Sin dalla loro esplosione, i media hanno dimostrato di essere un importante strumento per la rappresentazione e costruzione dei rapporti di potere, oppressione e disuguaglianza, legati alle
categorie di genere, etnicità, classe, sessualità, età e disabilità. Infatti, non sarebbe corretto affermare che i mezzi di comunicazione di massa si limitano a riflettere la realtà, poiché la costruiscono, e, di conseguenza, costruiscono anche il genere.
La popular culture, in particolare, ha l’enorme potere di influenzare le masse. Proprio per questo motivo, la ricerca femminista, sin dalla Seconda Ondata, si è concentrata sull’analisi, la critica e il monitoraggio delle rappresentazioni mediatiche sessiste, degradanti e patriarcali delle femminilità e, negli ultimi tempi, delle mascolinità.
Tuttavia, se è vero che i media hanno il potere di perpetuare lo status quo e l’egemonia maschile, possiedono anche la capacità di rovesciare le relazioni di potere diseguali e ingiuste.
È proprio per modificare in modo concreto la narrazione della femminilità nei film e nelle serie TV che nasce il Geena Davis Institute on Gender in Media, il cui motto “if she can see it, she can be it” (se lei può vederlo, può esserlo) esprime e riassume a pieno il lavoro e la visione dell’associazione.
Geena Davis Institute on Gender in Media è un’organizzazione non a scopo di lucro, fondata nel 2004 dall’attrice e vincitrice premio Oscar Geena Davis, che lavora e collabora con l’industria dello spettacolo e l’industria cinematografica, specialmente per quanto riguarda prodotti destinati alle famiglie, con lo scopo di promuovere la parità di genere e produrre dei contenuti inclusivi e distanti dalle rappresentazioni stereotipate. L’idea su cui si basa l’organizzazione è che per attuare un cambiamento culturale e sociale globale i contenuti mediatici e i personaggi proposti debbano effettivamente e finalmente rappresentare la popolazione in tutta la sua diversità e intersezionalità. Solo in questo modo, bambinə e giovani, ovvero la categoria di persone su cui questi contenuti hanno un maggiore impatto, non saranno condizionati da preconcetti inconsci, che sono all’origine della diffusione e del persistere di pregiudizi e stereotipi. I mondi fittizi dei prodotti d’intrattenimento devono, infatti, riflettere il mondo reale e rappresentare persone reali, in modo più accurato, frequente e inclusivo. Nonostante i traguardi importanti raggiunti negli ultimi anni, come il numero maggiore di donne che rivestono ruoli principali nei film per famiglie, la rappresentazione mediatica continua a mostrare notevoli problematicità e disparità. I dati riportati nel sito web dell’associazione, infatti, rivelano che nonostante le persone di colore rappresentino il 38% della popolazione americana, esse ricoprono solo il 30% dei ruoli da protagonista nei film per famiglie, mentre soltanto nel 31% degli episodi per bambinə sono presenti personaggi di colore. Per quanto riguarda i ruoli da protagonista affidati a personaggi LGBTQIA+, la percentuale nell’ultimo decennio si attesta su meno dell’1%, sebbene il 4,5% della popolazione americana si identifichi come LGBTQIA+. Lo stesso vale per la rappresentazione di personaggi con disabilità. Infatti, negli Stati Uniti le persone con disabilità cognitive o fisiche rappresentano il 18,7% della popolazione, ma solo l’1% dei film per famiglie vede come protagonista un personaggio con disabilità.
È chiaro, quindi, che la strada è lunga e ci sia ancora tanto da fare affinché i media riescano a rappresentare in modo equo e inclusivo tutte le persone.
Le donne, infatti, sono ancora sottorappresentate nei media e aggiungere più personaggi femminili non basta, poiché il tempo in cui parlano o appaiono in video è inferiore rispetto agli uomini. Qual è, dunque, il contributo concreto dell’organizzazione al fine di proporre contenuti che siano rappresentativi della popolazione reale?
Il primo passaggio è senza dubbio l’analisi e la raccolta di dati, che, secondo l’organizzazione, hanno un potere immenso, ovvero quello di ispirare ə content creator a reimmaginare il panorama mediatico in modo che possa effettivamente riflettere il mondo in cui viviamo. La ricerca, che si focalizza maggiormente sui contenuti per bambinə, è condotta con metodi e approcci unici e innovativi che consentono loro di analizzare le rappresentazioni presenti in pubblicità, film e televisione, delle sei maggiori identità: genere, etnicità, LGBTQIA+, disabilità, età (over 50), corpo.
Sono due gli strumenti utilizzati per esaminare i contenuti pre e post produzione: Geena Davis Inclusion Quotient (GD-IQ) e Spellcheck for Bias.
GD-IQ è un software innovativo, sviluppato dall’organizzazione e finanziato da Google.org, che permette di analizzare in maniera veloce e del tutto automatizzata un numero elevatissimo di dati riguardanti il tempo in cui i personaggi sono presenti e parlano. Grazie ai dati ottenuti, ə content creator hanno uno strumento in più per identificare e riconoscere il problema della rappresentazione di genere nei film, nella televisione e nelle pubblicità e quindi rimediare.
Il secondo strumento, Spellcheck for Bias, analizza, invece, gli script, i manoscritti e testi pubblicitari, e consente di lavorare pre-produzione per esaminare in maniera dettagliata personaggi e dialoghi. Grazie all’analisi di stereotipi e attributi, è possibile analizzare il potenziale dei contenuti verso la diversità, l’equità e l’inclusività dove il lavoro ha inizio, ovvero il copione.
Dunque, seguendo il motto “if she can see it, she can be it”, una versione più inclusiva dei media ha il potere di influenzare le aspirazioni di bambine e giovani ragazze in tutto il mondo, permettendo loro di vedere rappresentate una varietà di femminilità e modelli di ruolo con cui indentificarsi.
Per maggiori informazioni visitare il sito web https://seejane.org/.