Articolo di Margherita Brambilla
La notte di sabato scorso un uomo è entrato in un locale gay a Orlando, Florida, e ha aperto il fuoco uccidendo 50 persone e ferendone 53. Si sono spese già tante parole su quello che è successo, ma c’è una cosa che va sottolineata più di altre.
Ho letto online, sia in Italia che all’estero, molti interventi che recitano “non sono morti degli omosessuali, sono morte delle persone“.
Ora, chi scrive queste cose è sicuramente in buona, anzi in ottima fede; in tanti hanno scritto e detto cose mostruose su questa strage e sul fatto che “tanto erano solo dei finocchi”; giuro, l’ho letto. Vorrei non aver dovuto leggere una cosa del genere, ma l’ho letta.
Sottolineare l’umanità delle vittime rispetto al loro orientamento sessuale è utile; in quanto “persone” come tutti gli altri hanno diritto a vivere quanto tutti noi. Sacrosanto. Sarebbe bello lo pensassimo già tutti di default.
Però.
1) Sono morte delle persone. Queste persone erano in gran parte gay. Perché eliminare questo fattore? Forse che da gay si è meno “persone”?
2) L’attacco è avvenuto in un locale gay; non in un centro commerciale in cui casualmente si trovavano molti omosessuali. È avvenuto in un posto ben categorizzato, che l’attentatore conosceva e che ha scelto proprio per quello che era: un locale pieno di persone della comunità LGBT+.
3) Queste persone sono morte per un attacco di matrice omofobica. Cancellare questo fattore significa non capire, non imparare la lezione e perciò non impegnarsi per evitare che accada di nuovo.
Quindi sì. Sono morte delle persone. Sono morte delle persone per colpa di un attacco omofobico. Non dimentichiamocelo per fare in modo che non succeda più.
attacco omofobico, figlio dell’omofobia legata alle tre religioni monoteiste