Articolo di Benedetta Geddo
Quando “The Old Guard” è uscito su Netflix e ho saputo che nel cast c’era anche Luca Marinelli, ho capito che avrei sicuramente visto il film dal momento che a) Marinelli è un attore che apprezzo molto e b) è un attore italiano in una produzione internazionale ed è sempre bello da vedere. Poi ho letto che personaggio avrebbe interpretato e il mio interesse è schizzato alle stelle – e adesso, un mese dopo, ho visto “The Old Guard” almeno sette volte (moderazione? I don’t know her…), sono affondata con tutte le scarpe nel fandom online e non potrei esserne più felice.
Il film (SPOILER ALERT!)
“The Old Guard” è l’adattamento da un fumetto di Greg Rucka, che ha lavorato per anni ai fumetti d’azione di Marvel e DC, e illustrato da Leandro Fernandez. Per ridurre la trama all’osso, i protagonisti di “The Old Guard” sono i membri di questa “vecchia guardia”, soldati che hanno la straordinaria capacità di rigenerarsi da ogni ferita subita e che quindi sono essenzialmente immortali. Booker, nato nella Francia del XIX secolo con il nome di Sebastien Le Livre e morto “per la prima volta” durante la campagna di Russia di Napoleone, è interpretato dall’attore belga Matthias Schoenaerts. Luca Marinelli interpreta Nicky, o Nicolò di Genova, crociato durante la presa di Gerusalemme nel 1099. Anche Joe, o Yusuf al-Kaysani, interpretato dall’olandese Marwan Kenzari, ha combattuto nella prima Crociata e ha incontrato Nicky proprio sul campo di battaglia. KiKi Layne, fresca di una brillante performance in “If Beale Street Could Talk”, interpreta l’ultima immortale del gruppo, la marine americana Nile Freeman. Charlize Theron, che sembra averci preso gusto a interpretare eroine d’azione, è invece Andromache the Scythian, detta Andy, la più vecchia del gruppo e quindi la leader della squadra.
In superficie, “The Old Guard” non sembra molto differente da un qualsiasi film d’azione con un punto di partenza molto interessante, ossia il fatto che i protagonisti possono sì morire ma poi non restano morti. Bastano poche scene, però, per rendersi conto che la visione che porta avanti questo film è unica, e c’è un motivo molto semplice: a dirigere “The Old Guard” c’è Gina Prince-Bythewood, prima donna afroamericana a dirigere un film ad alto budget tratto da un fumetto d’azione. La prospettiva di “The Old Guard” è quindi diversa da quella di un regista uomo bianco, ma anche da quella di una regista donna bianca, ed è una differenza che si sente eccome per tutta la durata del film.
Basti pensare che, a parte Charlize Theron (la star del film, il nome più conosciuto che quindi attira la maggior parte degli spettatori), tutti i personaggi hanno interpreti che vengono effettivamente dalla loro stessa area geografica: Nicky, che viene dalla Genova medievale, è interpretato da Marinelli; Marwan Kenzari è un cittadino olandese ma ha origini tunisine, esattamente come Joe che viene detto essere nato nel Maghreb; Booker è interpretato da un attore francofono come lui. Tutti recitano in inglese con un leggero accento e occasionalmente usano la propria lingua madre, introducendo così dettagli di realismo in una storia di immortali che nei millenni ha imparato più lingue di quante se ne possano immaginare e che non possono per forza essere tutti madrelingua anglofoni.
La rappresentazione
C’è anche un altro gesto che dimostra la cura e l’attenzione messe in atto in questo film: per interpretare il personaggio di Noriko, di origine giapponese nel fumetto, è stata scelta l’attrice vietnamita Van Veronica Ngo. Il fumettista Greg Rucka ha raccontato in un’intervista che, subito dopo aver ottenuto il ruolo, l’attrice ha sollevato la questione che una persona giapponese e una persona vietnamita non sono certo la stessa cosa, e la regista lo ha immediatamente chiamato per chiedere se si potesse fare qualcosa a riguardo. Con estrema tranquillità, Rucka ha raccontato di aver trasformato Noriko in Quynh, rendendola un personaggio con un nome e un’origine vietnamita: “È stata davvero una cosa semplice, era solo questione di voler onorare la cultura dell’attrice ed esserne rispettosi”. Una ventata di aria fresca in un’industria che ancora troppo spesso pensa che basta avere gli occhi a mandorla per interpretare un qualunque personaggio dell’Estremo Oriente.
Attenzioni di questo genere sono presenti per tutta la durata del film, dettagli che potrebbero passare inosservati ma che invece fanno molto rumore se paragonati allo standard del Classico Film D’Azione Hollywoodiano™: tutti indossano dei vestiti ragionevoli per persone che di mestiere sono mercenari e non ci sono scene di semi-nudità gratuita giusto per “deliziare” un po’ il pubblico. Le protagoniste Andy e Nile non sono mai sessualizzate e non c’è neanche l’ombra di battutine, ammiccamenti, inquadrature che sono il trionfo del male gaze: ci sono solo Andy che mena fendenti a destra e a manca con la sua ascia e Nile che abbatte gente con la mitragliatrice.
Le relazioni
Andy e Nile, peraltro, hanno un ruolo centrale nella storia: il loro rapporto (l’immortale più vecchia della scrittura e l’immortale che invece ha appena scoperto di esserlo) è non solo il filo che collega tutto il film, ma anche una rappresentazione rara di un legame tra personaggi femminili. Di solito infatti il rapporto tra la “persona disillusa che conduce uno stesso tipo di vita da anni e che a un certo punto è costretta abbastanza controvoglia a fare da mentore a un novellino di turno” e il “novellino pieno di domande e voglia di imparare che non accetta tutta la disillusione e la negatività del suo insegnante e che alla fine finisce per salvargli la vita e guadagnarne rispetto e affetto” è riservato a personaggi maschili, o al massimo tra un mentore uomo e una donna giovane o giovanissima. Qui invece questa dinamica è messa in atto da due donne che possono così godere di un rapporto complesso e alla fine pieno di affetto.
