Articolo di Manuel Carminati
In questi giorni si fa un gran parlare della “manovra economica”, ovvero la legge di bilancio italiana per il 2019, la prima di questa legislatura a trazione Movimento 5 Stelle-Lega. Il DEF (Documento di Economia e Finanza) del Governo Conte e del Ministro dell’Economia Giovanni Tria sta attraversando un complesso iter burocratico e legislativo: ogni governo europeo, infatti, può prendere le decisioni economiche, fiscali e finanziarie che preferisce ma sempre concordandole con le linee guida della Commissione Europea (centrista, presieduta dall’ormai uscente Jean-Claude Juncker) e rispettando vincoli di bilancio e regolamenti comunitari, e quindi validi per tutti.
Poiché negli anni scorsi l’Italia non è riuscita a risolvere efficacemente alcuni problemi strutturali della sua economia (su tutti, l’enorme debito pubblico e la bassa produttività del settore industriale, associati a un’altissima disoccupazione giovanile), i riflettori sul nostro DEF sono sempre accesi e il cambio di rotta annunciato da questa maggioranza ha allarmato gli apparati europei, molto conservatori sui temi del rigore economico.
La situazione è davvero complessa e tesa tra Unione Europea, Governo e i due partiti di maggioranza, soprattutto sulla modifica dell’età di pensionamento (proposta che prende il nome di “Quota 100”) e l’introduzione di un reddito di cittadinanza, i due temi più caldi e onerosi per le casse pubbliche; le critiche, talvolta acerrime, vengono da molti fronti (davvero i più disparati, se pensiamo che uno dei giudizi negativi è stato espresso sull’Avvenire da Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera dei Deputati di Forza Italia, storico alleato della Lega).
Prima di concentrarsi sui singoli provvedimenti, serve una veloce premessa tecnica: il Parlamento ha già votato gran parte del DEF (che è un documento complesso, diviso in più parti) con il discusso metodo del “voto di fiducia”, il quale permette ai governi di “saltare” la discussione tra i parlamentari e di votare un provvedimento così come presentato dai suoi relatori, portandolo avanti senza ulteriori modifiche. Ciononostante, il DEF votato fino a oggi è un decreto del tutto modificabile fino al 31 dicembre, scadenza definitiva della sua presentazione: questo significa che ciò che stiamo commentando potrebbe essere cambiato in extremis dal Governo.
Quindi, cosa hanno votato fino a ora? Abbiamo provato a sciogliere i nodi, approfondendo alcune tematiche a noi care.
Un primo dettaglio che salta all’occhio è la mancata introduzione di un regime fiscale agevolato su assorbenti e pannolini, come da tempo richiesto in Italia: la tampon tax, infatti, è stata già ridotta a percentuali irrisorie in Francia, Inghilterra, Belgio e Olanda; è nulla in Irlanda e in Scozia, dove gli assorbenti sono persino distribuiti alle studentesse, ed è stata abolita anche in Nigeria, Libano, Giamaica e Nicaragua. Da un paio di anni l’argomento è presente nel dibattito politico italiano ma continua a essere snobbato.
La discussione si è soffermata molto sui fondi assegnati in vario modo per il sostegno alle persone affette da disabilità. Le cifre in questa direzione aumentano e si aprono nuovi fondi speciali: per esempio, un fondo dedicato al sostegno economico del caregiver (familiare assistente) di pazienti non autonomi. Le associazioni del settore, però, sottolineano che al contempo il sostegno delle famiglie da parte degli enti locali sta venendo meno poiché impoverite e quindi lo sforzo complessivo non risulta sufficiente a coprire i bisogni espressi, in particolare al Sud.
Due episodi su tutti hanno creato particolare dissenso, anche all’interno della maggioranza.
Il primo, forse più noto al pubblico, è lo stralcio dell’emendamento proposto dal deputato Dall’Osso (M5S), bolognese e malato di sclerosi multipla, il quale proponeva l’introduzione di un fondo apposito di 10 milioni l’anno da destinare all’aggiornamento delle infrastrutture pubbliche per l’accesso e la mobilità dei disabili.
L’emendamento, sostenuto dalle opposizioni, è stato più volte rinviato fino alla sua esclusione totale, tanto da portare il deputato, eletto in quota 5 Stelle, ad abbandonare polemicamente il suo gruppo parlamentare per confluire in Forza Italia. “Prima mi hanno usato, poi mi hanno preso in giro”, ha dichiarato durante la discussione parlamentare.
