Oggi è un giornata importante: si celebra l’orgoglio non-binary.
Cosa significhi identità di genere non binaria avevo provato a spiegarlo qui. Questo era successo ormai anni fa, prima che mi rendessi conto di quanto importante sia passare il microfono anziché tenerlo per sé (a onor di cronaca, devo anche aggiungere che poco dopo avevo intervistato una persona dal genere non conforme), soprattutto in questo esatto periodo storico, dove detenere un privilegio significa utilizzarlo anche per fare da cassa di risonanza, anziché parlare per conto di.
Così, per questa giornata di orgoglio non-binary, ho deciso di lasciare il microfono a una persona che in realtà conosco da poco, ma che so che ha molto da dire (e io sto volentieri ad ascoltare): Morton. In questa intervista troverete uno spaccato di vita necessario, dettagliato, politico, che invita a riflettere e mostra un lato della società che, per chi nel binario ci sta bene, risulterà decisamente illuminante.
Piccola presentazione: chi sei, cosa fai, pronomi?
Morton, qualunque pronome valido ma cerco di utilizzare forme impersonali quanto più possibile. Pianifico crimini artistici su @micolpiovosi. (Per saperne di più sui pronomi neutri, potete leggere questo articolo qui, NdR)
Cosa significa per te identità di genere non binaria?
Io sono uno spettro. Un po’ nel senso gotico e romantico del termine, un po’ perché sono sfumatura. Da giovane questo non riuscire a trovare pace e collocazione veniva da me identificato come semplice ricerca, un divenire destinato a trovare un giorno stabilità, una sperimentazione puramente artistica che si attualizzava nel ricreare personalità fittizie in cui identificarmi, con tanto di nomi e background. Adesso invece ho trovato un senso ai giorni di frustrazione, di costante lotta ostinata verso il mio io, nella semplice affermazione che due binari sono una trappola per me che non ho ruote, ma gambe per vagare, cambiare strada, sostare agli incroci.
Se avessi continuato a camminare su quella strada di ciottoli, costretta dal ferro, sarei sicuramente ancora e ancora stata presa in pieno da ogni treno di passaggio. Questo è per me identità di genere non binaria: un modo semplice per dire che io non ci sto, ad arrivare alla mia stazione secondo la velocità e gli orari di una tabella fittizia, con passeggeri imposti.
In una società che fa del binarismo uno dei suoi punti cardine, come/grazie a cosa/chi hai scoperto esistesse anche l’identità di genere non binaria?
Per me questo concetto è relativamente nuovo. Fino a pochi anni fa non avevo ancora esplorato le tematiche di genere, se non in maniera superficiale. Ma avevo già fatto mio, seppur inconsapevolmente, il mondo non binario: soprattutto nei giochi dei bambini, in cui scegliere fra Sailor Moon e Milord era per me riduttivo – e sognavo di poter interpretare Sailor Urano senza destare lamentele dagli amici. Oltre ad altri svariati confusi incontri, ho trovato per caso su Instagram l’account di Rain Dove, attivista e icona non binaria. Devo dire che è stato proprio questo social a rivelarmi l’esistenza di queste possibilità.
Dall’account Instagram di Rain Dove
Eteronormatività e binarismo di genere: cosa del non binarismo di genere, secondo te, spaventa di più i detrattori dello stesso?
Il diffondersi della consapevolezza sulle tematiche di genere fornisce a tutti degli strumenti potenti per capirsi nel profondo, andare oltre agli assunti basici della propria identità, vivere con maggiore libertà e amore verso se stessi e gli altri. Ma questo vuol dire anche fare cose che scombussolano le abitudini, lasciano perplessi, obbligano – in un certo senso – gli altri a riflettere. E questo, il porsi delle domande, è quello che infastidisce maggiormente, non tanto la natura delle risposte.
Qual è il pregiudizio/preconcetto che senti più spesso rivolgere alle persone non binarie?
