Novarese, classe 1990, Giacomo Baroni, è Tigri, musicista che ha iniziato la sua formazione all’età di 10 anni suonando la chitarra elettrica e pubblicando a 17 il suo primo EP con la band heavy metal Saintsinner. Raggiunta la maggiore età ha iniziato a viaggiare, vivendo a Roma, in Scozia e poi a Milano, dove ora risiede e lavora. Il suo primo album, “Serenata Indiana”, distribuito da The Orchard, lo ha scritto tra il 2019 e il 2020 e raccoglie i ricordi di una decade.
In occasione dell’uscita del video di Estate, gli abbiamo fatto qualche domanda sul suo percorso, sulla sua musica e sui piani futuri.
Prima domanda: chi ti ha supportato nell’avvicinarti alla musica? Imparare a suonare a 10 anni una chitarra elettrica non è così banale!
Direi che è stata una cosa molto naturale, mio padre suona la batteria, mia madre strimpellava la classica e cantava, mia sorella il flauto traverso… Diciamo che la musica era una cosa che ho cominciato a respirare sin da subito, tant’è che uno dei ricordi principali della mia infanzia è mio padre che mette “A Kind Of Blue” di Miles Davis ogni domenica mattina. Rispetto alla chitarra elettrica, cominciai perché influenzato dal fidanzato di mia sorella che già la suonava. Insomma la scelta della chitarra per alcuni versi è stata casuale, magari sarei finito a suonare altro!
Cosa faresti ascoltare a unə bimbə di 10 anni per iniziarlə al tuo mondo?
Andrei sul classico dei classici: i Beatles, almeno i pezzi più famosi. Secondo me sono un ottimo approccio alla musica. Alla fine sono quelli che hanno “perfezionato” la forma canzone, o quanto meno sono stati fondamentali nel codificarla. E poi hanno le melodie, easy-listening ma anche ricercate. Seppure nella mia musica non ci sia pressoché nulla di associabile a loro, restano uno dei gruppi che più mi piacciono e che continuano ad avere qualcosa da dirmi.
Quali sono le canzoni, gli scritti, i film, le autrici e gli autori che influenzano la tua produzione musicale? Ho letto che “Estate” prende spunto da una poesia di Ungaretti…
“Estate” è effettivamente ispirata a “Di Luglio” di Ungaretti, una delle poesie più aspre che io abbia mai letto e studiato. Però in realtà Ungaretti non lo conosco così bene, così come in realtà non posso dire di avere dei numi tutelari a cui aspiro di assomigliare. Certo, ho delle predilezioni, ma alla fine mi lascio facilmente attrarre da tutto ciò che trovo, forse perché alla fine penso che se qualcuno trova il coraggio di esporsi con una sua “creazione” artistica, qualcosa da dire ce l’avrà. Se proprio dovessi farti dei nomi che sicuramente si annoverano tra i miei preferiti, ti direi che mi piace Godard nel cinema, i Baustelle nella musica, Buzzati nella letteratura, Montale nella poesia e De Chirico nella pittura.
Parliamo proprio di “Estate”, un brano in cui al centro c’è la riscoperta di se stessə, imparare ad affrontare anche i lati più oscuri e dolorosi: possiamo dire che tratti un po’ come tirare fuori ”la tigre che c’è in noi”?
In un certo senso sì, si tratta di un atto di coraggio. Io credo che le relazioni, ma anche le conoscenze estemporanee, diventino belle e interessanti quando si è in grado di “vuotare il sacco” sin da subito con l’altro. Non succede spesso, bisogna trovare una persona che abbia lo stesso tipo di sensibilità e attivi in noi la confidenza necessaria, ma quando succede è liberatorio potersi presentare per come si è, senza dovere a tutti i costi cercare di sedurre chi si ha davanti proponendo un’immagine non veritiera. L’estate può essere l’occasione per questo atto di coraggio, perché si è naturalmente portati a conoscere più persone. Può essere paradossale, ma la voglia di leggerezza può portarci a delle riflessioni su di noi.
Ci racconti qualcosa del video? Qualche aneddoto legato alla sua realizzazione?
È il mio primo video da protagonista e posso dirti che girarlo è stato una super esperienza. Sostanzialmente siamo andati in giro per Nervi, in provincia di Genova, in una giornata di fine Maggio, alla ricerca degli scorci più pittoreschi perché volevamo dare al video un’impronta fortemente estetica. Abbiamo anche usato una quantità di outfit non indifferenti, per me è stato un cambio abito continuo. Più che un aneddoto, vorrei dare un consiglio: se mai utilizzerete un colorante alimentare per tingere la lingua, state molto molto MOLTO attenti a quanto ne usate, prima di assomigliare ad un alien pazzo.
Novara, Roma, Torino, Milano: sei stato tanto lontano da casa. Quali caratteristiche sviluppare, per cosa tenersi prontə ed essere ben dispostə se si vuole viaggiare, cambiare casa, intraprendere una vita fuori dal posto dove si è natə?
Dipende molto dalle fasi della propria vita. Ad esempio la prima volta che mi sono trasferito è stato per mettere dei chilometri tra me e il posto in cui ero nato, per sentire la distanza e realizzare che si è troppo lontani da casa per chiedere aiuto a qualcunə, bisogna cavarsela da solə. Per me non è stata solo una sfida ma anche qualcosa di cui sentivo il bisogno. Quindi mi verrebbe da dirti che la caratteristica principale da sviluppare è saper dire sì alle proprie necessità, accettarle e perseguirle. Se in un posto ti trovi male, vai via. Se devi andare in una città nuova per fare il lavoro che ti piace, vacci. Se vuoi stare con la persona che ami, resta. Alla fine il luogo in cui ti trovi è solo uno dei mezzi che ti occorrono per ottenere quello che ti serve.
Cosa c’è e cosa sogni per il tuo futuro, lavorativamente e per te stesso?
La mia ambizione principale, che è al tempo stesso anche una speranza e un velato timore, è riuscire a mantenermi ispirato. Non dico solo ispirato per scrivere nuova musica, ma ispirato anche per fruire dell’arte altrui. Sentirsi il groppo in gola quando si sente una specifica frase del testo di una canzone, avere la pelle d’oca quando si guarda una scena di un film, sentirsi incorporei quando ci si immerge in un ricordo felice o triste. Quando si è piccoli queste cose sono scontate, invece quando si cresce diventano sempre più preziose. Anche al lavoro si può adattare una filosofia simile, che è quella dell’apprendere più cose possibili. Io sono un po’ contrario a questa ossessione delle specializzazioni nel mondo del lavoro, credo di più nelle competenze trasversali, perché sono quelle che ti consentono di reinventarti. Mi piace pensare che un giorno potrei fare qualcosa di diverso da quello che faccio ora.