Articolo di Giulia Sosio
Ho ancora un ricordo vivido di una lezione di italiano fatta in quarta superiore. La motivatissima prof ci fece leggere un passaggio dei Malavoglia, celeberrimo e mastodontico mattone (lo dico con tutto il cuore del mondo) del siciliano Giuseppe Verga. Alzi la mano chi non ha sbadigliato durante almeno una lezione sui Malavoglia. Su.
Mattone o no stiamo parlando di un libro importante, pubblicato ormai due secoli fa, pieno di odore di pesce, pane salato e desolazione. Il passaggio di cui parlavo è rimasto nella mia testolina perché parlava della desolazione in cui viveva la mesta Lia, figlia del capo famiglia nonché maschio alfa Padron ‘Ntoni.
La povera Lia aveva rifiutato il suo aitante fidanzato – molteplici le speculazioni sul perché: per circostanze più grandi di loro come guerre e povertà, per non amore, per incapacità di gestire l’odore del pesce, perché a lui puzzavano i piedi o per impossibilità di figliare a velocità da Guinness World Records. Insomma, nessuno aveva ben capito come era finita ma era finita. Le malelingue in paese, per via di questo rifiuto e per via della sfortuna generale della famiglia, fecero scappare Lia dalla paese.
Lia a fine brano era di un arrendevole che aveva del ridicolo per me, per le mie compagne di classe e anche per la prof. Lia era ridicola perché annunciava che la sua vita era finita così, a 27-28 anni. Non si sarebbe sposata, non avrebbe figliato, avrebbe continuato a condurre una vita a pulire pesci e si sarebbe prostituita perché altra via non v’era. Dopo questa lettura tornai a casa con la testa bombardata di senso civico e con un sacco di dubbi, un piccolo atomo di femminismo già dentro al cuore e molta ingiustizia per quel fittizio personaggio letterario.
Il brano dei Malavoglia mi stupì tanto quanto mi ha stupito questo video di Questo aprile (e con la maiuscola sì, voglio rimarcare il fatto che siamo nell’anno 2016 d.C.). Parla del mondo delle Sheng Nu cinesi, altrimenti note come le Leftover Women.
La pubblicità, diventata virale nel giro di poche ore, descrive una situazione sta diventando insostenibile per tutte quelle donne che vivono e respirano in queste decadi di trasformazioni culturali e sociologiche. Il responsabile della ditta di beauty giapponese SK-II, ideatrice del progetto, ha descritto questo video come una campagna globale per ispirare e dare forza alle donne affinché prendano in mano il loro destino.
In Cina una donna che sopravvive alla pressione del non sposarsi quando ha più di 25 anni, cioè una donna che pensa alla sua sfera come donna e prima di tutto come persona è considerata coraggiosa, sovversiva. È un soggetto che va contro gli ordini centenari fatti di sottomissione al vincolo matrimoniale e alla fede ceca e serviente verso il consorte. In Cina funzioni se fai figli e rispetti la tua famiglia e tuo marito. Insomma, come nella Sicilia di Verga, se non sei sposata sei incompleta. Peccato che questa volta parliamo di nostre coetanee, e non di personaggi fittizi.
L’odio e l’astio che la comunità prova per queste donne non ha solo ragioni culturali, ma anche meramente statistiche. Per via della legge del figlio unico in vigore dall’ormai lontano 1979 nel 2020 in Cina si verranno a contare 24 milioni di uomini in più rispetto alle donne – dove la media mondiale vede indicare un numero di 103 uomini su 107 donne.
A conti fatti la donna single e non succube è un affronto non solo al vincolo familiare (come era la sconsolata Lia), ma anche ad una nazione che a livello economico e industriale sta diventando un vero e proprio colosso inarrestabile. La pressione di queste donne è incommensurabile.
E allora mi chiedo dove si trova, se c’è, il confine sottile tra la triste e caricaturiale della zia zitella e una donna che, semplicemente, sta da sola e si compiace del suo essere single – perché essere sola le permette di dedicarsi ai suoi hobby, alla sua carriera e soprattutto a se stessa. Mi chiedo anche dove si disegna la differenza tra una donna con un compagno/a, che per decisione personale decide di non suggellare la sua relazione con un matrimonio. Mi chiedo perché in molte culture, come quella cinese e per assurdo che suona quella italiana, il matrimonio è sinonimo di realizzazione, pienezza e traguardo. Dopo che ti sposi la strada sarà in discesa, sempre e comunque.
Ho i brividi sulle braccia se penso che, prendendo le Sheng Nu all’estremo, noi non siamo tanto diverse da loro e non siamo tanto diverse da Lia. Ce lo ricordano i nonni nei pranzi di Natale, ce lo ricordano le coetanee (parlo per me) quando sfoggiano l’anello al dito, ce lo ricordano centinaia di reality show incentrati sul matrimonio e, in tutta la sua gentilezza e carineria, ce lo ricorda Enzo Miccio e il suo wedding business.
Non sto dicendo che sposarsi sia sbagliato, mi commuovo nel vedere prove di amore vero e sorrido se penso che un giorno qualcuno sarà paziente abbastanza da dividere con me innumerevoli colazioni, pappa da dare ai mici e paia di calzini interscambiabili. Sto solo dicendo che il matrimonio non è un traguardo, una boa di salvataggio, il segno dell’inizio di una vita ‘con significato’. Perchè la vita di una donna è importante dal momento in cui si nasce, non dal momento in cui si sceglie di che colore prendere il velo e di che gusto scegliere la torta nuziale.
Fonte:
https://broadly.vice.com/en_us/video/unmarried-at-27-meet-chinas-leftover-women
in occidente sposarsi è una scelta, una delle tante scelte importanti che uomini e donne possono fare nella vita: possono fare, non devono fare. Una donna che ha deciso di sposarsi e felice lo dice alle amiche non sta stigmatizzando l’amica che non vuole sposarsi
e poi non capisco questa idea apocalittica che se ti sposi non avrai più tempo per te, per gli hobby, la tua vita finirà: non è speculare a quelli che dicono che il matrimonio è tutto?
in realtà non è così, non sempre.
Il matrimonio è una scelta, non la partenza e non il traguardo. Ecco il punto dell’articolo, mi spiace sia passato un altro messaggio.
Ben venga l’amica che celebra una felicità sincera con me e chiunque altro, come ho scritto credo nel matrimonio e penso sia una cosa bellissima. Niente apocalisse. Quel che penso è che la vita col matrimonio non comincia e non finisce – critico il dare all’istituzione una valenza esistenziale.