Articolo di Francesca Anelli
La visibilità delle persone asessuali nel discorso pubblico (e perfino all’interno della comunità LGBTQ+) è tristemente bassissima. La rappresentazione nei media è quasi inesistente e perfino le informazioni su questo mondo sembrano scarseggiare, specie in italiano (e in generale in lingue diverse dall’inglese). Quando e se se ne parla su giornali o spazi di discussione pubblica lo si fa quasi sempre male, senza dare voce a chi è nello spettro ma piuttosto alle opinioni e alla malafede dellə primə editorialista che passa. Anche per questo, quelle rare volte che finisce nel radar dei media, l’asessualità viene percepita come una sorta di “moda” importata dai Paesi anglosassoni a suon di post di Tumblr, un capriccio per adolescenti bianchə e annoiatə.
Dovrebbe essere superfluo sottolineare che ridurre il modo in cui una persona si identifica a un trend passeggero è sempre una violenza, in particolare quando alla propria identità sessuale o di genere si accompagnano processi di marginalizzazione, invisibilizzazione e discriminazione. Ma lasciando perdere per un attimo questo punto (per quanto fondamentale), nella costante svalutazione dell’asessualità gioca un ruolo anche lo sguardo profondamente “occidentalocentrico” che vuole l’Europa e gli Stati Uniti come fulcro della vita pubblica mondiale e punto di riferimento anche in termini di teorie e pratiche femministe e/o queer.
Ovviamente si tratta di una visione molto problematica, che anche in questo caso rivela tutti i suoi limiti.
Come ricorda questo post di un gruppo di attivistə asessuali, infatti, i collettivi di persone acespec (ovvero che si identificano all’interno dello spettro dell’asessualità) sono presenti in tutto il mondo e sono spesso molto attivi e seguiti. È il caso, ad esempio, di Indian Aces, o anche di diverse realtà sudamericane e nei paesi arabofoni. Non solo, una lettura scorretta dell’asessualità porta a ulteriori forme di invisibilizzazione per le persone razzializzate, costrette ad adeguarsi all’ipersessualizzazione dei loro corpi e all’invalidazione della loro identità asessuale.
Per correggere questa narrazione distorta, attivistə asessuali da tutto il mondo hanno quindi collaborato per mesi alla creazione di un evento – e soprattutto di una comunità – che potesse offrire un’immagine ricca e, se vogliamo, “decolonizzata” dell’asessualità. Il 6 Aprile è perciò diventato l’International Asexuality Day, ovvero una giornata dedicata a rendere visibile la comunità asessuale in particolare nei Paesi non occidentali e/o non anglofoni attraverso Attivismo, Celebrazione, Educazione e Solidarietà (che sta proprio per ACES, ovvero un altro modo per riferirsi alle persone nello spettro dell’asessualità).
A partecipare ci saranno collettivi da più di 30 nazioni diverse, attraverso eventi locali ma anche iniziative e livestream internazionali.
Tra questi, in Italia troviamo Rete Lettera A (di cui faccio parte anch’io), che ha organizzato sia una diretta locale che un incontro internazionale sui canali ufficiali della giornata. In particolare, dalle 17 alle 20 del 6 Aprile si terrà su StreamYard e YouTube un incontro con altrə attivistə e persone queer per discutere dei punti di contatto tra le varie esperienze e creare una rete di solidarietà.
Un altro dei problemi che la comunità ace si trova ad affrontare, infatti, è l’esclusione da alcune realtà LGBTQ+, e in generale la resistenza a considerare valido il punto di vista delle persone asessuali all’interno del discorso e delle pratiche intorno alla sovversione dell’eterocispatriarcato.
Ancora una volta, si tratta di una visione miope, non soltanto perché la comunità ace si interseca in maniera molto stretta con altre realtà queer quali ad esempio quella trans (circa il 30% delle persone ace raggiunte dal sondaggio “Asexuality Census” nel 2018 ha dichiarato di essere trans o di non identificarsi con un’identità binaria) o perché alcuni temi sono comuni lungo tutto lo spettro LGBTQIAPK+ (come ad esempio la costante cancellazione subita tanto dalle persone ace quanto da quelle bisessuali o pan), ma anche perché la prospettiva delle persone nello spettro asessuale può contribuire in maniera decisiva a una ridefinizione dei concetti di identità sessuale e relazionale in ottica di liberazione, in modo da combattere non soltanto l’allo- e l’amatonormatività ma anche il sistema eteronormativo in generale.
Il fatto che probabilmente parole come allo- e amatonormatività non vi suonino familiari è un altro segno della necessità di allargare lo sguardo e arricchire la discussione sulle identità di genere e sessuali. Risulta ancora molto difficile rendersi conto dei modi in cui la società condiziona la nostra percezione della sessualità, non soltanto stabilendo quali forme relazionali possono essere ritenute accettabili o comunque preferibili, ma anche dettando regole di comportamento precise all’interno di queste relazioni. Al primo posto nella scala gerarchica dei rapporti umani, quindi, si troveranno non soltanto le relazioni etero e monogame ma in generale quelle romantiche, da considerare il fulcro della vita di ogni individuo (amatonormatività), mentre esse dovranno avere necessariamente una componente sessuale (allonormatività), che andrà a sua volta regolata secondo precise norme sociali.
Come spiega Angela Chen nel suo bellissimo libro “Ace: What Asexuality Reveals About Desire, Society, and the Meaning of Sex”, ascoltare le esperienze e il punto di vista delle persone che non provano attrazione sessuale e/o romantica (o la provano raramente e in condizioni particolari) è fondamentale per rinegoziare anche questi aspetti spesso sottovalutati dell’organizzazione sociale eterocispatriarcale e che colpiscono negativamente anche chi non si identifica nello spettro asessuale o aromantico, queer o meno. Riflettere su che cos’è l’attrazione sessuale, imparare a distinguerla da quella romantica e slegare questi due concetti dal comportamento sessuale e lo status relazionale è infatti un modo per conoscersi meglio, nonché guardare a concetti come amore, desiderio e consenso – fondamentali anche nel discorso femminista – senza cedere a una narrazione normativa, che patologizza la diversità e impone modelli comportamentali opprimenti.
Celebrare l’asessualità, insomma, è importantissimo non soltanto per riconoscere validità a chi si identifica nel suo spettro ma anche per costruire insieme alternative libere, positive e inclusive al racconto delle relazioni e delle identità che fa il mondo occidentale. L’International Asexuality Day è un (grande) passo in questa direzione, e speriamo che vorrete unirvi a noi.
non è questione di allo o amato-normatività, è che oggettivamente la maggioranza numerica delle persone prova attrazione sessuale e prova amore romantico perciò film e romanzi molto spesso raccontano queste cose che fanno parte dell’esperienza umana. questo non toglie nulla ai diritti delle minoranze
la stragrande maggioranza dell’umanità è romantica, prova amore romantico e prova attrazione sessuale non è normatività è la realtà non c’è gerarchia amore e amicizia sono relazioni diverse. ovviamente bisogna avere rispetto verso la minoranza che non prova amore romantico o attrazione sessuale
uomini e donne cis e trans di ogni orientamento sessuale vanno rispettati