Il primo: non esiste l’identità non binaria. O sei donna o sei uomo, cosa pensi di essere, Balto, né cane né lupo? Il secondo: le persone non binarie non provano dismorfia. Anche qui, bisogna ricordarsi che stiamo parlando di un termine ombrello e sì, al suo interno vi sono persone che ne soffrono. E il terzo: è solo una moda. Certo. Avevo finito il budget per lo shopping e ho deciso di fare acquisti nella vetrina dei generi. Tutto a metà prezzo, quest’anno.
Illustrazione di Alison Czinkota
Che messaggio vorresti lasciare a chi, con molti preconcetti, sta cercando proprio ora di capire e non discriminare le persone che si identificano come non binarie?
Come prima cosa, grazie. Che sembra una parola banale – grazie, quanti ne diciamo ogni giorno? – ma vi assicuro che è quanto di più importante ci sia per far capire l’importanza di un gesto semplice come voler comprendere. E poi: non serve per forza capire. Ci sono cose che, per nostra struttura personale, non potremo mai fare nostre. E va bene così. Io non potrò mai capire cosa provano alcune delle persone con cui mi confronto ogni giorno. Ma posso accettare di non comprendere, e amare e accogliere e proteggere e lottare per tutti, nonostante l’incomprensione.
Non binarismo e rappresentazione: quanto è importante sentire, leggere, ascoltare e condividere voci non-binary? Secondo te stiamo dando abbastanza spazio a queste voci, nella nostra società?
Lo spazio per le nostre voci si sta ampliando, ma non è abbastanza. Non lo è mai stato. Finché a delineare gli spazi saranno persone privilegiate, sarà difficile avere la possibilità di far sentire il nostro pensiero. Basta vedere la differenza fra il passato e oggi. Cos’è cambiato, cosa sta consentendo a voci diverse, nuove, di parlare più forte? Stanno cambiando le persone con il potere di fornire il megafono, lo spazio.
Sempre parlando di rappresentazione – c’è stato un momento (o più) in cui hai letto un libro, visto un film… in cui ti sei sentit* rappresentat*? E se hai consigli di lettura/film, altro, dicci pure!
Qualche domanda più in su ho anticipato un po’ questa risposta. Gli anime – mia passione in giovane età, grazie, MTV e 7 Gold – mi avevano già fornito qualcuno in cui rivedermi: Ranma, per esempio, ma anche molti personaggi all’interno di Sailor Moon. Poi c’è stato uno dei famosi “libri-cambia-vita”, intorno ai vent’anni o qualche anno più in là: “Il Pozzo della Solitudine” di Radclyffe Hall. Per quanto le interpretazioni sul personaggio principale siano varie, mi ha sicuramente aperto gli occhi sulla mia identità. Di recente invece ho trovato però il mio personaggio identificativo e definitivo: Crowley di “Good Omens“.
Non-binary e aspettative: ci sono delle aspettative che senti su di te, in quanto persona non binaria, sia dalla comunità LGBT+ che non?
Assolutamente. Sembra spesso che per essere non binari serva garantire una determinata espressione di genere: quanto più androgina possibile. Non è contemplabile l’esprimersi in maniera “canonica”, identificabile come maschile o femminile, bisogna garantire l’ambiguità… cosa spesso difficile, frustrante, in grado di generare sofferenza profonda. Ma noi non dobbiamo a nessuno una prova di ciò che siamo, soprattutto seguendo delle regole.
Che messaggio vorresti lasciare alle persone che stanno capendo proprio ora di essere non-binary o che sono questioning?
Cambiate idea. In passato mi sembrava sbagliato cambiare, variare nelle identificazioni. Ma evolvere, studiarsi, riconoscersi: solo con queste modalità è possibile capire chi siamo, fare la nostra conoscenza. Siamo cellule che si muovono, garbugli casuali che provengono da altro e da altri. Non siamo e non saremo mai statici, ma sempre vibranti e in cerca. Ricordate di essere liberi.
Ricordate di essere liberi. Ed è con questa splendida chiosa che auguriamo un felice non-binary day a tutt*!
Grazie, Morton.
esistono uomini e donne cis, e uomini e donne trans a prescindere dal look sono uomini e donne vanno rispettati. dire questo
dire questo non è binarismo