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Giornata della Memoria: ci parlano tutte le vittime dello sterminio nazista

Giornata della Memoria: ci parlano tutte le vittime dello sterminio nazista

Articolo di Biancamaria Furci, Benedetta Geddo, Rossella Ciciarelli, Jasmine Mazzarello, Arianna Latini

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.

Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.

Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.

Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.

Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.

Molte volte ci sarà capitato di leggere questo testo, utilizzato per evidenziare la pericolosità di un atteggiamento apatico e indifferente di fronte alle persecuzioni che consideriamo “altro da noi”. Erroneamente attribuita a Bertolt Brecht, dobbiamo la riflessione al pastore tedesco protestante Martin Niemöller, che pronunciò queste parole durante un sermone (proprio per l’origine orale del componimento se ne possono reperire diverse versioni, tutte con il medesimo significato). Niemöller fu inizialmente un sostenitore del nazismo, fino a quando l’evidenza della componente persecutoria dell’ideologia lo portò a schierarsi apertamente contro il regime. Venne arrestato dalla Gestapo nel 1937 e fu imprigionato in diversi campi di concentramento fino alla Liberazione, otto anni dopo.

Perché queste parole sono così importanti per noi oggi? Cosa hanno ancora da dirci? Al di là del periodo storico del nazifascismo, i versi di Niemöller parlano al nostro presente – e, cosa ancor più importante, al nostro futuro. Viviamo un tempo nel quale le parole “noi” e “loro” risuonano costantemente nel nostro quotidiano. Muri, blocchi, frontiere. Nemici, estranei, diversi. Questi concetti permeano la società e dilagano nella coscienza collettiva fino a straripare nella violenza, come la storia ci insegna essere sempre accaduto nei momenti di grande incertezza per l’oggi e paura per il domani. È molto facile considerare gli altri, tutti gli altri, come “altro da noi”. E allora il loro dolore, la loro sofferenza, il loro pericolo non ci riguarda, non ci tocca, non ci smuove. Ma non esiste alcun “altro da noi”, perché ognuno di noi è potenzialmente lo straniero dell’altro, il suo nemico, il diverso che genera paura e incomprensione.

La storia ci ha insegnato anche questo. Forse è giunto il momento di rileggerla tutta, per cercare una risposta nuova a timori odierni e passati. Per questo oggi, nella Giornata della Memoria, vogliamo ricordare tutte le vittime della persecuzione nazista. Credere che la realtà dei campi di concentramento e sterminio abbia riguardato solo il genocidio ebraico è un enorme errore, perché consente (a chiunque riesca a provare quell’apatia e indifferenza di cui parlava Niemöller) di operare revisionismo storico e dire che quelle vicende non ci riguardano, non parlano a noi, non sono un pericolo. Ma lo sterminio nazista ha riguardato ebrei, dissidenti politici, rom e sinti, omosessuali, Testimoni di Geova, disabili e molti altri “loro”. Ricordiamoli tutti, per non poter pensare, neanche per un istante, che la persecuzione possa essere qualcosa “altro da noi”.

Nei Lager nazisti, ai prigionieri veniva fatto portare sui vestiti un triangolo di stoffa per poter individuare immediatamente la loro categoria di appartenenza. Il diverso colore dei triangoli serviva quindi a dichiarare la ragione della deportazione. Con alcune variabili a seconda del periodo e dei diversi campi, questi erano i colori principali dei triangoli: rosso, verde, nero, blu, viola, rosa, marrone. Più la stella gialla, la stella di David, per gli ebrei. Oltre ai triangoli colorati erano presenti altri mezzi di identificazione, come la sigla SU per i prigionieri sovietici che a milioni persero la vita nei campi nazisti. Oggi vogliamo ricordare tutti loro, o almeno la maggior parte, perché le informazioni su di loro sono più reperibili e confermate e perché la loro memoria è di vitale importanza.

Triangolo rosso – Prigionieri politici

Comunisti, socialisti, sindacalisti, oppositori del regime. Nei confronti dei prigionieri politici vennero emessi mandati d’arresto per motivi di sicurezza. All’interno del triangolo rosso si trovava poi la sigla della nazionalità, a eccezione di tedeschi e austriaci. I triangoli rossi riguardano da vicino il nostro Paese, perché furono quasi 24mila gli italiani deportati nei lager per motivi politici, e lì ebbe fine la vita della metà di loro. Fra essi moltissimi partigiani, antifascisti, militari disertori dopo il settembre 1943 e perfino ascoltatori di “Radio Londra” (i programmi radiofonici inglesi della BBC indirizzati alla popolazione europea durante la Seconda Guerra Mondiale). Furono i triangoli rossi, più di tutti, a organizzare comitati clandestini all’interno dei lager per tentare le grandi rivolte e gli atti di sabotaggio, organizzando resistenze armate e portando avanti azioni di difesa in favore degli altri deportati – e pagando questi gesti, quasi sempre, con la vita.

