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“Streghe” di Brenda Lozano è un viaggio nelle origini, nei generi e nello spazio in cui i corpi si muovono

“Streghe” di Brenda Lozano è un viaggio nelle origini, nei generi e nello spazio in cui i corpi si muovono

Articolo di Elena Gazzari

Una leggenda messicana racconta che Vincente Ferrer, il santo patrono della città di Juchitán dello stato messicano di Oaxaca, portava con sé tre sacchetti. Nel primo c’erano dei semi maschili, nel secondo dei semi femminili e nel terzo i semi erano mescolati. Il destino volle che mentre il santo passava dalla piccola città sull’Istmo di Tehuantepec, il terzo sacchetto si ruppe, spargendo moltissimi dei semi su quella terra. Così nacquero i muxe.

I muxe (da leggere “musce”) sono i membri della comunità zapoteca di Oaxaca, e sono uomini nati biologicamente maschi, ma che seguono delle abitudini generalmente ritenute femminili, come truccarsi e vestirsi da donna. Benché semplicisticamente associato all’essere transgender, il fenomeno muxe rappresenta un tratto identitario specifico della cultura zapoteca, che affonda le sue radici nel passato precoloniale. A Juchitán, infatti, si parla di un terzo genere, che è una nozione che trova poco spazio all’interno del quadro ideologico occidentale, che storicamente riconosce solo due generi in base al sesso assegnato alla nascita, quello maschile e quello femminile. Le nozioni di terzo genere e di muxe, invece, sfuggono alla tassonomia tradizionale dell’identità di genere e rivendicano un’identità del tutto fluida. Basti pensare che in questa parte del mondo ogni persona esprime il proprio essere muxe in modo molto soggettivo: i muxe scelgono di apparire in società come vestidas, ovvero indossando abiti femminili, o pintadas, vestendo cioè con abiti maschili e facendo uso di trucco. Soprattutto la loro vita sessuale non è determinata da alcuna categoria di appartenenza, poiché hanno partner sia maschili sia femminili.

La comunità muxe sembra essere un mosaico della cultura queer in cui chi è nato maschio e muxe (il fenomeno riguarda esclusivamente il sesso maschile) esprime la propria identità etnica nel modo che preferisce. Il terzo genere sfida dunque ogni convenzione per vivere libero e senza etichette.

Le ipotesi storiche riguardo la nascita del fenomeno prendono in considerazione la presenza di sistemi di genere più flessibili tra le società preispaniche, i quali sono stati poi soppiantati dalla cultura colonialista europea. Tradizionalmente essere muxe era ed è tuttora un genere culturale, che ha a che fare con il ruolo sociale dell’individuo e non con la sua identità sessuale specifica. Prima che gli europei sbarcassero sulle coste messicane, la mancanza di un rigido binarismo di genere tra i popoli indigeni trovava supporto anche nella lingua zapoteca che, a differenza dello spagnolo e dell’italiano, è completamente neutra dal punto di vista del genere. Ancora oggi nella periferia del sud di Oaxaca l’essere muxe è un genere sociale ed etnico e porta con sé un forte carattere di sacralità. Per molte famiglie avere un muxe in famiglia equivale a una sorta di benedizione. I muxe, ogni anno, sono protagonistǝ de Las Velas, delle celebrazioni sacre e di origine ancestrale che coinvolgono tutta la città.

Da questo contesto, definito in modo forse troppo ottimista “paradiso queer”, arriva la voce di Brenda Lozano, una delle scrittrici più promettenti del Messico contemporaneo. Lozano è l’autrice di “Streghe” in cui ci racconta la storia dell’omicidio di Paloma, che è nata uomo e che sceglie di vivere liberǝ e muxe. Nel libro conosciamo poi la vita di Zoé, una giornalista di Città del Messico che indaga sul caso e che conosce Feliciana, cugina della vittima e curandera* del villaggio di San Felipe. Le storie dei personaggi femminili del libro ci mostrano il volto più brutale e impunito della violenza di genere e ci ricordano che siamo tuttǝ natǝ un po’ streghe.

Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare l’autrice Brenda Lozano, con cui abbiamo parlato di potere, linguaggio, violenza di genere e comunità muxe.

Qual è la definizione di identità muxe che può offrire una scrittrice messicana a un pubblico occidentale? E che cos’e il terzo genere?

Personalmente adoro questa definizione: “muxe è un termine zapoteco che unisce in sé gli itinerari precoloniali della diversità sessuale e della differenza tra il sesso e il genere”. Riguardo alla seconda parte della domanda – che cos’è il terzo genere – mi ricordo di una serata molto divertente in un bar, in cui ho assistito a uno show incredibile di donne transgender. Nel locale c’era un terzo bagno appositamente per loro con un cartello con la scritta “VOGUE”; questa mi è sembrata una grande risposta all’assurda divisione biologista con la quale si deve convivere addirittura nei bagni pubblici.

La presenza di una forte comunità muxe nello stato di Oaxaca, in Messico, è segno di maggiore tolleranza verso le donne e la comunità LGBTQ+?

Penso che non ci sia protezione quando si tratta di violenza contro le donne, perché è un genere di violenza perpetrato contro tutto ciò che è femminile ed è proprio la femminilità a non essere tollerata. Se a dare fastidio è la femminilità, in questo senso allora le donne, la comunità LGBTQ+ e qualsiasi persona, siamo tuttǝ vulnerabili, a qualsiasi età. Questo odio si scatena nelle continue violenze sessuali, negli stupri e nei femminicidi che coinvolgono anche delle vittime di appena pochi mesi di vita, così come donne giovani e mature. Queste violenze riguardano qualsiasi corpo femminile e non c’è mai una vera tutela. Penso poi che in ogni caso ci siano delle azioni e delle lotte contro questo sistema nemico del genere femminile e della femminilità.

Com’è arrivata l’ispirazione per scrivere “Streghe”?

Avevo scritto un racconto, che non ha funzionato, che trattava dell’esodo di un popolo a causa dell’eruzione di un vulcano. Era la storia di questa notte di fuga, che riguarda la nascita di un vulcano in Messico che mi affascina molto. Durante questo esodo, tra la gente, c’era una donna curandera e partera che era il personaggio che mi interessava maggiormente. Credo che “Streghe” sia nato proprio dalla frustrazione di non aver potuto dare alla luce il racconto che volevo scrivere, quindi potremmo dire che si tratta di una deviazione di percorso. Questo racconto era in terza persona e mi interessava esplorare questo personaggio, ma raccontarlo in prima persona. Dunque tempo fa ho iniziato a mettere giù degli appunti e tutto ha iniziato a fluire in modo naturale. Così ho messo da parte il racconto sul vulcano e ho scritto la prima bozza di “Streghe”.

La narrazione si muove tra i contrasti e le incredibili somiglianze che intercorrono tra le due protagoniste della storia, Zoé e Feliciana. Qual è il legame tra le due? Perché è stato necessario per loro incontrarsi?

Ero interessata a scrivere una storia su alcune delle violenze in quei territori che sono i corpi delle donne, e ho voluto farlo in due territori diversi, così come lo sono la realtà rurale e la città. Pormi delle domande da una prospettiva femminista in un Paese in cui in media assassinano dieci donne al giorno per il solo fatto di essere donne, e poter trovare una risposta attraverso la letteratura, era parte della ricerca per questa storia. Così hanno iniziato a delinearsi le storie della vita di Feliciana e Zoé e, parallelamente, quelle di Leandra, la sorella di Zoé, e Paloma, il braccio destro di Feliciana.

Cosa rappresenta l’assassinio di Paloma per la comunità di San Felipe e per ǝ lettorǝ di tutto il mondo?

