Articolo di Benedetta Geddo
Oggi è la Giornata mondiale dell’orgoglio bisessuale. Un momento perfetto, dunque, per celebrare quella che è una parte integrante della comunità LGBTQ+ (perché quella B è lì per un motivo e non per fare da filler) che spesso rimane invisibile e sulla quale, va detto, girano ancora un bel po’ di idee sbagliate.
Quando, quasi dieci anni fa, mi sono scoperta bisessuale avevo a malapena chiara la nozione di cosa fosse la bisessualità. Non avevo mai visto o letto di nessuno che fosse come me nei media che consumavo— una cosa che per fortuna è cambiata man mano che l’industria dell’intrattenimento ha cominciato a presentare al pubblico personaggi bisessuali (più o meno ben scritti). Io stessa, mi sono resa conto poi crescendo, imparando e maturando, avevo interiorizzato delle idee che sarebbe stato meglio lasciar perdere. Sono stata fortunata ad accettare subito “dall’interno” la mia bisessualità, a rendermi conto che “oh, non sono attratta solo da ragazzi” e prenderla come un dato di fatto invece che rifiutare il tutto in blocco e chiudermi in una dolorosa negazione. Mi sono invece però spesso sentita “fuori posto” quando ho cominciato ad affacciarmi al mondo dell’attivismo e alla vita interna della comunità LGBTQ+. Mi chiedevo: “Sono abbastanza queer da entrare in questo ambiente e parlare di queste cose?”
Ecco, questo dubbio che avevo interiorizzato viene da uno dei tanti pregiudizi che ancora circolano sulla bisessualità e sulle persone bisessuali. Pregiudizi che vengono da fuori e da dentro la comunità LGBTQ+ stessa, ma che in generale andrebbero (come tutti i pregiudizi, del resto) sfatati ed eliminati. E quindi, in occasione di questo 23 settembre in cui ci ricordiamo che “The moon has phases, bisexuality does not”, vorrei proporre e smontare 5 pregiudizi insistenti che penso ogni bisessuale sia stat* costrett* ad ascoltare prima o poi durante la sua vita.
1. La bisessualità è una fase
Un grande classico dalle molteplici declinazioni. Le persone bisessuali sono soltanto gay e lesbiche indecis* o codard*, che o non hanno ancora capito di essere “pienamente queer” o hanno paura di fare coming out. Un’idea molto ben radicata sia dentro che fuori la comunità LGBTQ+, per cui la bisessualità è un “primo gradino” verso la realizzazione che invece si è “completamente” gay o lesbica.
Sebbene ciò sia comunque plausibile, ovvero che una persona ancora non del tutto consapevole del proprio orientamento sessuale ma solo di non essere etero, “inizi” col definirsi bisessuale per poi magari rivedere quest’etichetta più avanti, anche il contrario è possibile: una persona può identificarsi come gay o lesbica per poi rendersi conto di essere invece bisessuale. L’attrazione sessuale, come quella romantica ed emotiva, è fluida e le etichette in cui una persona si identifica possono cambiare nel tempo.
In ogni caso, la bisessualità non è un limbo né un punto di partenza: è un orientamento sessuale a tutti gli effetti e dunque legittimo. Piuttosto, può essere il punto di arrivo di un percorso di autoesplorazione e realizzazione.
2. Le persone bisessuali non sono abbastanza queer
Questo è quello di cui parlavo poco sopra. Da adolescente mi sono spesso sentita come se non arrivassi a raggiungere una certa quantità di queerness e che quindi non fossi davvero “ammessa” all’interno della comunità LGBTQ+: che sì, mi piacevano le ragazze ma comunque mi piacevano anche i ragazzi e quindi ero un po’ un’impostora. Unita a questo pregiudizio c’è anche l’idea che le persone bisessuali godano di “privilegio etero”, che possano “passare” per persone eterosessuali, che siano “mezze etero” loro stesse. C’è però una cosa poco simpatica chiamata bifobia che arriva sia dall’interno sia dall’esterno della comunità LGBTQ+, un circolo vizioso all’interno del quale le persone bisessuali lottano continuamente per avere visibilità, voce e spazio. Il punto di tutta la questione è che una persona bisessuale non è etero, non lo è per definizione. Non si può essere bisessuali e eterosessuali. L’eterosessualità e la bisessualità sono due orientamenti non compatibili tra di loro.