Triangolo verde – Criminali comuni

I triangoli verdi rappresentarono, paradossalmente e solo apparentemente, una categoria privilegiata all’interno dei campi. Erano i criminali comuni, spesso delinquenti rei di crimini minori ma invisi al regime nazista che esigeva ordine e disciplina totali. Fra di essi furono scelti i Kapo (acronimo di Kameraden Polizei, polizia fra i prigionieri), internati con funzioni di sorveglianza e responsabilità su una squadra di lavoro o un blocco nei dormitori. I triangoli verdi si distinsero spesso per crudeltà e sadismo; le SS dei campi che riservarono loro piccoli favoritismi e vantaggi sugli altri deportati, fomentando così la loro violenza nella vana illusione di poter essere risparmiati dalla macchina dello sterminio.

Triangolo nero – Asociali (un gruppo non ben distinto in cui comparivano prostitute, persone senza fissa dimora e spesso donne lesbiche)

Fra l’aprile e il giugno 1938 furono arrestati e deportati nei lager oltre 10mila individui classificati come “asociali”, un triangolo nero come simbolo distintivo. Erano considerati “asociali”: senzatetto e mendicanti; lesbiche e prostitute, donne con un comportamento sessuale anticonvenzionale ovvero devianti rispetto al paradigma della donna-moglie-madre ariana (molte di loro furono internate nel campo di concentramento femminile di Ravensbrueck); persone che presentavano anomalie comportamentali, malattie ereditarie, scarso carattere morale; uomini e donne colpevoli di aver instaurato relazioni miste, al di fuori della loro “razza”. Chiunque potesse rappresentare una minaccia ai valori ideologici del Reich. Un triangolo nero per tutti coloro che erano considerati indegni di prendere parte alla nuova società tedesca, in cui la devianza era impurezza e l’impurezza era bandita.

Triangolo blu – Immigrati, apolidi, rifugiati all’estero della guerra Repubblicana di Spagna

Nei triangoli blu rientrarono principalmente lavoratori forzati stranieri, in larga parte polacchi, a cui veniva negato il diritto alla nazionalità e gli immigrati di varia provenienza. Nonostante la posizione piuttosto neutrale della Spagna durante la Seconda Guerra Mondiale (prima in favore dell’Asse e successivamente degli Alleati ma sempre partecipe in maniera marginale), esiste poi una storia di deportazione di triangoli blu che riguarda dodicimila dei cinquecentomila spagnoli che nel 1939 cercarono rifugio in Francia per scampare al regime di Franco. Questi si unirono alla Legione Straniera francese per combattere il nazismo, ma vennero catturati dai tedeschi e, non riconosciuti come prigionieri di guerra, deportati nel campo di concentramento di Mauthausen. Poco più di duemila fra loro sopravvissero.

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Triangolo viola – Studiosi delle Sacre Scritture (Testimoni di Geova in particolare) e religiosi in genere

I Testimoni di Geova, all’epoca conosciuti come Bibelforscher (Studenti Biblici), furono una delle categorie pacifiste duramente oppresse dal regime nazifascista e spesso dimenticate dalla storia. All’ascesa del Nazismo c’erano in Germania oltre 19mila predicatori attivi all’interno dell’Associazione degli Studenti Biblici, di cui più di 10mila furono arrestati e oltre 4mila uccisi «per motivi religiosi». Nel 1933 l’Associazione degli Studenti Biblici fu dichiarata fuorilegge in Germania e i Testimoni perseguitati principalmente per la loro obiezione di coscienza fondata sull’estraneità alle questioni politiche della dottrina. Durante gli interrogatori delle SS e della Gestapo, ai Bibelforscher veniva offerta la possibilità di firmare un’abiura dichiarando fedeltà al regime nazista e rinunciando alla dottrina «erronea» dei Testimoni di Geova; occasione che veniva però raramente colta.