In generale, a tutti i personaggi di “The Old Guard” è concessa una profondità rara in un film d’azione ma che, di nuovo, ha estremamente senso se si prende in considerazione la premessa del film e che sarebbe stato strano non includere: i legami tra i membri della Old Guard sono vecchi di millenni. I personaggi sono vulnerabili l’uno con l’altro e aperti l’uno con l’altro, perché dopo secoli passati a combattere e morire e tornare in vita fianco a fianco non è credibile che non abbiano sviluppato delle connessioni solide e sincere. Gli unici personaggi maschili che tirano fuori della mascolinità tossica sono i “cattivi”, ossia l’antagonista principale e il suo braccio destro.
Infine, come se non bastasse, vedere “The Old Guard” ha anche riempito il mio piccolo cuore queer di gioia. Quella tra Joe e Nicky, interpretati da Marinelli e Kenzari, è infatti La Relazione del film. I due, dopo essersi scontrati durante la prima crociata e aver capito di essere entrambi immortali, non si sono mai separati: la loro è una storia che assume un’importanza fondamentale e non solo per i personaggi che rappresentano, essendo di etnia e fede diverse, ma anche ai fini del racconto stesso.
Siamo abituati infatti a vedere una relazione queer in primo piano, solo nei “film LGBTQ+”, dove la queerness dei personaggi è il cardine di tutta la storia: da “Brokeback Mountain” a “Carol”, sono tutti titoloni che conosciamo e che spesso e volentieri tendono al drama più che alla commedia. Nei film d’azione, le persone LGBTQ+ sono di solito lasciate sullo sfondo e la loro relazione è appena accennata, ribaltando completamente il concetto di “show don’t tell”: viene detto al pubblico che i personaggi stanno insieme, ma poi non vengono mostrati mentre si comportano come una coppia.
Ecco, “The Old Guard” ha preso tutto questo e l’ha buttato fuori dalla finestra. Joe e Nicky sono quasi sempre in scena insieme, gravitano costantemente l’uno attorno all’altro, dormono abbracciati, sono gli unici a dimostrare affetto fisico tra tutti i personaggi, gli unici a scambiarsi un bacio e Nicky descrive Joe come “the love of my life“ nella prima mezz’ora del film.
Senza contare che anche Andy e Quynh sono canonicamente queer (nel fumetto, e il film lo sottintende con decisione e probabilmente lo svilupperà nel seguito che sembra doverci essere), il che rende quattro immortali su sei membri della comunità LGBTQ+. E questo di nuovo è incredibilmente realistico: dovremmo credere che in mille e più anni di vita non si prenderebbe nemmeno in considerazione l’idea di poter essere attratti da qualcun* del proprio stesso sesso? O che dopo aver vissuto una, dieci, venti vite umane il concetto di “attrazione legata al genere” non diventi un po’ irrilevante?
Certo, “The Old Guard” non è un film perfetto. Ha una colonna sonora che a tratti cade un po’ nel territorio di un teen drama, per esempio, e cerca di fare un commento antimilitarista senza riuscirci davvero (considerato quante armi e quanta violenza ci sono per tutto il film). Ma questa visione così differente, che si declina in tutta una serie di dettagli rari, lo rende davvero una storia che merita di essere vista e apprezzata. Del resto, c’è un motivo per cui buona parte della comunità di fan online ha collettivamente perso la testa per questa storia: le persone vogliono diversità, legami affettivi sinceri e personaggi queer che non siano stereotipi o accessori. Ed è alle persone che i prodotti cinematografici si rivolgono: è ora che diano loro ciò che vogliono.
no, l’orientamento sessuale è innato, chi è etero resta tale, chi è gay o bisex resta tale anche dopo venti vite. L’attrazione lata al genere esiste ed è reale e va rispettata. il sex appeal non è oggettificante è cosa umana e bella, e un’eroina o un eroe possono essere sexy erotici nudi o meno, senza che questo li renda oggettificati
e la teoria del male gaze è discutibile
Grazie per questo articolo che condivido in pieno (anche sui punti di debolezza).
Mi vengono in mente filmoni ad altissimo budget di case di produzione che distribuiscono a livello mondiale che vantano la presenza di personaggi queer perché li si può intravedere due secondi sullo sfondo…
The old guard è la prova che si può fare film d’azione in modo diverso: si può avere un’eroina di colore vestita che interagisce con un’altra eroina vestita, si può presentare personaggi maschili che non siano paternalistici, infantili, emotivamente stitici… eppure più tosti di tutti i cattivi messi insieme.
Spero che il successo di questo film sia “di lezione” ad altri produttori che ricalcano sempre i soliti stereotipi perché preferiscono andare sul sicuro.
Condivido ogni parola (anche sui punti deboli).
The old guard è la prova che si può fare un film inclusivo e apprezzabile senza che ne risentano gli incassi. Si può avere un’eroina di colore vestita capace, competente, risoluta che interagisce con un’altra eroina vestita senza che debbano farsi insegnare niente dal white dude di turno. Si possono avere uomini empatici, sensibili, fragili, compassionevoli, che sostengono le loro compagne di avventura senza che questo li renda meno maschi (qualunque cosa questo voglia dire, comunque). Ah, e si può anche avere il vero amore eterno.