3. Le persone bisessuali diventano gay o ritornano etero a seconda del* loro partner
Questa supposizione va a braccetto col punto 2: si pensa che, per esempio, se una donna bisessuale è attualmente in una relazione con una donna, allora è lesbica. Ma se è in una relazione con un uomo allora “è tornata” etero. E se per caso con quest’uomo dovesse sposarsi o impegnarsi a lungo termine allora “è confermata” etero, sempre per quel pregiudizio per cui la bisessualità sia un momento di stallo e di indecisione che però prima o poi deve essere risolto. Lo stesso vale anche nel caso in cui la relazione lunga sia con una donna: in quel caso allora semplicemente “è sempre stata lesbica”. Si ritorna all’idea di legittimità dell’orientamento bisessuale: se una persona è bisessuale, allora è bisessuale in tutte le sue relazioni e durante tutta la sua vita sentimentale.
4. Non ci si può fidare di un* partner bisessuale
Un altro grande classico. Le persone bisessuali sono promiscue per natura, si dice, perché sono attratte da persone di generi diversi e quindi, come sostiene qualcuno in maniera poco elegante, “vorrebbero farsi tutto quello che si muove e passa loro vicino”. Gira parecchio l’idea che le persone bisessuali siano sempre entusiaste di fare threesome a destra e a manca, che debbano per forza stare in relazioni aperte e che siano partner di cui non ci si può fidare perché sempre pronti a tradire con una persona di genere diverso.
Non c’è nessun dato che dimostri che le persone bisessuali siano più propense di persone gay, lesbiche o eterosessuali ad avere molteplici relazioni contemporaneamente. Niente che dica che le persone bisessuali siano – addirittura – manipolatrici. La bisessualità non ha niente a che fare col modo in cui una persona sceglie di approcciarsi alla vita sentimentale e amorosa o quali tipi di relazione preferisce. Ci sono bisessuali che scelgono relazioni monogame e altr* che preferiscono relazioni poliamorose, bisessuali che desiderano rapporti a tre e altr* che non li sentono adatti a loro e via dicendo. Tutto quello che possiamo capire quando una persona ci dice che è bisessuale è che è attratta da generi diversi: tutto il resto è preferenza personale e non legge comune all’intero orientamento sessuale.
5. Le persone bisessuali devono essere attratte da uomini e donne allo stesso modo, cinquanta e cinquanta
Se non si è un perfetto 3 sulla scala Kinsey non ci si può definire bisessuali, direbbe qualcuno: un’idea che non tiene conto però dell’enorme varietà e delle differenze individuali contenute all’interno dello spettro dell’attrazione romantica e sessuale. Alcune persone bisessuali sono più su un sessanta-quaranta, altre su un settanta-trenta; alcune sono attratt* di più da partner uomini o donne o genderqueer o persone non binarie; altre sono effettivamente un cinquanta e cinquanta, ma in tutti questi casi l’etichetta di bisessualità è valida e legittima, perché di nuovo, le inclinazioni personali esistono e sono infinite e non si può pensare che tutte le persone che condividono un orientamento sessuale condividano anche le stesse preferenze.
Spero che questa breve lista sia stata utile per sfatare alcuni pregiudizi e fare chiarezza sulla bisessualità. La bisessualità è un orientamento sessuale valido e riconoscersi in quei tre colori, nella comunità e per le strade durante il Pride porta con sé un indescrivibile senso di appartenenza e una gioia infinita.
Buona Giornata mondiale dell’orgoglio bisessuale.