Articolo di Anastasia Tramaloni
Il prossimo mese compirò 27 anni, tuttavia ancora tre esami mi separano dalla laurea in Legge. Ci sono svariati motivi che portano uno studente a terminare il proprio percorso oltre i tempi stabiliti: spesso studiamo un qualcosa perché così ci si aspettava che facessimo (magari per portare avanti una tradizione di famiglia); molti hanno difficoltà a superare un determinato esame; altri studiano e lavorano a tempo pieno. Ognuno di questi motivi è valido così come lo è ogni sofferenza e frustrazione.
Oggi, però, voglio raccontare la mia esperienza sperando che possa giovare a qualcuno e che possa spingere, chi si trova ora nella mia stessa situazione, a non aspettare e a chiedere aiuto prima di quanto lo abbia fatto io.
Quindi dicevamo, fuoricorso… Ma per nessuno dei motivi che ho elencato prima. Sono stata malata per tre anni, senza averne piena coscienza per i primi due. Il primo anno di università parte bene, mi presento al primissimo appello di gennaio e supero l’esame con un buon voto. La mia vita però viene stravolta da una serie di delicate vicende e io, che sono sempre stata ansiosa, con il passare dei mesi divento sempre più angosciata. Inizio a perdere interesse per ciò che mi circonda, dormo tantissimo oppure non dormo affatto, piango di continuo. I mesi passano e io, lentamente divento spettatrice della mia stessa esistenza dalla quale mi separa un muro di vetro che non ho nemmeno il coraggio di sfiorare: a volte penso che sia lì davvero, che non sia solo quella che scoprirò poi essere “derealizzazione”.
Devo essere forte, me lo ripeto ogni giorno, è tutta una questione di volontà. Continuo a studiare con diligenza, perché questa è la mia natura, tuttavia apprendo poco ma soprattutto, arrivato il giorno dell’esame, quando il/la docente di turno fa l’appello, scappo via: l’ansia è troppa, non mi sento all’altezza. Il tempo passa ancora e io mi riduco a una larva. Non riesco più a mangiare nulla perché tutto mi dà nausea, arrivo a pesare 40 kg per 165 cm, perdo tantissimi capelli, il sole mi accieca, uscire senza occhiali da sole è diventato impossibile, così come stare nei luoghi affollati. Passano tre anni e io ho sostenuto appena quattro esami.
Finalmente decido di farmi aiutare da un medico che no, non mi prescrive lunghe passeggiate nei boschi, sport o meditazione: quelle verranno dopo. Mi prescrive dei farmaci e io sono ovviamente reticente, dato lo stigma che circonda la questione della salute mentale. Quei farmaci, insieme alla terapia, mi salvano letteralmente. Inizio di nuovo a mangiare e a dormire, presupposti indefettibili per una guarigione completa. Avevo una brutta depressione, un problema di salute serio, invalidante e per vergogna non ho fatto valere nessuno dei miei diritti. Non ho chiesto il congelamento degli studi, né di essere iscritta part-time perché mi sembrava di imbrogliare, perché un problema di salute mentale non è un vero problema di salute. Ancora oggi che sono guarita, continuo a sentirmi in colpa per il tempo perso e ho quasi il dubbio che forse sto cercando delle giustificazioni per non essere stata all’altezza.
Scrivo qui la mia storia perché vorrei, nel mio piccolo, cercare di combattere lo stigma che ancora troppo pesantemente incombe circa la salute mentale. I problemi di salute mentale sono problemi di salute e, al pari di qualsiasi analogo problema, meritano attenzione, dignità e rispetto perché possono essere altamente invalidanti e possono portare a conseguenze sgradite.
Grazie per aver condiviso la tua storia! Ogni testimonianza è preziosa … Solo col tempo riusciremo forse a sconfiggere lo stigma della (non) salute mentale.
Scriverò una banalità: “non sei la sola”.
Spero, anzi auguro a te, a tutti/e e anche a me di trasformare questa frase in: “non sei sola”.
Quindi grazie per la tua storia, spero e credo sia un passo per uscirne.
Ciao,
sono Francesca e ho 33 anni.
Io ho scoperto recentemente di avere sofferto per molti anni di depressione.
Attualmente sono in analisi e questo mi sta aiutando molto a prendere consapevolezza della mia condizione.
Detto ciò, le crisi depressive continuano anche se più corte di prima e io, da una parte sono sì più consapevole che non sono un fallimento totale ma sono solo all’interno di un episodio depressivo, ma dall’altra capisco che sto perdendo tanto tempo prezioso della mia vita, magari a piangere aspettando che passi.
La mia terapista per ora non mi ha consigliato dei farmaci ma io vorrei invece parlargliene.
All’inizio ero un po’ spaventata all’idea, più che altro per il timore di poterne diventare dipendente (che magari è una percezione un po’ esagerata che ho io della cosa) ma ora no, e vorrei solo avere uno strumento molto efficace per non dovere arrancare magari per una settimana intera a lavoro e a casa e continuare serenamente con la mia vita.
Non so se è una domanda troppo personale da fare, ma mi piacerebbe sapere che tipologia di farmaci ti ha prescritto il tuo medico così giusto per farmi un’idea.
Grazie mille per il tempo che mi vorrai dedicare.
Francesca
Ciao Sergio, io oggi sto bene. È come fossi morta e rinata, più forte. Oggi, se qualcosa non va corro ai ripari subito e ho strutturato la mia vita in modo da prendermi cura della mia salute. La mia missione oggi è combattere lo stigma, ho deciso di essere davvero il cambiamento che volevo vedere nel mondo❤️
@francesca innanzitutto mi dispiace tanto per ciò che stai passando e lo comprendo a pieno. Nel mio caso la priorità era ristabilire il ciclo sonno veglia dunque mi sono stati prescritti sia delle benzodiazepine (il cui ciclo è breve) che degli altri farmaci di cui non ricordo il nome e che abbiamo tolto quasi nell’immediato perché per me non erano adatti. Ogni caso è singolare, io non purtroppo le qualifiche per guidarti in questo, tuttavia se senti che potresti avere bisogno di maggiore supporto rivolgiti a un medico psichiatra il quale saprà dirti se sono necessari anche dei farmaci e segnatamente quali