Martina Sanzi e Mina Chiarelli sono due musiciste che dieci anni fa, a Roma, hanno iniziato a suonare insieme, utilizzando lo pseudonimo di TreesTakeLife.
Scrivono musica per immagini, e in questi anni, oltre ad avere suonato in lungo e in largo per tutta Italia, hanno composto le colonne sonore di diversi cortometraggi del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, lavorato ad alcuni spot in TV (come quello realizzato dalla RAI in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne) e con diverse scuole di Arte e Cinema: dalla New York Film Academy, University of York, PRATT Institute, alla Goldsmiths University e University of Hertfordshire.
Negli ultimi due anni sono state impegnate a scrivere la colonna sonora del documentario “Matera 15/19 – Episodio I ed Episodio II”, prodotti da Open Fields Productions, Arifa Film, con il supporto di Lucana Film Commission: una selezione di questi brani tratti è finita in “Come Back”, il loro ultimo disco uscito lo scorso 17 gennaio e prodotto dall’etichetta discografica M.I.L.K. – Mind In a Lovely Karma.
Abbiamo parlato con loro di cosa significhi comporre musica per immagini, suonare insieme da tutti questi anni e della Basilicata, il cui capoluogo Matera è Capitale Europea della Cultura 2019, e della quale Mina è originaria.
Mina, Martina, nel comunicato di lancio del vostro disco si legge che “Casa è il posto dove si sta bene.” Voi quale/i posto/i chiamate Casa?
Per noi il concetto di casa è molto complesso, perché non sempre deve essere un unico posto, e può cambiare in base allo stato d’animo. Sicuramente consideriamo il nostro studio la nostra casa musicale. Negli anni abbiamo capito quanto fosse fondamentale ritagliarsi un proprio spazio, in cui lasciare problemi e preoccupazioni fuori. Lo abbiamo decorato e sistemato con tantissimo impegno e lo abbiamo reso nostro. Quando chiudiamo la porta infatti entriamo in un altro mondo, e questo ci aiuta tanto. In generale la casa è dove ci si sente a proprio agio, dove ci si sente liberi di poter fare tutto: ridere, piangere, urlare.
Il vostro disco è appena uscito, Matera è ufficialmente Capitale della Cultura 2019. Com’è nata la collaborazione con “Matera 15/19”?
La collaborazione con questo progetto è avvenuta alla fine del 2016. Siamo state contattate dalla Open Fields Production (la casa di produzione che ha ideato la serie “Matera 15/19”) per comporre la colonna sonora, e da subito ci è sembrato un progetto interessante. Nonostante una di noi abbia radici lucane non conoscevamo così bene il territorio e questo ci ha permesso di esplorarlo più a fondo. È stata un’esperienza bellissima che in realtà si concluderà quest’anno, poiché verrà terminato l’ultimo episodio della serie. Da qui poi l’idea insieme alla Open Fields Productions e alla Milk (la nostra label) di produrre un disco tratto da questo lavoro.
Scrivete musica per immagini, legata al mondo dei cortometraggi, dei documentari: cambia l’approccio nel comporre per creare una colonna sonora di un determinato lavoro, che si inserisca in un concept particolare rispetto alla stesura di un brano che riflette se stessi, un inedito che parli di sé? In che modo? Qual è l’iter creativo di un brano che finirà ad essere parte di una colonna sonora?
Beh sì, il modo di comporre sembra apparentemente “limitato” o “indirizzato”, ma all’atto pratico non è così. Il compositore può dire molto di se stesso o esprimere il proprio punto di vista aggiungendo un colore alla storia di un film. Nel nostro caso, essendo un duo che ha cominciato non pensando alla musica per film, bisogna dire che i nostri testi, sempre molto minimali e asciutti, non riflettevano mai avvenimenti della nostra vita: erano sempre orientati verso il racconto di un’immagine o di una storia che in qualche modo poteva riflettere il mondo in cui viviamo. Quindi probabilmente sin dall’inizio scrivere musica per immagini era nel nostro destino!