Triangolo rosa – Omosessuali

Nel 1935 il Ministero della Giustizia tedesco inasprì il Paragrafo 175 del Codice Penale, dove già si delineava la criminalizzazione dell’omosessualità maschile, rendendo così molto più facile la persecuzione e deportazione dei membri della comunità. Con una retata dietro l’altra in luoghi che erano noti per essere dei punti di aggregazione per i gay tedeschi, la polizia creò le cosiddette “liste rosa”, elenchi di dati e indirizzi di persone anche solo sospettate di essere omosessuali – tutte persone che finirono arrestate tra il 1937 e il 1939, gli anni di maggior intensità della persecuzione nazista. Non è facile stabilire quanti prigionieri portassero il triangolo rosa nei campi di concentramento, dal momento che spesso le loro “colpe” si sovrapponevano e quindi erano anche ebrei, o anche dissidenti politici, ma le stime dell’USHMM si aggirano tra i 5mila e i 15mila prigionieri.

Triangolo marrone – Popolazione Rom e Sinti

Porajmos (Grande Divoramento, in lingua romaní) è il termine utilizzato per indicare l’eccidio di oltre 500mila persone di etnia rom e sinta, nomadi europei dell’est volgarmente ed erroneamente detti “zingari”. Questo sterminio è stato talmente a lungo taciuto e ignorato che ancora oggi è difficile stimare un numero preciso di vittime rom e sinti nei campi di concentramento e sterminio nazisti. Sappiamo però che le popolazioni slave erano considerate dai nazisti come subumane e ne fu meditata e pianificata l’eliminazione totale. Nel 1942 il “piano di eliminazione sistematica” elaborato durante la conferenza di Wannsee vertette su ebrei e zingari, accomunati dal desiderio nazista di farli scomparire per intero dalla faccia della Terra.

Stella Gialla – Ebrei

Quando pensiamo ai nazisti, alla Seconda Guerra Mondiale, a Hitler, alle camere a gas, ad Auschwitz non possiamo fare a meno di collegare il tutto alla popolazione ebraica. Le stelle gialle dei campi. Questo accade perché sei milioni di ebrei morirono nei lager nazisti. Sei milioni di persone “colpevoli” solo e unicamente di appartenere a un gruppo etnoreligioso. Perseguitati e sterminati per la ragione di essere nati, di esistere. L’uccisione sistematica di sei milioni di ebrei fra il 1939 e il 1945 prende il nome di Shoah. Il fatto che qualcuno, a quasi 80 anni di distanza, voglia negare o sminuire questo genocidio è uno dei motivi per cui è nostro preciso dovere morale continuare a ricordare e portare avanti la memoria.

Aktion T4 – Disabili

Aktion T4 è il programma nazista di sterminio delle persone con disabilità fisiche e mentali: entrò in azione dopo le precedenti leggi sulla sterilizzazione (1933) e sulla salute della famiglia (1935) che negavano loro la fertilità e il matrimonio. Dal 1938 il regime, forte della propaganda a favore dell’eugenetica e dell’igiene razziale, iniziò a prelevare i bambini minori di 3 anni con sospetto di malattie ereditarie e a internarli in strutture “speciali” per delle cure migliori. Qui invece, con iniezioni letali, ne furono uccisi oltre 5mila. Nel 1939 si passò agli adulti. Fino al 1941, anno in cui l’opinione pubblica costrinse Hitler a sospendere ufficialmente il piano, furono uccise nelle camere a gas oltre 70mila persone con disabilità. L’Aktion T4 fu un progetto di sterminio trasversale: attraversò tutta la nazione tedesca e i territori occupati. L’unica persecuzione che destò una reazione pubblica e che fu interrotta, almeno ufficialmente, prima dell’epilogo bellico. Le operazioni continuarono però in segretezza fino al 1945 con la morte dell’ultima vittima di questo folle programma, a 21 giorni dalla fine del conflitto mondiale.

Ad Auschwitz, Bergen-Belsen, Buchenwald, Dachau, Mauthausen, Ravensbrück, Treblinka e in molti altri luoghi dell’orrore nazista questi triangoli sono stati utilizzati per indicare un nemico, per dichiarare che ci sono persone che non meritano di vivere. Il 27 gennaio 1945 le forze dell’Armata Rossa hanno abbattuto i cancelli di Auschwitz, il lager simbolo dell’ideologia nazista e dello sterminio di milioni di persone. Persone che non erano “altro da noi”.