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Forse posso condividere quello che significa per me. In questo Stato femminicida che è il Messico nel quale viviamo noi donne, ci tenevo al fatto che la narrazione venisse attraversata dal femminicidio di Paloma, una muxe che ha abbandonato la sua vita da Gaspar, l’ultimo erede di una famiglia di celebri uomini curanderos. Paloma è stata violentata in molti modi fin da bambina e, tra gli insulti che riceveva, suo nonno le diceva che camminava come se perdesse le piume. Paloma finirà con il trasformare questa cosa in un motivo di orgoglio, attribuendo all’insulto un altro significato per riuscire a volare verso il proprio cammino.

La mamma della protagonista Zoé sostiene che “tutte le donne nascono un po’ streghe per difendersi”. Chi sono secondo te le streghe di oggi?

C’è un qualcosa nella figura delle streghe, che, a mio parere, porta con sé una certa relazione con il femminismo; pensiamo alle caricature e alle icone più pop delle streghe. Solitamente le streghe sono le donne che non hanno bisogno di un uomo per realizzarsi, non hanno un’età nella quale possono venire “sessualizzate”, non fanno parte del mondo capitalista e non seguono le regole della medicina tradizionale allopatica. Ho voluto apporre questo titolo semplice, Streghe, una parola che in un certo senso è un insulto che riceviamo noi donne, per esempio quando ci riuniamo tutte insieme. Mi piaceva prendere in considerazione il suo significato opposto e che dal titolo nascesse la storia di una curandera e di una giornalista, i cui destini si incontrano a partire dal femminicidio di Paloma.

Nel tuo libro, la protagonista Feliciana enfatizza l’importanza del linguaggio, inteso non solo come espressione della spiritualità, ma soprattutto come strumento per raccontare se stessǝ e l’altrǝ, per decretare l’esistenza dell’essere umano e del mondo. Potresti dirci di più su questo punto?

Il mio tema preferito! Una delle domande a cui mi interessava rispondere dal punto di vista letterario era il problema del potere. Che cos’è il potere durante un momento storico di capitalismo sfrenato? Quali sono le altre forme di potere? Queste erano alcune delle domande che mi ronzavano in testa. Sapevo di voler scrivere la storia di una donna forte, ma da un’altra prospettiva. Non ero interessata al sogno capitalista, al Citizen Kane al femminile, no. Il potere di Feliciana è la parola. Lei è una curandera e attraverso il linguaggio riesce a diffondere le sue conoscenze sugli altri. Credo che le parole abbiano anche il potere di cambiare la narrazione, qualunque essa sia. Quelle narrazioni che incitano all’odio, per esempio, alla violenza, all’esclusione, al razzismo, alla misoginia. Mi interessava che il suo “super potere” fosse precisamente questo, il linguaggio. Era un contesto nel quale avevo voglia di stare, un posto in cui il linguaggio non conosce limiti.

Potresti raccontarci delle differenze tra la realtà urbana e moderna di Città del Messico e quella rurale e indigena di San Felipe, Oaxaca?

Mi interessava il contrasto tra questi due spazi, quali fossero le loro differenze e le loro similitudini, come potessero comunicare due territori che custodiscono modi diversi di essere e ho voluto rispondere a molte di quelle domande riguardo allo spazio in cui muoviamo noi e i nostri corpi.

* La curandera è colei che esercita pratiche curative e rituali, spesso le vengono attribuiti poteri magici. La partera è colei che assiste le donne durante il parto.
Per saperne di più:
Brenda Lozano, Streghe, Viterbo, Alter Ego Edizioni, Collana Specchi, 2021.
Marinella Miano Borruso, Entre lo local y lo global. Los muxe en el siglo XXI, XIV Encuentro de
Latinoamericanistas Españoles: congreso internacional, Sep 2010, Santiago de Compostela, España, pp.2447-2464.
Luca Gaetano Pira, Muxes: il terzo genere zapoteca
Ola Synowiec, Quiénes son los muxes, el tercer género que existe en el sur de México: “Hay hombres y mujeres, y hay algo en medio
Leora Yashari, Life outside the binary: meet México’s Muxe community celebrating genderqueerness
Beyond gender: Indigenous perspectives, Muxe. A Limited series on some of the world’s third gender Indigenous people
Artwork di Chiara Reggiani con immagini di Alter Ego Edizioni