Di quale film amate smisuratamente la colonna sonora?
Scegliere è molto difficile perché siamo grandi amanti del cinema e seguiamo moltissimo anche la musica per film, soprattutto gli sviluppi più recenti. Non abbiamo un film rappresentativo, perché amiamo il cinema in tutte le sue forme. Se dovessimo scegliere per la bellezza delle immagini e per il suo significato profondo ti diremmo Into the wild: è un film che ci ha colpito moltissimo e ci ha dato tanto, anche musicalmente. Essendo pazze di Yann Tiersen non possiamo nascondere il nostro amore per la colonna sonora del “Favoloso mondo di Amelie“. Abbiamo adorato il lavoro fatto da Clint Mansell con “Requiem for a dream”, quello di Ramin Djawadi per “Game of Thrones”, Max Richter per “The Leftovers” e Cliff Martinez per “The Knick”.
Insieme suonate dal 2009: cosa in questo tempo avete imparato dalla dinamica di duo, dal punto di vista della relazione umana? Cosa insegna far parte di un progetto musicale non solista? Essere donne vi ha penalizzate/ha rallentato il vostro percorso di carriera?
È una bella domanda! Possiamo dirti che per noi suonare in duo (e spesso anche in trio con vari musicisti che hanno collaborato con noi) è stata l’unica soluzione possibile. C’è stato un breve periodo in cui abbiamo frequentato dei corsi presso il Centro Sperimentale di Cinematografia e siamo state ‘costrette’ a lavorare individualmente. È stata una bella esperienza ma non ci ha dato lo stesso. Persino gli insegnanti dicevano di riconoscere i nostri stili compositivi ormai fusi insieme, come fosse un’unica voce. Sicuramente suonare insieme ti apre la mente, ti costringe a confrontarti con un’altra persona, un’altra mente artistica che riflette non solo il bello ma anche il brutto. Scompare l’idea di dover per forza competere per emergere, aiuta le relazioni e favorisce la creatività. Per quanto riguarda il discorso sull’essere donne, tocchi un tasto dolente. Non è stato per niente facile inserirsi nel contesto musicale, sia lavorando come musiciste live, sia nella composizione di musica per film. Nella musica per il cinema ci sono veramente poche compositrici donne e la competizione è già piuttosto ardua. È qualcosa che si sente a pelle, quando la gente ti parla; come se non si fidasse abbastanza di te o non credesse nelle tue capacità. E questo, ahimè, è qualcosa che abbiamo toccato con mano. Ma nonostante tutto continuiamo ad andare avanti e fare quello che ci piace.
Ipotizzando future collaborazioni, con quali artisti del panorama attuale italiano musicale vi piacerebbe collaborare?
Beh tra i musicisti sicuramente ci piacerebbe moltissimo lavorare con i Mokadelic, che sentiamo molto vicini anche per il loro lavoro nel cinema. Ci piacciono molto anche i The Shalalas, che hanno un approccio alla musica apparentemente così leggero che ti mette subito di buon umore. Stessa cosa per i Lapingra, che ci piacciono moltissimo anche se non abbiamo lo stesso background sonoro.
“Le persone che da anni popolano la Basilicata si sentono spesso lontane dal resto del mondo” si legge sempre nel comunicato di lancio del vostro disco. Come è possibile azzerare questo annoso sentimento, come è possibile operare per una futura maggiore inclusività?
Sicuramente Matera è riuscita a rompere il silenzio che c’era dietro questa città e dietro la sua storia, con la nomina a Capitale Europea della Cultura 2019. Crediamo che questa città abbia sempre avuto lo stesso carattere e lo stesso modo di accogliere, solo che con questa grandissima e meritata opportunità, la gente si è accorta della sua bellezza e del suo fascino. Il cinema e quindi anche la musica, sicuramente può aiutare questo aspetto. Diffondere il più possibile la cultura di questo territorio, azzerando sempre di più i confini.