volontaria di gravidanza.
Se dal 2004 al 2007 le percentuali delle ricerche sugli aborti fai da te non hanno subìto grandi oscillazioni, è a partire dal 2008 che hanno iniziato a crescere, in coincidenza con la crisi finanziaria e la recessione che ne è conseguita. Nel 2011 c’è poi stato un grande balzo, con un picco d’incremento di queste ricerche del 40%. Il Guttmacher Institute ha individuato proprio il 2011 come anno in cui l’aggravio delle ostilità verso le pratiche d’interruzione di gravidanza ha iniziato a colpire gli U.S.A, che sempre nel 2011 ha promulgato ben 92 misure restrittive nei confronti delle pratiche di IVG. Un simile incremento di ricerche riguardanti l’aborto fai da te, ad esempio, non si è verificato nello stesso anno in Canada, il cui Governo non ha inasprito le leggi riguardanti l’aborto.
Infografiche, fonti: Guttmacher Institute (state laws); analysis of Google data by Seth Stephens-Davidowitz (searches)
By Bill Marsh/The New York Time
Ovviamente non possiamo stabilire da delle ricerche su Google quante persone abbiano poi effettivamente applicato i risultati di quanto cercato, sebbene dati così cospicui suggeriscano che ad avervi fatto ricorso possa essere un numero ingente di persone. Un modo per provare quest’affermazione è quello di comparare i dati riguardanti il numero di aborti e quello di nascite.
Il 2011, ultimo anno sino ad ora con un quadro nazionale completo di dati sull’ IVG, ha rivelato che gli Stati con un minor numero di cliniche abortiste presentano anche un numero minore di aborti legalmente praticati. Secondo le statistiche, in questi Stati si stima un 54% in meno di aborti legali, con una differenza di 11 IVG per ogni mille donne d’età compresa fra i 15 e i 44 anni. Sempre in questi Stati, il numero di bambini nati è maggiore. Tuttavia, la differenza non è sufficiente a compensare il minor numero di aborti. Si stimano infatti 6 nascite in più per ogni mille donne in età fertile.
In altre parole, sembra proprio ci siano state delle gravidanze ‘smarrite’ nelle parti del paese dove è più difficile richiedere una IVG. Qui gli aborti fai da te potrebbero giocare un ruolo importante nelle statistiche, sebbene si debba anche tenere conto dei tassi di aborti spontanei nelle diverse regioni.
Anche un recente studio in Texas ha riportato un numero sorprendentemente alto di tentativi di aborti fai da te. Secondo questo studio, infatti, il 4.1% di donne texane era sicuro o sospettava che la propria migliore amica avesse provato a ricorrere a un aborto autoindotto (è stato chiesto specificatamente di esprimersi in merito alla propria migliore amica perché molte donne potrebbero non sentirsi a proprio agio ad ammettere un eventuale tentativo di aborto autoindotto).
Secondo un altro studio pubblicato sul Sociological Science Journal, invece, il 34% degli americani che hanno avuto a che fare con l’IVG (madre o padre), non lo hanno rivelato a nessuno. Fra i pochi che l’hanno detto ad altri, la media di persone che ne sono venute a conoscenza è di soli 1.2 individui.
Tutto questo lavoro, comunque, è da considerarsi come preliminare. Passeranno e ci vorranno anni prima che queste ricerche possano svelare un quadro completo che ci consentirà di interpretare correttamente questi nuovi dati. Nessuno, né gli otto Giudici della Corte Suprema né noi, dovrebbe però prendere alla leggere l’incremento di simili ricerche su Google in alcune parti degli Stati Uniti d’America.