Nelle stesse ore, la vicepresidente della Camera Mara Carfagna (Forza Italia) si è vista rifiutare un emendamento che avrebbe introdotto un fondo di 10 milioni di euro “al supporto delle famiglie che si prendono cura dei bambini che hanno perso la madre perché uccisa dal partner”, già sostenuto da molti parlamentari. Ha così twittato in aperta polemica con il Governo:
Quando trovi i soldi per tutto, compresa la detassazione dei massaggi negli hotel, la birra artigianale, l’assunzione dei fantomatici #navigator e non li trovi per le famiglie affidatarie degli orfani di femminicidio fai una bastardata. Punto.
Buone notizie vengono invece dall’aumento dei controlli sull’utilizzo delle slot machine. Dal 2019 l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli metterà a disposizione degli enti locali gli orari di funzionamento delle slot machine su tutto il territorio nazionale. Le regole tecniche di produzione degli apparecchi dovranno prevedere la memorizzazione, conservazione e trasmissione al sistema remoto dell’orario di funzionamento.
Vengono inoltre disposte nuove assunzioni di ispettori del lavoro per combattere il lavoro nero e le infrazioni ai regolamenti sulla sicurezza. Parallelamente, si introduce l’aumento delle sanzioni tra il 10% e il 20% per i datori di lavoro che infrangono la legge e un raddoppio di questi aumenti nei casi di recidiva. E vengono anche modificate le regole per il congedo obbligatorio di maternità e paternità: chi lo vorrà, se autorizzata dal medico, potrà rimanere al lavoro fino al nono mese di gravidanza, potendo poi sfruttare l’intero periodo di astensione di 5 mesi dopo il parto. È stato inoltre approvato dalla commissione Bilancio della Camera un emendamento alla manovra che proroga nel 2019 il congedo obbligatorio per i padri allungandolo da 4 giorni a 5 giorni. Avete letto bene: cinque giorni.
Nella manovra poi leggiamo anche due provvedimenti le cui finalità si commentano da sole. La prima è l’abolizione dei fondi dedicati all’assistenza sanitaria per stranieri non iscritti al Sistema Sanitario Nazionale: un emendamento, infatti, prevede che dal 2019 le Regioni potranno spendere anche per altri scopi i fondi finora vincolati a garantire l’assistenza sanitaria agli stranieri non iscritti al SSN. La norma dispone che circa 31 milioni, oggi vincolati per l’assistenza dei migranti, confluiscano nella quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale. Non un vero e proprio risparmio, quindi, ma una dispersione di risorse che porterà grande disagio a questa categoria con un guadagno per i cittadini del tutto irrisorio, se si considera che il fabbisogno sanitario nazionale per il 2019 è stato fissato a 115 miliardi di euro: oltre trentamila volte tanto.
Il secondo attacco manifesto alle famiglie extra-comunitarie in Italia è l’esclusione di queste dalla platea degli aventi diritto alla carta sconti per le famiglie con almeno tre figli conviventi sotto i 26 anni. In questo caso, per i contribuenti italiani il risparmio è nullo.
In conclusione, questo DEF non introduce molte agevolazioni che sarebbero di facile implementazione; al contrario, il Governo non si è lasciato sfuggire qualche offesa alle minoranze. E siccome potremmo essere accusati di avere dei pregiudizi sulle priorità di questo Governo oppure di aver parlato di dettagli poco rilevanti, citiamo il commento di Tito Boeri, Presidente dell’INPS, sulla così detta “Quota 100” e le conseguenze su donne e giovani:
«Pesanti i sacrifici imposti anche ai giovani su cui pesa in prospettiva anche il forte aumento del debito pensionistico. Non possiamo esimerci dal lanciare un campanello d’allarme riguardo alla scelta di incoraggiare più di 400mila pensionamenti aggiuntivi proprio mentre si avviano al pensionamento le generazioni dei baby boomers e il numero di contribuenti tende ad assottigliarsi. È un’operazione che fa aumentare la spesa pensionistica mentre riduce in modo consistente i contributi previdenziali anche nel caso in cui ci fosse davvero, come auspicato dal governo, una sostituzione uno a uno tra chi esce e chi entra nel mercato del lavoro».
Secondo Boeri, le misure sulla Quota 100 e sul blocco dell’indicizzazione alla speranza di vita per le pensioni anticipate costeranno 8,5 miliardi il primo anno per arrivare nel giro di tre anni a 16 miliardi e avvantaggeranno soprattutto gli uomini, con redditi medio-alti e i lavoratori del settore pubblico. Saranno invece penalizzate le donne, tradite da requisiti contributivi elevati e dall’aver dovuto subire sin qui, con l’opzione donna, riduzioni molto consistenti dei trattamenti pensionistici, quando ora per lo più gli uomini potranno andare in pensione prima senza alcuna penalizzazione.