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Perché portare i bambini a vedere Zootropolis

Perché portare i bambini a vedere Zootropolis

Articolo di Margherita Brambilla

E soprattutto, perché andarci anche noi.
Ultimamente negli studi Disney sono arrivati quei ventenni e trentenni che sono cresciuti, appunto, con i film Disney e che continuano ad amarli non solo come creatori ma ancora come fan. Il risultato è che un film Disney non è più solo una favola: è un’esperienza intera, sempre adatta ai bambini, certo, ma che parla a tutti e soprattutto che parla del mondo in cui viviamo. E Zootropolis, tra gli ultimi prodotti Disney, parla di cose che ci stanno molto a cuore.

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La trama è semplice; nel mondo animale non vigono più le regole di “predatore contro preda” e chiunque “può essere ciò che vuole”. Vediamo il coniglio Judy Hopps inseguire e raggiungere il sogno di diventare poliziotto, il primo animale “preda” poliziotto nella storia del mondo animale “civilizzato”. Tra i genitori che sono poco convinti della sua scelta e vorrebbero che si dedicasse a un lavoro più “da conigli” come la coltivazione delle carote, e articoli di giornale che parlano di Judy come di una pioniera ed eroina, la coniglietta finisce a fare l’ausiliare del traffico; insomma, una volta finite le celebrazioni della rarità, per tutti rimane sempre solo una preda e viene trattata come tale.
Evito di rovinarvi tutta la trama, ma avrete capito dove voglio andare a parare.

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(Comunque anche il resto della trama merita, nel caso non fosse chiaro)

Il film parla di pregiudizi e stereotipi e di quando questi diventano ostacoli tra noi e i nostri sogni, o anche tra noi e la nostra vita di tutti giorni; la cosa sicuramente più bella è che si parla di tutti i pregiudizi senza parlarne davvero nello specifico; e questo, che sembrerebbe un punto a sfavore, è la vera forza di questo film.

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Non si parla della dicotomia uomo-donna, né di quella bianco-nero, abile-disabile, gay-etero. È un film che abbraccia tutte queste cose perché ci mostra quello che succede quando pregiudizi e stereotipi sono condivisi dalla maggior parte delle persone in maniera sistemica; arriva a mostrarci anche che i pregiudizi e gli stereotipi non colpiscono solo le “prede”, ma anche i “predatori”; e che tutti siamo capaci di essere buoni come di essere cattivi.

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Per esempio: è facile fare un film per bambini contro il bullismo, dividere i personaggi in buoni e cattivi, far vincere i buoni e far vedere il pentimento dei cattivi; è una cosa ancora utile, certo, ma troppo semplice, perché il messaggio che passa è che un certo tipo di persone sono automaticamente cattive e devono essere punite e pentirsi e certe altre invece sono automaticamente buone, e che non ci siano sfumature in questo sistema.
Mentre invece, ed è bene ricordarlo, le sfumature ci sono. La Judy Hopps di Zootropolis non è una vittima né un’eroina e basta, nonostante abbia generalmente buone intenzioni. E così siamo anche noi: a prescindere da chi siamo e da ciò che di buono vogliamo fare, possiamo sbagliare, possiamo essere “i cattivi della storia” e aver bisogno di cambiare.

E ora sono sicura che per non rovinarvi la trama vi ho confuso le idee.

Ma andate a vederlo lo stesso, per tutte le ragioni che vi ho detto. In particolare andate a vederlo perché ci costringe a vedere che, anche in un posto il cui motto e immagine è “puoi essere quello che vuoi”, basta una persona convinta che tu debba essere qualcos’altro a fermarti. Ci costringe ad ammettere a noi stessi che, anche se sembra che certe battaglie siano state vinte, in realtà c’è ancora molto lavoro da fare – e non è una cosa che noi diciamo sempre?

(Poi, certo: andate a vederlo anche perché è divertente. C’è un gerbillo che fa il mafioso, non perdetevelo).

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